Il Silenzio degli Innocenti compie 30 anni. 10 cose che non sapete sul cult con Anthony Hopkins

Il 14 febbraio 1991 usciva nelle sale statunitensi Il Silenzio degli Innocenti, il capolavoro di Jonathan Demme con Anthony Hopkins nel ruolo del serial killer Hannibal Lecter. Quali sono i segreti del cannibale più famoso della storia del cinema?

Non c’è niente di meglio che festeggiare il proprio compleanno con un un bel piatto di fave e un buon Chianti.
Il Silenzio degli Innocenti (The Silence of the Lambs), il cult di Jonathan Demme, compie trent’anni proprio il giorno di San Valentino, paradosso o verità? Uscito nelle sale americane il 14 febbraio 1991 il film si basa sul romanzo omonimo di Thomas Harris ed è il secondo film – dopo Manhunter – Frammenti di un omicidio (Michael Mann, 1986) – a riprendere la figura del cannibale Hannibal Lecter, interpretato da un indimenticabile Anthony Hopkins.

Sulle tracce di Jame GumbBuffalo Bill” (Ted Levine), un serial killer che uccide e scuoia giovani ragazze, l’FBI incarica la promettente recluta Clarice Starling (Jodie Foster) per condurre degli interrogatori con il Dottor Lecter (Anthony Hopkins), ex psichiatra e criminologo rinchiuso nel manicomio criminale di Baltimora con l’accusa di aver ucciso e consumato i corpi dei suoi pazienti. Persuasa che l’unica possibile chiave di dialogo con il cannibale sia la sincerità, Clarice ottiene il rispetto di Lecter costruendo un rapporto di empatico quid pro quo, enfatizzato da una sceneggiatura cesellata al millimetro che fa del dialogo il suo canale maieutico per eccellenza.

1. Quella volta in cui Il Silenzio degli Innocenti ottenne i Big Five…

Per evitare di alimentare la concorrenza nella stagione dei premi a Kevin Costner, in corsa con Balla coi Lupi (vincitore di 7 premi Oscar), la casa di distribuzione Orion Pictures decise di rilasciare Il Silenzio degli Innocenti a metà febbraio, nel giorno di San Valentino. L’anno successivo l’Academy non si dimenticò di Hannibal Lecter e Clarice Starling e li ricompensò a dovere: The Silence of the Lambs è il terzo film dopo Accadde una notte (Frank Capra, 1934) e Qualcuno volò sul nido del cuculo (Miloš Forman, 1975) ad aver vinto i Big Five, i cinque premi Oscar più importanti: miglior film, miglior regia a Jonathan Demme, miglior sceneggiatura non originale a Ted Tally, miglior attore ad Anthony Hopkins e miglior attrice a Jodie Foster.

2. Anthony Hopkins e Jodie Foster non sono stati la prima scelta del regista

Impossibile oggi pensare ad una coppia diversa nei panni di Hannibal Lecter e dell’agente Clarice Starling, eppure Anthony Hopkins e Jodie Foster non sono stati la prima scelta di Jonathan Demme che per i ruoli aveva pensato a Sean Connery e a Michelle Pfeiffer. Jodie Foster aveva cercato di ottenere i diritti del libro (Harris, 1988) ma non riuscendo nell’impresa si era presentata per il ruolo da protagonista venendo inizialmente rifiutata per via del suo accento di Boston che il regista non aveva particolarmente apprezzato in Sotto Accusa, il film di Jonathan Kaplan (1988) in cui l’attrice interpretava una giovane cameriera violentata da un gruppo di ragazzi. Con Michelle Pfeiffer preoccupata per “l’oscurità dell’opera” e Sean Connery turbato dal “copione rivoltante” il regista punta tutto su una determinatissima Jodie Foster. Il resto è storia.

