Barbora Bobulova si racconta alle Giornate della Luce 2025: “La recitazione è un gioco istintivo”

In occasione della proiezione del film Per il mio bene (2024) nelle Giornate della Luce 2025, abbiamo intervistato l'attrice Barbora Bobulova, ripercorrendo gli inizi di carriera e la sua evoluzione.

Volto tra i più intensi del cinema italiano, Barbora Bobulova torna sul grande schermo con Per il mio bene (2024), di Mimmo Verdesca, interpretando una donna alle prese con la malattia e una profonda riscoperta di sé. Attrice di origine slovacca, da anni protagonista di un cinema attento ai chiaroscuri dell’animo umano, Bobulova ha costruito la sua carriera scegliendo ruoli complessi, spesso silenziosi ma ricchi di forza emotiva. Il festival le Giornate della Luce dedica una proiezione speciale all’ultima opera di Verdesca, per concludere l’undicesima edizione con un film intenso e carico di significati profondi, con la partecipazione in sala di Barbora Bobulova. In questa intervista, la Bobulova, racconta il suo rapporto con i personaggi, l’importanza del teatro nella sua formazione, e quel momento in cui il gioco della recitazione si è trasformato in mestiere consapevole.

Per il mio bene barbora bobulova cinematogrpahe.it

Nel film Per il mio bene interpreta Giovanna, una donna che affronta la malattia, il senso di perdita e una radicale scoperta di sé, nel tentativo di salvare se stessa. Com’è stato entrare in questo personaggio? C’era qualcosa di lei in Giovanna?
Beh, all’inizio ero un po’ spaventata. Non avevo molto in comune con lei. E in realtà non cerco somiglianze quando interpreto un ruolo. Piuttosto mi concentro sull’idea del personaggio, su come è stato scritto e pensato dagli autori. Non è un approccio che considero “positivo” in senso classico: credo che un attore debba mettere da parte, il più possibile, il proprio ego per calarsi davvero nella parte. Anche perché la recitazione non è una scienza. E’ molto difficile spiegare il meccanismo di come si arriva a interpretare un determinato ruolo. Ed è forse questo l’aspetto più bello del nostro mestiere”.

Barbora Bobulova elogia il valore del silenzio, come momenti di riflessione utile nella recitazione, ma soprattutto nella vita.

Ha spesso interpretato donne complesse, silenziose ma forti, spesso in conflitto con sé stesse o con ciò che le circonda. Qual è il filo invisibile che unisce Barbora alle sue protagoniste? Cosa c’è di suo in quei silenzi?
“Tanto. I silenzi fanno parte della nostra vita. Non sempre sappiamo cosa dire, in ogni momento. Secondo me dovremmo imparare a riflettere un po’ di più prima di parlare. Adoro le persone che non hanno bisogno di pensarci, che rispondono subito, ma io non sono così. Mi ritengo una persona molto riflessiva, mi riconosco nelle pause, nei momenti di silenzio. Se non si lascia spazio all’introspezione, diventa difficile poi elaborare un pensiero su di sé”.

È una sua inclinazione personale, quindi?
“Sì, direi di sì. Sono molto introspettiva, amo i miei momenti di riflessione. Tant’è vero che non amo partecipare a certe trasmissioni dove si richiede un botta e risposta immediato”.

La sua formazione teatrale e multilingue riflette una grande apertura. In che modo queste esperienze hanno modellato il suo modo di affrontare i ruoli?
“Tantissimo. La formazione teatrale è stata un’esperienza bellissima, che ti dà tanti strumenti in più sul set. Ti offre una maggiore libertà nell’affrontare i personaggi. È come avere un ventaglio più ampio a disposizione: riesci a fare di più, ad affrontare ruoli diversi. Sono molto grata alla mia esperienza teatrale, perché mi ha dato una profondità e una consapevolezza enormi nel mio mestiere”.

C’è un regista con cui si è trovata particolarmente bene, per il suo modo di lavorare sul set?
“Mi sono trovata molto bene con Nanni Moretti. Andare sul set era una festa. Amavo il suo modo di dirigere, di lavorare: a qualcuno può sembrare maniacale, ma non lo è poi così tanto. Per come sono fatta io, quel modo di vivere il set mi rispecchiava pienamente. C’è stata una grande sintonia. Anche con Paolo Franchi, nel film La spettatrice (2004), ho vissuto un’esperienza molto bella. E devo dire anche con Stefano Chiantini, con cui ho appena finito di girare a marzo il suo ultimo film, Separazioni: lì si è creata un’intesa davvero forte”.

Intervista Barbora Bobulova Cinematographe.it

La recitazione come istinto primordiale, poi gli anni di formazione nell’Accademia di Bratislava e poi una lunga carriera tra cinema e teatro.

Com’è nato l’istinto per la recitazione? Lei ha iniziato giovanissima.
“Sì, ho sviluppato molto presto questo istinto. Da bambina sentivo il bisogno di esibirmi ovunque mi trovassi: con una scenetta, una poesia, una piccola prosa… qualsiasi cosa che mi permettesse di stare davanti a un pubblico. Ero un vero pagliaccio, soprattutto a scuola! Anche se non sembra, perché interpreto spesso ruoli drammatici. Le mie compagne di classe ancora oggi faticano a credere che io reciti in film così “seri”, perché loro mi conoscevano in tutt’altra veste.
Credo che questo istinto faccia parte di me, ci sono nata. I miei genitori lo hanno riconosciuto subito e mi hanno sostenuta. Io lo vivevo come un gioco, non capivo davvero cosa fosse. Poi, grazie a loro, ho iniziato a fare dei provini — e con molta innocenza, ci sono andata. E da lì è iniziato tutto”.

Com’è stato il passaggio dall’istinto alla consapevolezza di questo mestiere?
“Ho capito davvero cosa significasse fare l’attrice quando mi hanno presa all’Accademia di Teatro di Bratislava. Lì è iniziata la mia vera formazione. Un percorso serio, impegnativo. Devo dire che all’inizio ho vissuto una crisi. Al primo anno ho capito che non era più solo un gioco: si faceva sul serio. Ho pensato perfino di mollare. Non volevo espormi emotivamente davanti agli altri. Mi sono chiusa in una forma di timidezza che non avevo mai avuto da bambina, finché tutto era solo un gioco”.

Ma quella voglia di “giocare” è tornata?
“Sì, poi l’ho superata. C’è stato un momento difficile, più drammatico, ma alla fine c’è stato uno scatto. Ho ritrovato la libertà e il piacere di fare questo mestiere meraviglioso”.