Kim Novak: i 10 film più belli della “donna che visse due volte”
Ripercorriamo i passi più importanti della carriera della grande Kim Novak attraverso 10 tra i suoi migliori film.
Nel panorama del cinema hollywoodiano degli anni ’50 e ’60, Kim Novak occupa un posto unico. Apparentemente modellata per essere la nuova bomba sexy da studio, ha invece saputo imporsi con uno stile personale e un’inquietudine espressiva che sfuggiva alle convenzioni. La sua bellezza glaciale era attraversata da crepe emotive, da un senso costante di mistero e vulnerabilità che rendeva ogni personaggio vivido e complesso. Attrice spesso sottovalutata, ma capace di lasciare un’impronta indelebile, ha lavorato con registi del calibro di Hitchcock, Preminger e Wilder, portando sullo schermo donne mai univoche, fragili e forti insieme. In questi dieci film, selezionati per mostrare la varietà e la profondità del suo talento, Novak si rivela per ciò che è davvero: non solo una star, ma una presenza cinematografica potente, capace di attraversare il tempo. Le sue interpretazioni parlano di desiderio, alienazione, sogni e disillusioni, rendendola una figura irrinunciabile per comprendere le sfumature più sottili del classicismo hollywoodiano. Un percorso affascinante che, film dopo film, restituisce l’immagine viva e sfuggente di un’attrice molto più radicale di quanto la sua etichetta da diva lasciasse supporre.
1. La donna che visse due volte (1958), di Alfred Hitchcock tra i film più belli di Kim Novac

Nel capolavoro assoluto di Alfred Hitchcock, Kim Novak interpreta uno dei ruoli più iconici della storia del cinema: Madeleine/Judy. Il film, un noir psicologico denso di ambiguità, trova in lei una presenza ipnotica, perfettamente in sintonia con l’ossessione e la vertigine che animano la storia. La sua doppia interpretazione, raffinata e dolorosa, gioca con l’identità e il desiderio, rendendo il personaggio centrale per la costruzione dell’atmosfera onirica e inquietante del film. Hitchcock, maestro del controllo, trova in Novak una musa atipica, in grado di incarnare la femminilità non come seduzione sicura, ma come enigma irrisolto. Ogni sguardo, ogni esitazione, raccontano una tensione interiore che la macchina da presa cattura in modo quasi spietato. La sua Judy, fragile e umana, resta tra i ritratti più commoventi del cinema hitchcockiano. Con “La donna che visse due volte”, Novak ha firmato la sua consacrazione eterna.
2. Picnic (1955), di Joshua Logan
In questo dramma sensuale e sociale ambientato in una cittadina americana durante il Labor Day, Novak veste i panni di Madge Owens, la ragazza più bella del paese, intrappolata in un’esistenza che sembra già scritta per lei. Accanto a William Holden, Novak restituisce un personaggio pieno di malinconia, indecisa tra la sicurezza del conformismo e il rischio della passione. La scena del ballo sul molo è diventata leggendaria: un momento sospeso dove l’alchimia tra i due protagonisti è palpabile e travolgente. Con una recitazione fatta di silenzi, sguardi e piccoli gesti, Novak racconta la complessità del desiderio femminile in un’epoca ancora chiusa nei suoi ruoli rigidi. “Picnic” è uno dei primi film a mostrare la sua capacità di dare anima ai personaggi, trasformando una figura idealizzata in una giovane donna reale, attraversata da dubbi, sogni e inquietudini. Una performance delicata e penetrante.
3. Un solo grande amore (1957), di George Sidney

Interpretando Jeanne Eagels, attrice realmente esistita, Kim Novak si cimenta in un biopic che attraversa le luci e le ombre del successo. Il film è un melodramma torbido e appassionato che permette all’attrice di esplorare registri emotivi estremi. La sua Jeanne è irrequieta, autodistruttiva, ambiziosa fino all’eccesso, in una parabola che riflette molte delle ansie dello star system hollywoodiano. Novak si allontana dalle pose glamour per consegnarci un ritratto spigoloso e vulnerabile, dove l’insicurezza si mescola al talento, e l’amore al bisogno disperato di essere vista. Nonostante alcune concessioni al melodramma d’epoca, la sua prova è sorprendentemente moderna, intensa, quasi nevrotica. È un film in cui emerge chiaramente quanto Novak sapesse andare oltre la propria immagine pubblica, cercando sempre una verità più profonda nei ruoli che interpretava. Un’opera imperfetta, ma centrale per capire la sua traiettoria.
4. Pal Joey (1957), di George Sidney
Accanto a Frank Sinatra e Rita Hayworth, Novak tiene testa con sorprendente misura in questo musical amaro e disilluso, dove interpreta Linda, una giovane ingenua ma non stupida, aspirante cantante. La sua interpretazione evita le trappole del sentimentalismo, puntando invece su una sincerità che fa brillare il personaggio in mezzo a tanta ambiguità. Linda è forse uno dei ruoli più sottovalutati della carriera di Novak: una donna che cresce, si emancipa e trova una propria voce senza perdere la propria gentilezza. In un film che gioca con le apparenze e le convenienze, Novak regala uno dei suoi ritratti più umani e sottili. La sua chimica con Sinatra è autentica e toccante, fatta più di silenzi che di dichiarazioni plateali. “Pal Joey” conferma la sua abilità nell’inserirsi con naturalezza anche in generi apparentemente lontani dalla sua cifra abituale. Un piccolo gioiello di grazia e discrezione.
5. Incantesimo (1956), di George Sidney