3. Un Oscar in meno di mezz’ora

24 minuti e 52 secondi: il tempo sufficiente, ad un attore del calibro di Anthony Hopkins, per ottenere la statuetta. Uno psicopatico mefistofelico da Sindrome di Stoccolma, un regista della prossemica capace di gestire gli spazi comunicando con il corpo, evocativo nella gestualità e nella fierezza di uno sguardo vitreo lancinante anche per l’animo più impavido. Un’identità di persona e personaggio che conferisce autenticità ad ogni singola mossa del dottore, dotato di un’abilità retorica così affascinante da mettere a nudo storie, ricordi e oscuri segreti di ciascun uditore. Verrebbe voglia di ascoltarlo per ore, certo, a distanza di sicurezza e con un vetro temperato nel mezzo.

4. Anthony Hopkins e il metodo Stanislavskij

Il metodo messo a punto da Konstantin Sergeevič Stanislavskij si basa sull’approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell’attore.

Per prepararsi al ruolo di Hannibal Lecter Anthony Hopkins si è ispirato agli interrogatori di Charles Manson, uno tra i più famosi serial killer noto per il brutale assassinio di Cielo Drive (il 6 agosto 1969) in cui perse la vita anche Sharon Tate moglie del regista Roman Polański. A rendere ancor più inquietante il personaggio di Lecter, la decisione di Anthony Hopkins di sbattere le palpebre il minimo possibile per conferire al cannibale quell’imperturbabile glacialità che lo ha reso celebre. Durante un colloquio preparatorio all’incontro con Lecter il Dr. Chilton (Anthony Heald) istruisce Clarice sulla personalità ambigua e disturbante del killer, un elemento prezioso dalle capacità mentali fuori dal comune e troppo sofisticato per i test standard condotti sui pazienti. “Il pomeriggio dell’8 luglio 1981 si lamentò per dei dolori al petto e fu portato in infermeria. Quando l’infermiera si chinò su di lui, le fece esattamente questo. Il polso non superò mai gli ottanta battiti, anche quando mangiò la lingua della donna“.

5. Hannibal Lecter legittima la paura del dentista

La paura del dentista (in generale, dei dottori) è uno dei timori ancestrali dell’essere umano, afflitto dal camice bianco metafora di un’autorità sanitaria clinicamente tiranna. Nella scena del trasferimento da Baltimora la sceneggiatura originale prevedeva che il personaggio di Lecter indossasse una tuta gialla o arancione. L’idea di sostituirla fu proprio di Hopkins che optò per il candore di un completo bianco con l’intento di estremizzare – ad un livello quasi paradossale i tratti placidi del serial killer. Più tardi, in uno slancio di sincerità (che contraddistingue anche il suo personaggio di finzione) l’attore ha affermato di essersi ispirato alla figura del dentista, in un momento di paura.

6. L’eye contact e la prospettiva invadente: noi siamo Clarice Starling

Ne Il Silenzio degli Innocenti ad intrigare è la prospettiva adottata dalla macchina invadente di Jonathan Demme. Tutti i personaggi si rivolgono a Clarice guardandola negli occhi, direttamente in camera: un espediente che il regista utilizza per plasmare il pubblico e conformarlo alla figura dell’agente Starling. Un meccanismo identificativo necessario alla sospensione dell’incredulità e del giudizio, vera fortuna della pellicola.

7. La triplice identità di Buffalo Bill

Per delineare i tratti di Jame Gumb, pseudonimo di Buffalo Bill, lo scrittore Thomas Harris si è ispirato alle figure di tre serial killer, derivando le costanti della loro metodologia per dare vita ad un personaggio che ne emulasse le caratteristiche salienti: Ed Gein, Ted Bundy e Gary M. Heidnik. Il primo era solito squartare le proprie vittime e servirsi di parti del loro corpo per creare indumenti o pezzi d’arredo; Ted Bundy avvicinava le vittime fingendo di soffrire di una qualche disabilità, poi una volta uccise tornava sulla scena del crimine per consumare rapporti sessuali con i loro corpi. Heidnik seviziava le donne rapite torturandole a lungo nel seminterrato di un’abitazione.

