Il ballo dei 41: la storia vera dietro al film Netflix

Il film Netflix Il ballo dei 41 prende ispirazione da una storia realmente accaduta nel 1901 a Città del Messico.

Il ballo dei 41, film Netflix diretto da David Pablos con nel cast Alfonso Herrera, Emiliano Zurita, Mabel Cadena, Fernando Becerril e Paulina Álvarez Muñoz, prende ispirazione da una drammatica storia vera che coinvolge uno dei personaggi di spicco dell’epoca, la figura di Ignacio de la Torre y Mier, genero di Don Porfirio Díaz. Era il 1901, un periodo di profonda intolleranza nei confronti dell’omosessualità, nonostante non fosse considerata illegale, perché non sanzionata dal codice penale, ma considerata comunque un atto immorale e sintomo di depravazione. Veniva infatti definita una malattia mentale, come si evince dai libri di psichiatria di quel periodo. Ciò portava molte famiglie borghesi o benestanti a nascondere o proibire rapporti amorosi tra persone dello stesso sesso, terrorizzati dal pettegolezzo.

La doppia vita durante il Porfiriato

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Durante il Porfiriato Città del Messico ospitava, nelle vie più eleganti della città, gruppi di letterati, aristocratici e uomini di spicco dell’alta società che svolgevano un’intensa attività intellettuale, politica e culturale, nei caffè di una città dall’atmosfera volutamente parigina. Queste personalità erano considerate un simbolo da seguire, ai quali si voleva assomigliare o erano visti come un obiettivo di vita da raggiungere, e nessuno di loro intratteneva, almeno apparentemente, rapporti con persone dello stesso sesso. Nei quartieri più popolari della città le cose erano diverse e c’era una maggiore libertà sessuale, espressa senza temere i pettegolezzi della gente. Si trattava dei quartieri di San Pablo Teopan, Santa María Cuepopan e San Juan Moyotla. Ignacio de la Torre y Mier, protagonista del film Il ballo dei 41, se fosse stato quindi omosessuale, avrebbe dovuto sicuramente nasconderlo: le pressioni sociali derivanti dalla sua posizione lo condizionavano. Lo stesso matrimonio con Amada Díaz, figlia del Presidente venne considerato solo una strategia per nascondere l’omosessualità di de la Torre.

La metà di quegli intellettuali aristocratici che frequentavano i più eleganti caffè della città, erano presenti al famoso Ballo dei 41. Alcuni giorni prima dell’evento, svoltosi tra la sera del 17 novembre e la mattina del 18 novembre del 1901, venne chiesto al governo della città il permesso di poter celebrare un battesimo, considerando che durante il Porfiriato non si poteva festeggiare nulla senza il permesso del Consiglio. L’incontro si sarebbe svolto nella Cuarta Calle de la Paz, dietro il Monumento alla Rivoluzione, considerato come il confine della città. Il luogo non era stato scelto casualmente, l’intenzione era proprio quella di attirare la minor attenzione possibile. Nel tardo pomeriggio di quel 17 novembre 1901 iniziarono ad arrivare le prime carrozze, utilizzate solo da persone benestanti. Fu proprio questo ad attirare maggiormente l’interesse delle autorità di polizia, che si chiesero perché persone appartenenti all’aristocrazia e alle famiglie più agiate si recassero in un luogo così lontano dal centro della città. Fu così che già all’alba del 18 novembre 1901 si scoprì cosa stava accadendo.

Il ballo dei 41

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Le descrizioni dell’epoca parlano di 41 uomini, di cui la metà portavano parrucche, finti seni, orecchini ed eleganti e ricamati abiti da donna. Arrestati alle 5:30 del mattino accusati di crimini contro la morale e i buoni costumi, tra i detenuti erano presenti sia uomini ricchi che poveri. I primi riuscirono a pagare elevate multe con cui comprarono anche il silenzio, ma niente da fare ci fu per i più poveri, condannati ai lavori forzati nello Yucatán. Giornali come il Nieto de la Nación hanno riferito che i detenuti non solo dovevano lavorare in terribili condizioni, ma venivano continuamente umiliati considerando le loro accuse. Ignacio de la Torre, marito di Amada Díaz, fu implicato in questo scandalo, anche se non esistono prove certe di ciò. Si tratterebbe del numero 42, di quello conosciuto come Il ballo dei 41, che non solo, secondo la stampa, era coinvolto, ma era uno degli organizzatori. Il governo cercò comunque di nascondere il tutto.

La causa principale di questa accusa nei confronti di de la Torre derivava dal fatto che il luogo dove si era svolto il ballo era estremamente vicino alla sua proprietà, e dalla presunta vicinanza ad alcuni degli aristocratici che furono arrestati, come Antonio Adalid. Un’altra voce riguardava l’intensa infatuazione di Ignacio de la Torre per il Caudillo del Sur che, durante un periodo della sua vita, ha lavorato come caporale presso l’Hacienda del Caballito. Ma non c’è alcuna certezza di ciò. Quello che si sa invece per certo è l’odio che Zapata provava nei confronti di Ignacio de la Torre: si dice che una delle frasi più note del rivoluzionario, alla fine del suo impiego presso la fattoria del palazzo, fu “I cavalli di Ignacio de la Torre vivono meglio dei contadini di Morelos” .

La controversa esistenza di Ignacio de la Torre

Ignacio de la Torre fu chiamato il genero della nazione, il genero di suo suocero o il numero 42, presentando l’uomo sempre senza alcuna identità o caratteristica che non derivasse dalla sua posizione o dalla sua presunta implicazione nello scandalo. Si parlava spesso del suo matrimonio e della vita separata che realmente conduceva con Amada Díaz. Nonostante la sua ricchezza e posizione sociale, de la Torre era contrario al regime, ma questo non gli servì durante la Rivoluzione: venne catturato e portato a Lecumberri da Venustiano Carranza. Qualche tempo dopo, sarebbe stato rilasciato per conto di Emiliano Zapata e per le suppliche della figlia del generale Díaz. Ignacio de la Torre morì negli Stati Uniti nel 1918, con un’immagine di sé ancora profondamente controversa.

 

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