5 film di Albert Serra da vedere per amare il suo cinema radicale

5 titoli da recuperare assolutamente per conoscere il cinema radicale di Albert Serra.

Albert Serra è una delle voci più radicali e inconfondibili del cinema contemporaneo. Nato a Banyoles, in Catalogna, ha costruito la sua carriera su una sfida continua alle convenzioni narrative e stilistiche, proponendo opere che oscillano tra la sperimentazione estrema e la rilettura iconoclasta della storia e della letteratura.
Il suo cinema si nutre di lentezza, contemplazione, corpi che diventano sculture viventi, volti che raccontano più di qualsiasi dialogo, e soprattutto un’idea di tempo che si dilata fino a trasformarsi in esperienza sensoriale per lo spettatore. Serra non cerca il consenso facile: le sue opere sono spesso divisive, scandalose, provocatorie, ma sempre attraversate da una tensione autentica verso l’arte e la riflessione sulla natura stessa del cinema. È un autore che ama destabilizzare, mettere in discussione i limiti della rappresentazione e trascinare lo spettatore in territori inaspettati, dove la bellezza si intreccia con il perturbante e la noia diventa parte integrante dell’esperienza estetica. In questa selezione di cinque film fondamentali cerchiamo di attraversare il suo percorso, dal minimalismo medievale fino ai barocchismi sensuali e alle inquietudini politiche contemporanee, offrendo una panoramica sul suo modo unico e irripetibile di intendere il cinema.

1. Honor de cavalleria (2006) tra i film di Albert Serra da vedere

Albert Serra - Cinematographe.it

Con Honor de cavalleria, Serra debutta con una libera e radicale rivisitazione del Don Chisciotte di Cervantes, trasformando quello che poteva essere un adattamento letterario in una riflessione quasi estatica sul senso stesso della cavalleria e sul rapporto tra immaginario e realtà. Invece di seguire fedelmente le avventure cavalleresche, Serra sceglie di concentrarsi sulla quotidianità lenta e apparentemente insignificante di Don Chisciotte e Sancho Panza, interpretati da attori non professionisti che con i loro silenzi, i gesti minimi e le conversazioni sospese restituiscono una dimensione intima e fragile ai due iconici personaggi. Il film è quasi interamente girato in spazi naturali, con un uso della luce che richiama la pittura e un ritmo narrativo che invita lo spettatore a una visione contemplativa, lontana dal cinema tradizionale. Serra demolisce ogni aspettativa di spettacolarità e costruisce un’esperienza immersiva fatta di attese, sguardi e tempi morti, dove la nobiltà cavalleresca diventa una malinconica illusione. Honor de cavalleria inaugura così il suo stile inconfondibile: un cinema radicale, lento, poetico e in netto contrasto con i codici commerciali, che non vuole raccontare una storia ma evocare uno stato d’animo. È un film che può spiazzare, ma che ha imposto Serra come autore di culto nei festival internazionali, un cineasta che aveva già deciso di stare ai margini per poter guardare il mondo da una prospettiva nuova.

2. El cant dels ocells (2008)

In El cant dels ocells, Serra affronta un tema universale come la Natività e l’adorazione dei Magi, ma lo fa attraverso uno sguardo completamente spoglio di retorica e spettacolo, scegliendo ancora una volta attori non professionisti e un approccio basato sulla contemplazione e sulla dilatazione temporale. La vicenda biblica diventa occasione per indagare il senso del viaggio, del cammino interiore e della ricerca di un destino, con i Re Magi che attraversano paesaggi spogli e silenziosi che assumono quasi un valore metafisico. La lentezza estrema della narrazione, le riprese che sembrano rubare la realtà in presa diretta e la scelta di sottrarre ogni orpello visivo o musicale collocano il film in una dimensione fuori dal tempo. Serra invita lo spettatore a guardare non tanto l’evento della nascita di Cristo, quanto il senso stesso dell’attesa, dell’erranza, della spiritualità quotidiana che nasce dal contatto con la natura. Il film diventa così una meditazione visiva che trasforma il sacro in esperienza concreta, fatta di corpi stanchi, volti scavati e cammini interminabili. La fotografia naturale, con le sue luci crepuscolari e i contrasti netti, amplifica la sensazione di trovarsi di fronte a un racconto antico raccontato come se fosse presente. El cant dels ocells conferma Serra come regista capace di coniugare il minimalismo più radicale con una straordinaria forza poetica, rendendo ogni immagine una tela da osservare lentamente, fino a lasciarsi avvolgere dalla sua enigmatica bellezza.

