Palazzina Laf: la storia vera che ha ispirato il film di Michele Riondino
Palazzina Laf, esordio alla regia di Michele Riondino, racconta la storia vera di un reparto dell'ILVA di Taranto finito al centro di una scandalo di mobbing.
Vincitore di tre statuette ai David di Donatello 2024 (miglior attore protagonista, migliore attore non protagonista e miglior canzone originale per il brano La mia terra, scritto e interpretato da Diodato), Palazzina Laf è un film drammatico diretto e interpretato da Michele Riondino, al suo debutto alla regia, e tratto dal libro Fumo sulla città dello scrittore Alessandro Leogrande, scomparso prematuramente e a cui è dedicato il film. Presentato in anteprima alla 18ª Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public e con nel cast anche Elio Germano e la protagonista della serie Rai Imma Tataranni – Sostituto procuratore Vanessa Scalera, il lungometraggio è ispirato ad una storia vera.
La storia vera che ha ispirato Palazzina Laf, film diretto e interpretato da Michele Riondino

Scritto dallo stesso Michele Riondino insieme a Maurizio Braucci, Palazzina Laf racconta la storia di Caterino, un uomo semplice e un po’ rude, appartenente agli operai dell’ILVA, la società siderurgica specializzata nella produzione e nella trasformazione dell’acciaio, nata agli inizi del Novecento e con il sito industriale più rilevante situato a Taranto. L’uomo vive in una masseria, caduta in disgrazia, e sogna insieme alla fidanzata di trasferirsi in città. Quando i capi dell’azienda decidono di fare di lui una spia, incaricata di individuare i lavoratori di cui è necessario liberarsi, Caterino diventa l’ombra dei suoi colleghi e prende parte agli scioperi soltanto per denunciarli. Quando anche lui chiede di essere trasferito alla Palazzina Laf, non sapendo bene quale degrado vi si nasconda, Caterino scoprirà che quello che credeva essere un paradiso è in realtà una machiavellica strategia per provare psicologicamente i lavoratori fino a spingerli a dimettersi o ad accettare il demansionamento. A sua spese scopre anche che da quell’inferno non c’è una via d’uscita.

Il film racconta, attraverso gli occhi del protagonista, il primo caso di mobbing collettivo nella storia dell’industria italiana. Lo scandalo della Palazzina Laf, acronimo di Laminatoio a freddo e reparto dell’acciaieria ILVA di Taranto, scoppiò ufficialmente nel 1997 durante la gestione della famiglia Riva e in seguito ad un’ispezione dell’ispettorato del Lavoro. I proprietari e i dirigenti dello stabilimento decisero di confinare nell’omonima palazzina, adiacente al Laminatoio a freddo, gli impiegati che si erano opposti alla “novazione” del contratto, ossia al declassamento a operai. Ai lavoratori, infatti, venne proposta la cancellazione del contratto alla base del rapporto lavorativo con uno nuovo da operaio. Alcuni aderirono, altri – tra di loro impiegati, capisquadra, tecnici specializzati e magazzinieri – vennero confinati nel complesso e costretti a trascorrere le otto ore lavorative giornaliere nell’ozio forzato. Un trattamento illegale architettato dai vertici dell’azienda per logorarli psicologicamente e costringerli a dimettersi.
Secondo le stime, furono ben 79 i lavoratori che vennero confinati nella cosiddetta Palazzina Laf. Nel novembre del 1998, l’allora procuratore Franco Sebastio, insieme all’ausilio dei carabinieri, riuscì finalmente a liberare questo gruppo di lavoratori dalle grinfie dei proprietari e dei dirigenti dello stabilimento. L’8 marzo del 2006 la sesta sezione penale della Cassazione confermò la condanna di undici persone – tra i quali il presidente del Consiglio di amministrazione dell’Ilva, Emilio Riva, e il direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso – per tentata violenza privata a carico di titolari, dirigenti e quadri dello stabilimento. Il primo venne condannato ad un anno e sei mesi di reclusione, mentre il secondo ad un anno e otto mesi.