Kim Novak interpreta Marjorie Oelrichs, moglie del pianista Eddy Duchin, in questo biopic musicale che attraversa gioie e tragedie personali. Il film si muove tra glamour e malinconia, e Novak riesce a trovare un equilibrio perfetto tra delicatezza e intensità. La sua presenza è luminosa ma mai superficiale: ogni scena con lei è attraversata da un’emozione sincera, che va oltre la bellezza e tocca corde profonde. In un ruolo che poteva facilmente scivolare nel sentimentalismo, l’attrice sceglie la strada della sobrietà e dell’onestà emotiva. Il rapporto con Tyrone Power è costruito su una chimica discreta, fatta di piccoli gesti e sguardi carichi di significato. La sua Marjorie è uno dei personaggi più empatici e toccanti della sua filmografia. Con questo film, Novak dimostra di saper affrontare il melodramma con una maturità che supera i limiti del genere.
6. Criminale di turno (1954), di Richard Quine
In uno dei suoi primi ruoli da protagonista, Novak veste i panni di Lona McLane, una femme fatale dai tratti insoliti. Il film noir gioca con gli archetipi del genere, ma Novak li trasforma: non è solo un volto bello, ma una donna ambigua, tormentata, capace di manipolare e di soffrire. La sua recitazione è già sorprendentemente matura, fatta di sottintesi, esitazioni e lampi improvvisi di fragilità. Accanto a Fred MacMurray, Novak tiene testa con sicurezza, evitando il confronto diretto con le grandi dark ladies del passato per costruire un modello più sottile e psicologico. “Criminale di turno” è il primo segnale concreto della direzione che avrebbe preso la sua carriera: non semplici ruoli decorativi, ma personaggi pieni di conflitti interiori. È un film minore, ma essenziale per capire le radici del suo stile.
7. Nel mezzo della notte (1959), di Delbert Mann

In questo dramma tratto da un’opera teatrale di Paddy Chayefsky, Novak interpreta Betty Preisser, giovane impiegata coinvolta in una relazione con un uomo molto più anziano. Il film esplora con delicatezza le dinamiche di potere, desiderio e solitudine nella New York contemporanea, e Novak offre una delle sue prove più sottili e moderne. Il suo personaggio è combattuto, complesso, mai ridotto a cliché: è una donna alla ricerca di qualcosa di autentico in un mondo cinico. Il confronto con Fredric March è intenso e credibile, costruito su un dialogo continuo tra vulnerabilità e dignità. Novak riesce a rendere il suo personaggio tridimensionale, dotato di una vita interiore che affiora nei momenti meno attesi. Una prova adulta e toccante, che dimostra la sua volontà di affrontare ruoli drammatici lontani dall’ideale glamour che le era stato cucito addosso.
8. Quando muore una stella (1968), di Robert Aldrich
Nel ruolo di Lylah Clare, attrice del passato misteriosamente reincarnata in una giovane promessa del cinema, Novak si confronta con i temi della doppia identità e della manipolazione. Il film è un’opera barocca, eccessiva, a tratti visionaria, ma offre all’attrice una sfida rara: interpretare due donne in una, con tutte le tensioni psicologiche del caso. Il risultato è affascinante, disturbante, e mostra una Novak coraggiosa, capace di rischiare anche in contesti narrativi estremi. La sua interpretazione ha una qualità straniante, quasi metacinematografica, che dialoga con il suo stesso mito di attrice. Incompreso alla sua uscita, oggi il film viene rivalutato anche grazie alla sua performance, che ne rappresenta il cuore pulsante. Una delle prove più radicali e audaci della sua carriera.
9. Baciami, stupido (1964), di Billy Wilder

Accanto a Dean Martin e Ray Walston, Novak interpreta Polly the Pistol, una prostituta dal cuore malinconico, in una commedia cinica e sferzante firmata da uno dei maestri del cinema americano. Il suo personaggio, apparentemente frivolo, è in realtà uno dei più umani e toccanti del film. Con una recitazione fatta di dettagli, Novak costruisce una figura che oscilla tra illusione e consapevolezza, tra sogno d’amore e rassegnazione. La sua performance tiene in piedi un film rischioso, che flirta costantemente con il cattivo gusto e la provocazione. Wilder le affida il ruolo più fragile e meno protetto, e lei lo affronta con una delicatezza che sorprende. “Baciami, stupido” è una delle sue interpretazioni più ironiche e malinconiche insieme, perfetta sintesi della sua arte.
10. Gigolò (1978), di David Hemmings
In uno dei suoi ultimi ruoli cinematografici, Novak interpreta Helga von Kaiserling, nobildonna decaduta che si muove tra i fantasmi della Berlino post-bellica. Il film è un melodramma storico pieno di atmosfere crepuscolari, dove la sua presenza funge da raccordo tra un mondo che scompare e un futuro incerto. Novak affronta il ruolo con distacco aristocratico e malinconia, trasformando Helga in una figura tragica e magnetica. Accanto a David Bowie, riesce a imporsi con un carisma silenzioso, attraversato da un dolore trattenuto. “Gigolò” è un congedo elegante e misterioso da una carriera cinematografica irripetibile. La sua ultima apparizione sul grande schermo mostra una maturità espressiva profonda, capace di parlare anche solo con la postura o con lo sguardo. Una chiusura degna per una delle attrici più sfuggenti e affascinanti del suo tempo.
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