Carlo Verdone parla di Vita da Carlo 2, dalla scena con Christian De Sica al “segreto” delle difficoltà

Carlo Verdone racconta (e si racconta) in occasione dell'uscita della seconda stagione della sua serie Vita Da Carlo

È arrivata su Paramount+ Vita Da Carlo 2, la serie TV scritta e ideata da Carlo Verdone che racconta la sua quotidianità. Una serie matura e riuscitissima, forse ancora più della prima, nel momento in cui si fa summa del Verdone-pensiero di oggi e si presenta in qualche modo come un punto e a capo per il suo universo autoriale.
Perché è ormai incontrovertibile che Carlo Verdone sia nel momento attuale, ormai da più di quarant’anni, un personaggio centrale nel cinema e nell’audiovisivo, capace di raccontare il nostro presente con sguardo lucido, disincantato e magari cinico: e sappia intrufolarsi nelle pieghe della nostra quotidianità per svelarne le idiosincrasie, sempre con un piede nel presente.
In Vita Da Carlo 2, con l’assist del personaggio di Sangiovanni che, nella storia, viene criticato perché passa da fare il musicista a fare l’attore, Carlo rielabora quel “fattore umano” che l’ha sempre contraddistinto e che oggi, ancora di più in una società sommersa dal web e dalle nuove tecnologie, ha bisogno di punti di riferimento sicuri.
Punti di riferimento che lui ha sempre indagato e ricercato nei suoi film, in una filmografia sterminata che ha sempre messo al centro il rapporto tra generazioni, tra vecchio e nuovo, sfiorando vertici assoluti di emotività e realismo.

Abbiamo parlato direttamente con Carlo Verdone

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Con Vita da Carlo 2 sembra che proprio nella struttura degli episodi ci sia stata una maggiore libertà da parte tua nella scrittura e nella costruzione: non c’è la classica struttura televisiva-seriale di prologo/svolgimento/epilogo, ma quasi un flusso di coscienza anarchico.
“Abbiamo dato una maggiore libertà anche ad alcuni personaggi di contorno, e ne abbiamo inseriti altri, come ad esempio il maggiordomo, che funziona molto bene nella serie, o l’ingresso di Stefania Rocca nella mia vita. E siamo andati più a fondo nella vita di quelli già presenti, ad esempio Annamaria che ha un amore con un vecchio ammiraglio che abita attaccato al terrazzo mio… abbiamo dato più respiro alle loro vite.
E quindi c’è stata come una sorta di maggiore libertà: ma questo secondo me è dovuto anche ad una sorta di sicurezza che avevamo acquisito dopo la prima stagione. Per noi la prima serie era un grande punto interrogativo e quando abbiamo capito che era piaciuta, e abbiamo avuto riscontri positivi, ci siamo presi di coraggio abbiamo iniziato con più slancio e azzardando qualcosa in più.
Per esempio tutta la fine, con Fabris (e altro che non diciamo per non spoilerare gli ultimi episodi, ndr), eccetera, la serie prende un tono diverso e sembra uscire dalla struttura da telefilm e diventa un film…”

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Un film lungo cinque ore. Tutto molto fluido, infatti…
“Eravamo più sicuri nella scrittura e ci sentivamo molto più liberi nell’aver trovato come punto centrale questo “film autoriale” da mettere in piedi: poteva essere il fulcro mentre tutto poteva giragli intorno.
Mentre invece nell’altra serie c’era il tema di Carlo prestato alla politica, che in qualche modo soffocava tutto il resto e stringeva le eventuali trame collaterali, prendeva molto spazio. In Vita Da Carlo 2 si gioca anche sul carattere degli attori, sui ruoli del film e chi dovrà fare Maria Effe e chi Carlo da giovane, un po’ più su Sangiovanni esplorando le sue timidezze, le sue insicurezze, su Ludovica Martino…. Li approfondiamo un po’
“.

A proposito di attori, tu sei famoso per riuscire sempre a trovare il volto giusto. Dagli anni Ottanta, con la Muti, la Hovey, la Buy, fino a Mario Brega, Angelo Infanti, Angelo Bernabucci, tra gli ultimi proprio Sangiovanni e Lorenzo Richelmy… Ecco, hai un segreto? Vai ad intuito, studi i provini, come fai?
“Mah, guarda… per Sangiovanni non ho fatto un provino, sono stato incosciente e mi sono fidato del fatto che lui ci avrebbe provato con molta serietà, umiltà e sincerità. D’altro canto mi sembrava un ragazzo più maturo dell’età che aveva e anche uno con le idee chiare, che non si intimidisce facilmente, con un carattere tutto suo – insomma, che ce la poteva fare.
Sono andato a sensazione, e ce l’ha fatta. Agli altri invece, a meno che non sono attori che conosco, che ho visto in teatro, che ho apprezzato in un film, chiedo un video, un self-tape di una scena per vedere come la fa. Fino ad adesso, per la terza stagione di Vita Da Carlo ne ho visti già una cinquantina, in base a quelli li convoco e se il ruolo è importante faccio un proprio vero e proprio con me: se nel self-tape l’attrice o l’attore mi convincono, in uno studio dove facciamo una scena e vediamo come se la cavano”.

