La verità sta in cielo: intervista al regista Roberto Faenza e al cast

Nelle sale dal 6 ottobre il nuovo film di Roberto Faenza: La verità sta in cieloIl regista ricostruisce nel film il caso della scomparsa di Manuela Orlandi, raccontando l’Italia degli anni ’70/’80, tra segreti e corruzione dei poteri forti.

Durante l’incontro stampa il regista Roberto Faenza e gli interpreti Riccardo Scamarcio, Maya Sansa, Greta Scarano, Valentina Lodovini e Shel Shapiro hanno svelato i dettagli del film.

Riccardo Scamarcio (Renato De Pedis) e Greta Scarano (Sabrina Minardi)

La verità sta in cielo

Greta Scarano, hai un ruolo che se fossimo in America saresti candidata direttamente all’Oscar, non solo per la bravura, ma per il doppio ruolo. Come sei entrata nel personaggio e in quel trucco?

Sabrina ha 50 anni. Ho avuto la possibilità di vederla in questi video che ha realizzato Raffaella, che mi hanno aperto uno squarcio su chi fosse. Poi il libro che hanno scritto insieme, per me, è stato molto illuminante.

Il trucco è stato fondamentale: la difficoltà di mangiare aiuta l’interpretazione perché mi ha permesso di indossare fisicamente la faccia di un’altra persona.

Ho fatto il primo provino con Riccardo ma Faenza non era molto convinto perché ero bionda; sono tornata il giorno dopo nera corvino.

la verità sta in cielo

Riccardo Scamarcio, come sei entrato in questo personaggio e come hai compiuto questa rivoluzione, essendo un personaggio inedito?

Diciamo che è un De Pedis più stratega, che ha delle peculiarità e delle caratteristiche, per esempio che non si drogasse e non bevesse. Per gestire dei rapporti di altissimo livello aveva bisogno di essere lucido.

Nel film l’altro aspetto molto importante è che De Pedis è raccontato dalla Minardi, che va indietro nel tempo e viene mostrato nel suo privato, come lo vedeva lei. Per me, da interprete questo è importante.

Siete i due personaggi chiave del film e della storia, che idea vi siete fatti e che ruolo hanno avuto?

Greta Scarano: Sabrina Minardi ha avuto un ruolo chiave perché ha parlato quando il caso era stato scordato, nonostante la famiglia di Manuela spingesse perché si venisse a capo della storia.

Intanto per questo, poi è un personaggio chiave nella vita di De Pedis, perché lei comunque lo ha assecondato nella sua ascesa al potere ed è diventata la partner perfetta. Diventata una pedina, consegnava i suoi soldi, mandava le sue ragazze agli incontri politici.

Lei si è presa delle grandi responsabilità, parlando. Se io non volessi essere colpevolizzata non parlerei, invece lei lo ha fatto. Motivo per il quale io non l’ho mai giudicata.

Riccardo Scamarcio: Dai racconti della Minardi, De Pedis ha un ruolo chiave nel rapimento. Il movente non è chiaro, ci sono delle ipotesi.. a me, personalmente, ancora qualcosa continua a sfuggire.

C’è qualcuno che la verità la conosce e sarebbe bene, nel nome e nel rispetto di Manuela, una ragazza innocente, e dei suoi famigliari, che parlasse.

Il clamore mediatico, che questo evento suscitò, è importante perché noi sappiamo che alcuni casi mediatici sono stati strumento per condizionare l’opinione pubblica, per distrarla e poter operare in altri ambiti.

L’aspetto importante, che in questo paese viene sottovalutato, è che si arriva a trovare gli esecutori, ma i mandanti mai. La differenza tra la banda della Magliana e De Pedis è che De Pedis era riuscito a entrare a contatto con uomini importanti. Era stato avvicinato da soggetti che portavano avanti progetti più complessi.

Valentina Lodovini (Raffaella Notariale) e Shel Shapiro (John)

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Come avete affrontato i vostri ruoli dal lato civile oltre che professionale

Shel Shapiro: Il mio personaggio è uno dei pochi non veri. Ma ha un ruolo determinante perché percepisce l’assoluto pericolo di questa indagine. Vengono messi insieme una ragazzina di 15 anni, il vaticano, Marcinkus e la banda della magliana. C’è l’odore di pedofilia, di denaro.. è davvero difficile dare un’informazione equilibrata. 

Valentina Lodovini: sono una cittadina indignata, molto presente. Conosco la nostra memoria storica e cerco di conservarla. Sono avvezza a questo genere di film. Per entrare nel personaggio penso di non esserre un’attrice, ma una storyteller, sono al servizio della storia.

Mi piace avere questa personalità nel film. Rappresento l’Italia che vuole sapere, che può cambiare le cose. Sono felice di dar voce a Raffaella che ha portato avanti un lavoro durato anni, subendo minacce. Ha seguito una buona intuizione: ha pensato che anche se le donne dei testaccini venivano tenute fuori dagli affari, avranno visto o sentito qualcosa.