3. Història de la meva mort (2013) tra i film migliori di Albert Serra

Albert Serra - Cinematographe.it

Con Història de la meva mort, Serra vince il Pardo d’oro a Locarno e si afferma come uno degli autori più innovativi e discussi della scena europea. Il film mette in scena l’incontro immaginario tra Giacomo Casanova e Dracula, due figure simboliche che incarnano rispettivamente la ragione illuminista e le forze oscure del romanticismo, in una parabola sul passaggio di un’epoca all’altra. Girato con la consueta lentezza e con attori che recitano in maniera quasi scultorea, il film alterna dialoghi filosofici a silenzi sospesi, costruendo un’atmosfera ipnotica che mette a confronto eros e thanatos, luce e tenebra, razionalità e pulsione. Serra utilizza la nudità dei corpi, la materialità della natura, la crudezza dei gesti quotidiani per smontare ogni immagine idealizzata, mostrando invece l’umanità fragile e decadente dei suoi personaggi. Ogni scena è concepita come un quadro pittorico, con un’attenzione estrema alla luce naturale e ai dettagli, che rendono il film una sorta di affresco vivente. La storia non procede secondo una trama lineare, ma come un flusso di sensazioni, pensieri e simboli che si sovrappongono. Història de la meva mort è un’opera difficile, ma affascinante, che riflette sul tramonto della modernità e sull’inevitabile ritorno del buio e dell’irrazionale.

4. La Mort de Louis XIV (2016)

La Mort de Louis XIV rappresenta una svolta nel percorso di Serra, sia per l’ingaggio di un attore professionista e leggendario come Jean-Pierre Léaud, sia per la scelta di raccontare la lenta agonia del Re Sole in un film che diventa al tempo stesso ritratto storico e riflessione universale sulla morte. Ambientato quasi interamente nella camera da letto reale, il film osserva con pazienza estrema gli ultimi giorni di Luigi XIV, trasformando ogni gesto, ogni respiro affannoso, ogni sguardo nel segno tangibile del declino. Serra filma la decadenza fisica con un rigore spietato ma mai privo di compassione, mostrando come anche il potere assoluto si arrenda alla fragilità del corpo. L’interpretazione di Léaud, icona della Nouvelle Vague, aggiunge un ulteriore livello di significato: l’attore stesso diventa simbolo del tempo che passa, della storia del cinema che si intreccia con quella rappresentata sullo schermo. Ogni inquadratura è costruita con un’attenzione maniacale alla composizione pittorica, alla luce delle candele, ai colori saturi che evocano i dipinti dell’epoca. Serra rinuncia a ogni dinamismo narrativo per concentrarsi sullo scorrere del tempo, trasformando la camera del re in una sorta di teatro della morte, dove lo spettatore è chiamato a confrontarsi con l’inevitabile. La Mort de Louis XIV non è solo un film storico, ma un’esperienza meditativa che mette in scena la fragilità dell’esistenza, il peso del potere e l’inesorabile arrivo della fine.

5. Pacifiction – Un mondo sommerso (2022)

Albert Serra - Cinematographe.it

Con Pacifiction – Un mondo sommerso, Serra raggiunge uno dei punti più alti e maturi della sua carriera, realizzando un’opera che fonde la sua poetica contemplativa con una sorprendente attenzione alla dimensione politica e contemporanea. Ambientato a Tahiti, il film segue le vicende dell’Alto Commissario De Roller, interpretato magistralmente da Benoît Magimel, un uomo che si muove tra ambiguità, potere e paranoia, mentre intorno a lui si diffondono voci sul possibile ritorno dei test nucleari francesi. Serra trasforma la cornice paradisiaca in un luogo inquietante, dove il mare e la natura diventano specchio di tensioni invisibili e dove ogni gesto politico si confonde con rituali e atmosfere quasi oniriche. Il film è lungo, ipnotico, costruito su dialoghi apparentemente banali che nascondono un sottofondo di sospetto e corruzione, e su immagini che evocano una bellezza perturbante. Magimel regala una delle migliori interpretazioni della sua carriera, incarnando un personaggio che oscilla tra il cinismo e la vulnerabilità, tra l’arroganza del potere e il senso di impotenza di fronte a forze più grandi. Pacifiction è un film che parla del nostro tempo, della crisi ecologica, della violenza coloniale mai del tutto superata, ma lo fa attraverso il linguaggio unico di Serra: tempi dilatati, immagini pittoriche, atmosfere sospese che trasformano la realtà in sogno e incubo al tempo stesso. Acclamato a Cannes e in tutto il mondo, il film rappresenta la definitiva consacrazione internazionale di Albert Serra, dimostrando che il suo cinema radicale può dialogare anche con la dimensione politica senza perdere la sua forza poetica e visionaria.