8. Un bel piatto di fave e un buon Chianti: la teoria dei fan dietro l’iconica citazione

Uno che faceva un censimento una volta tentò di interrogarmi: mi mangiai il suo fegato con un bel piatto di fave e un buon Chianti

L’American Film Institute ha inserito la citazione al ventunesimo posto nella classifica delle migliori citazioni cinematografiche di tutti i tempi, forse in virtù dell’affetto per la pellicola e per i suoi protagonisti (Jodie Foster è al sesto posto nella lista dei migliori eroi, la prima delle donne; Anthony Hopkins, invece, è considerato il miglior cattivo di sempre).

“La bottiglia di Amarone” – nell’originale letterario di Harris – è stata sostituita nella versione cinematografica con un buon Chianti, un vino rosso particolarmente pregiato, ottimo da accompagnare alla cacciagione. Una teoria accreditata dei fan riportata da The Huffington Post ha evidenziato un duplice significato della citazione: la classe di antidepressivi I-MAO, usata negli istituti psichiatrici, avrebbe degli effetti devastanti se associata a tre tipi di alimento. Sì, esattamente: fave, fegato, vino, ricchi di tiramina, una sostanza particolarmente tossica se associata agli antidepressivi.

Secondo questa lettura Hannibal sembrerebbe dire a Clarice di non essere sotto psicofarmaci, e dunque di essere abbastanza lucido per aiutarla nella cattura di Buffalo Bill.

9. “Prima regola Clarice: semplicità”: il sottotesto filosofico ne Il Silenzio degli Innocenti

Prima regola, Clarice: semplicità. Leggi Marco Aurelio, di ogni singola cosa chiedi che cos’è in sé, qual è la sua natura. Che cosa fa quest’uomo che cerchi?

Lo studioso brasiliano Olavo de Carvalho nel suo saggio “Simboli e miti nel film Il Silenzio degli Innocenti” si scaglia contro la critica cinematografica del suo paese, convinta sostenitrice di un sottotesto sentimentale alimentato dalla relazione platonica tra Hannibal Lecter e Clarice Starling. Alla luce della filosofia stoica e della teologia cristiana Carvalho teorizza invece “un apologo conflitto tra intelligenza umana e astuzia diabolica“. Alle virtù umane incarnate da Clarice Starling si contrappone la tentazione del Diavolo interpretato da Lecter, la cui disumana superiorità mentale subisce, già dal primo incontro, la tempra emotiva della giovane agente: il primo ad abbassare lo sguardo infatti è proprio lo psichiatra.

10. In Voluptas Mors: la citazione a Salvador Dalì nella locandina del film

Il Silenzio degli Innocenti ha una delle locandine promozionali più belle della storia del cinema, un pensiero sul quale forse concorderanno i fortunati che hanno avuto l’occasione tentatrice di avere la VHS ad arricchire le proprie librerie.

L’immagine raffigura il volto di una giovane con un lepidottero a sigillo delle labbra. Nel film Buffalo Bill inserisce nella bocca delle vittime l’acherontia atropos, un insetto che reca sul dorso una macchia con due puntini più scuri all’interno che sembra raffigurare un teschio. Nella realizzazione della locandina, grazie a programmi specifici di computer graphic, la naturale macchia dell’insetto è stata sostituita con l’opera In Voluptas Mors, una foto artistica del 1951 creata da Salvador Dalí Philippe Halsman che raffigura 6 donne nude disposte a formare un teschio.

Il titolo dell’opera di Harris “The Silence of the Lambs” (lett. Il Silenzio degli agnelli) fa riferimento all’ossessione ricorrente di Clarice, rimasta turbata nel periodo dell’infanzia dalla macellazione degli agnellini e dalle loro grida di innocenti. Nell’epilogo del film Lecter, ormai rifugiato alle Bahamas, telefona a Clarice: l’aura folle, ossessa, omicida del serial killer lascia il posto al rispetto e all’empatia paterna per la giovane agente:

Coraggiosa Clarice…me lo farai sapere quando quegli agnelli smetteranno di gridare, vero?