[A Valentina Lodovini] Quali sono le difficoltà espressive e tecniche da attrice per una recitazione da reporter? Ti sei ispirati ad altri personaggi?

Valentina Lodovini: per tirar fuori questo personaggio ho usato tanti spunti. Non ho avuto bisogno di prendere ispirazione da altri personaggi perché potevo vedere Raffaella; ho pensato però a tante persone coinvolte e ad altri fatti di questa specie. Il nostro paese ha tanti esempi.

Sicuramente è venuta fuori la cittadina Valentina mentre dicevo quelle parole. A volte avevo molta rabbia.

Ho cercato di essere più pulita possibile. Concentrata su cosa stavo dicendo, per non fare la macchietta e far notare il passaggio del tempo [nel film Raffaella Notariale è mostrata a dieci anni di distanza].

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La parola al regista Roberto Faenza

All’inizio hai pensato di farne un documentario?

Il progetto è sempre stato cinematografico. Avevo pensato però di farne una serie televisiva, ci sono così tanti personaggio da poter seguire nel loro percorso criminoso. Spero che questo film trasmetti emozioni, per provocare un coinvolgimento, per questo motivo faccio lungometraggi. Mi interessa inoltre dimostrare che anche il cinema può dire la verità. “Non ad probandum, ma ad narrandum” [non per dimostrare qualcosa, ma per narrarlo] dicevano i latini.

In La verità sta in cielo, cosa c’è di vero o cosa di inventato?

Di inventato non c’è quasi niente, c’è un’elaborazione dei fatti. È tutto basato su cose avvenute.

Anche il vescovo [interpretato da Alberto Cracco] trae spunto dalla verità. La cosa che mi dispiace di questo film è che molti penseranno che sia un attacco al Vaticano.

Il papa nel film dice che ci sono due chiese e io le rappresento. Bisogna ricordarsi che il Vaticano è uno stato, non solo la chiesa. Oltre al lato corrotto, c’è un rappresentante della chiesa che a me piace [il vescovo], che dice “meglio il clamore del silenzio”, che fa quel discorso bellissimo sulla parola di cristo e la voce del diavolo. Mi sono ispirate alle parole del cardinal Martini. Noi abbiamo avuto una committenza epistolare.

Questo è un film che racconta che il vaticano non è un monolite.

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Nell’ultima scena si parla di una trattativa. È stata una sua lettura dei fatti?

È un ipotesi scaturita dall’incontro con i magistrati, leggendo le carte. È una scena compatibile con le informazioni raccolte.

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De Pedis e la Minardi vengono presentati come pedine. Secondo lei, lui si è pentito di ciò che ha fatto o non è stato mai realmente cosciente delle conseguenze delle proprie azioni?

Il personaggio più interessante del film è la Minardi. Molti rilievi sono stati accurati, nonostante sia una donna malata, che ha fatto uso di droghe. A me non interessa questo, ma il lato umana. Secondo me è un personaggio shakespeariano, meriterebbe un film solo lei.

Nasce come una ventenne di successo, si sposa con Bruno Giordano e finisce su tutti i giornali.

Poi non capisci come mai un personaggio così scende negli inferi, diventa prostituta, mette in piedi un bordello, si associa alla malavita. Credo che nel film viene fuori questo aspetto umano.

Credo che la Scarano abbia fatto un lavoro eccezionale.

la verità sta in cielo

De Pedis a 20 anni è già in carcere e passa lì 7/8 anni, muore a 38 anni, quindi come ha fatto a diventare quello che è diventato? Deve essere stato molto intelligente, inoltre quando abbiamo girato la scena a via del Pellegrino tutti quelli che lo hanno conosciuto hanno detto che era una persona stupenda, “se mi rubavano il motorino mica andavo dalla polizia, andavo da lui e me lo ritrovava”, uno di loro ci ha raccontato. Anche questo parla di Roma.

Lei definirebbe il suo film antitetico a Romanzo Criminale?

Sì, esattamente l’opposto. La banda della magliara era una banda di accattone e di straccioni. In realtà non è mai esistita, è esistita la batteria che i romanzi e la televisione hanno portato ali estremi della popolarità, sbagliando e facendo delle cose grossolane. De Pedis non soltanto non ne faceva parte, ma era il nemico numero uno.

Perché nessuno ha mai raccontato la vera banda, quella dei Testaccini? Perché significa toccare dei santuari. Erano legati ai servizi segreti (che poi sapevano che sarebbe stato ammazzato De Pedis, hanno seguito i killer, senza dire né fare niente), ai politici e al Vaticano.

Finora il cinema non ha avuto il coraggio di fare nomi e cognomi. Infatti noi rischiamo, ma abbiamo solide basi, non mi sono inventato nulla.

Quanti scheletri nell’armadio ha ancora intenzione di tirare fuori?

Datemi delle idee, io sono qua.