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In Vita Da Carlo 2, ancor più forse che nella prima stagione, riprendi le voci dei famosi personaggi che ormai sono Storia e che ti hanno reso celebre agli inizi. Scorrendo la tua copiosa filmografia però, pare di vedere che ogni qualvolta a furor di popolo li hai riproposti si è verificata come una cesura, un passaggio di stile.
Per esempio: Viaggi di Nozze, nel 1995, stacca il prima e il dopo tra una tua prima fase (Compagni di Scuola, Maledetto Il Giorno…, Al Lupo Al Lupo e così via) e quella successiva (Iris Blonde, C’Era Un Cinese in Coma, L’amore È Eterno…), con la quale hai aperto lo sguardo e il respiro narrativo fuori dagli schemi della commedia tipicamente italiana che già avevi innovato e inventato.
Nel 2008 poi c’è Grande Grosso e… Verdone, e dopo questo un altro stile ancora, con Posti in Piedi in Paradiso, Sotto Una Buona Stella, Benedetta Follia, film nei quali metti sotto i riflettori la famiglia e il rapporto con le nuove generazioni in maniera durissima, quasi crudele.
Anche Vita da Carlo allora forse presuppone ad un’ulteriore svolta autoriale?

“Sicuramente bisogna sapersi guardare in faccia e vedere la maschera com’è. La mia maschera cosa può fare adesso? Il padre, il nonno, il vedovo, bisogna essere sinceri, non mi metterei mai a fare l’amante, è finito quel periodo… è chiaro che posso fare lo scapolo, il papà: la maschera suggerisce questi ruoli. Cosa poi esattamente io vada a fare dipende ovviamente dal soggetto, devo in qualche modo portare me nel cinema“.

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Anche dal punto di vista dello stile, poi, sei cambiato, sei ancora una volta più fresco per stare al passo con i tempi pur rimanendo te stesso…
“È possibile, ma questo dovete dirlo voi critici, io me ne rendo conto fino ad un certo punto. Sicuramente sì, c’è una recitazione più naturale, le risate nascono dai tempi comici piuttosto che da battute vere e proprie, sono i tempi, le difficoltà nelle quali vengo messo, i tormenti nei quali finisco. Io sono sempre stato così, più vengo messo in difficoltà e più rendo, nella commedia. Devo essere messo in difficoltà perennemente.”

In Vita da Carlo, riesci a creare un rapporto di incredibile serenità sul set, che traspare nell’atmosfera rilassata. C’è poi un cameo gustosissimo, quello con Christian De Sica, nel quale ricreate il leggendario balletto del film Borotalco del 1982.
Ed è una sequenza a triplo strato: c’è l’omaggio, c’è il backstage perché spiegate che nacque proprio tra i banchi di scuola, e c’è la malinconia di mettersi di fronte al tempo che passa. Neanche questa volta, allora, ti sei sottratto dal metterti completamente a nudo…
“Ma perché non c’è niente da nascondere, io non ho niente da nascondere. Casa mia potrebbe essere fatta con i muri a vetri. Vedi, io non ho nessun pudore nel raccontarmi nelle mie fragilità, nelle mie debolezze, nelle mie comicità involontarie, guarda, è anche una forma di autoanalisi alla fine.

Stai già lavorando alla terza stagione, ma alla fine questo film drammatico con Carlo solo regista ci sarà mai? Anni fa dicevi anche di voler fare uno Iago veramente drammatico…
“Ahahah, arriverà? Ahahah, vedi che Edoardo Leo mi ha annunciato che farà Iago, ahahah… certo che arriverà, dovrebbe arrivare, devo concludere Vita da Carlo che poi doveva finire con la prima stagione, ma è andata così bene che siamo arrivati già alla terza!

Alla fine comunque ti sei trovato a tuo agio con un maggiore minutaggio a disposizione per le tue storie?
“Guarda, tutto sommato non posso dire di essere stato in difficoltà: nella scrittura mi sono trovato a mio agio, lo spazio è sterminato e quindi inizi anche con un po’ di leggerezza, con un senso di libertà grande. Sai che hai cinque ore e questo non avere ansia ti porta ad avere più idee e più intuizioni. Un film vabbè, è un film, ma è molto più complicato: tutto compresso in un’ora e tre quarti, un lavoro delicato perché devi avere un centro film importante, un finale misurato….
È tutto centellinato. Dall’altro punto di vista però è più difficile girare una serie perché c’è fatica: la serie uccide per la fatica, tu sei sempre di corsa. Tu devi prepararla nel migliore dei modi, farti venire i dubbi prima, avere la certezza che tutto sia a posto e quando parti non ti devi fermare un attimo: anche per questo serve una preparazione perfetta. Serve soprattutto una grande lucidità.”