Editoriale | Ride: abbiamo voluto la bicicletta e ora pedaliamo

Ride ci si presenta come un interessantissimo laboratorio di cinema italiano e cinema di genere, ma se l'intento di Fabio & Fabio è quello di andare oltre il film gli toccherà pedalare.

L’esordio nel 2016 con uno dei film italiani più sorprendenti della stagione (si sta parlando del Mine con Armie Hammer), ora Fabio Guaglione e Fabio Resinaro si ripropongono al pubblico non solo nei ruoli di sceneggiatori e produttori già rivestiti in precedenza, ma in nuova veste di direttori creativi. La regia per Ride è passata a Jacopo Rondinelli, autore di videoclip e spot con un passato fatto di scenografia ed effetti speciali, qui al suo esordio nel lungometraggio. Ha girato per Subsonica, The Bloody Beetroots, Salmo e Caparezza, mentre sono suoi alcuni spot di marchi come Red Bull, Tissot, Mtv, Renault e Gatorade. Bisogna partire da questo background per capire perché Fabio & Fabio abbiano fatto un apparente passo indietro dalla regia.

Ride: un film rivoluzionario

Ride è un film rivoluzionario per la sua tecnica di ripresa. La storia della folle corsa di dowhill per un ricco premio in denaro dei due spericolati Kyle e Max è stata girata principalmente con una ventina di telecamere GoPro per ogni sequenza action, ottenendo una visione d’immagine che ha reso sferico lo spazio d’azione degli attori. In base a questa apertura quattro occhi non bastavano più, così un nuovo regista ha rinforzato il duo che sarebbe stato alle prese con migliaia di take e volumi di girato mastodontici. Così Rondinelli, occhio tarato su velocità essenziale da spot, musicalità ritmica da videoclip e sensibilità visiva sull’inserto scenografico e digitale, era la giusta mente creativa per coordinare le unità di regia dove si sono cimentati ovviamente anche gli autori di Mine. Insomma, si è data vita a una vera e propria crew registica.

Il lavoro venuto fuori è un concentrato di spettacolarità da sport estremo. Rocce, boschi, ruote di mountain bike che girano frenetiche, una posta in gioco altissima ma anche la necessità che porta i due personaggi ad accettare la sfida sono tutte calamite per lo spettatore. Soprattutto i ragazzi saranno catturati da questi antieroi in bici. Già il fatto originale di annientare i soliti motori roboanti in ambienti urbani o desertici (come il più degli action del sottogenere motoristico) fa tirare un bel sospiro di sollievo.
Poi arrivano Lorenzo Richelmy e Ludovic Hughes, entrambi follemente calati nella propria parte. L’uno con un personaggio scanzonato e istrionico, l’altro in un ruolo da padre di famiglia che vorrebbe smettere con il pericolo. Ma anche l’amicizia verrà duramente messa alla prova in questo pastiche che dall’avventura vira sul thriller fino a sfumare linee d’horror. Allo spirito della sfida si aggiungono odio e paura verso una provvidenza maligna e tecnologica che gestisce misteriosamente questa gara segreta. I nostri sono in un posto sconosciuto, fuori da ogni ricerca Google e totalmente sottomessi alle regole della gara. E gli altri riders? Perché alcuni motociclisti mascherati li assalgono per colpirli a morte? Chi c’è dietro la Black Babylon?

Ride e i rimandi a Stanley Kubrick e George Orwell

Senza anticipare nulla su uno sviluppo gonfio d’imprevisti, non sfugge il fatto che il percorso narrativo risulta piuttosto tortuoso e non privo di spazi dove gli interrogativi dello spettatore si fanno strada. Il nuovo giocattolo cinematografico prodotto e distribuito da Lucky Red avrebbe pure le carte in regola per diventare un blockbuster. Non solo la madrelingua inglese, l’appeal degli attori. Ci sono reminiscenze anni ’80 da L’implacabile con Schwarzenegger, dei monoliti segnaletici hi-tech a forma di smartphone che ammiccano a quello di 2001: Odissea nello spazio e ovviamente il Grande Fratello di Orwell è dietro l’angolo. Tutto amalgamato in un percorso con le stesse modalità a tappe di un videogame.

Non è una notizia che Fabio & Fabio abbiano il sogno ambizioso di trasformare questo lavoro in un franchise, una sorta di Notte del Giudizio all’italiana viene da pensare, visti i tempi. Fabio Guaglione ha definito questo progetto un film punk. E non ha tutti i torti, perché con le sue trovate vertiginose, le musiche industrial che ipnotizzano testa e battiti cardiaci fino a rivoli di fastidiosa ansia (forse è questo il più horror dei mood durante la visione), le pozze narrative lasciate libere per eventuali sequel, prequel, spin-off o addirittura serie tv, questa creatura di nome Ride ci si presenta come un interessantissimo laboratorio di cinema italiano e cinema di genere. Ma pure d’intrattenimento multimediale, visti i progetti fumettistici che gli si muovono intorno. Forse meglio finanziato avrebbe ottenuto una patinatura fotografica più importante, più hollywoodiana. Le possibilità narrative future lasciano un po’ troppi non detti di cui senza sicuri seguiti si soffre un po’ troppo a fine film, ma ci ha divertito e messo abbastanza in ansia anche così, nella sua natività rupestre e d’artigianato geek. Insomma, questo Ride è una discreta bicicletta per il pubblico, ma se vorranno fare anche gli show runners, a Fabio & Fabio toccherà pedalare.

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