Edward Norton: 10 film da vedere

Da American History X a Birdman, passando per lo sfogo davanti allo specchio de La 25°ora ai combattimenti di Fight Club: 10 film che hanno reso grande Edward Norton.

Edward Norton è uno degli attori più amati, talentuosi e iconici della sua generazione. Nato il 18 agosto 1969 a Boston, vanta tre nomination agli Oscar, ma sulla sua bacheca manca ancora quell’agognata statuetta.
Fin dagli esordi Edward Norton ha dimostrato di essere un interprete eclettico e a suo agio con ruoli stratificati e complessi, ai quali è stato capace di dare grande intensità senza dover ricorrere ad un eccessivo istrionismo. La complessità interiore di molti suoi personaggi è stata anzi resa con una naturalezza dall’intensità quasi disarmante favorita dall’aspetto comune e “pulito” del volto dell’attore, che non presenta caratteristiche che saltano all’occhio e segni particolari. Se dovessimo trovare, soprattutto per quanto riguarda la prima parte della sua carriera, un personaggio ricorrente, potremmo infatti indicare l’uomo comune in qualche modo smarrito o in crisi che viene costretto a scelte e comportamenti eccessivi ed estremizzati, come una reazione al disfacimento del suo “way of life” e allo smarrimento di valori, speranze e orizzonti consolidati. Lo si vede, in maniera ogni volta diversa, in particolare in tre dei suoi film più famosi: American History X, The fight club e la 25°ora.

Negli ultimi anni Norton, attivo nel frattempo anche come produttore e filantropo, ha diradato i ruoli di protagonista assoluto, partecipando perlopiù a film corali diretti da grandi registi o apparendo come comprimario di lusso. Rimangono ad ogni modo ruoli importanti, spesso anche decisivi, che hanno pure permesso al divo di variare maggiormente, per esempio esaltando nei film di Wes Anderson le sue corde più comiche e ironiche.

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Edward Norton e gli inizi della sua carriera: American History X di Tony Kaye

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Edward Norton entrò a gamba tesa nel mondo del cinema ottenendo subito nel 1995 una nomination all’Oscar con il suo film d’esordio, Schegge di paura di Gregory Hoblit, dove interpreta un diciannovenne balbuziente e con problemi alla memoria accusato di omicidio. Il successo arriva però nel 1998 con il suo primo vero ruolo da protagonista, immediatamente diventato iconico e indimenticabile. Stiamo parlando del neonazista Derek Vinyard, protagonista di American history X di Tony Kaye. Norton interpreta la parabola di un giovane smarrito della working class statunitense attratto dalle sirene del neonazismo. La forza irrazionale, furiosa e quasi ipnotica delle convinzioni, il dramma del carcere e del ripensamento e le drammatiche difficoltà nel redimersi e nel salvare il fratello dal seguire il suo esempio sono le tappe di questa via crucis emblematica, simbolo di un disagio giovanile che facilmente si trasforma in rabbia e campanello d’allarme sulla crescita dell’estrema destra e della sua capacità d’attrazione. Norton è perfetto nell’incarnare tutto questo e nel delineare il difficile percorso del personaggio. La sua è un’interpretazione potente tanto nel trasmettere la furia e la follia, quanto nel dipingere la sofferenza e il rimorso. Per esempio, non possono che rimanere impressi nella memoria e in un’ipotetica antologia dell’attore nel cinema contemporaneo i suoi occhi spiritati al momento dell’arresto.

Edward Norton e la consacrazione: Fight Club di David Fincher

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Un anno dopo Norton si affida a David Fincher per ottenere la definitiva consacrazione. Questa arriva con il ruolo dello yuppies depresso e frustrato che sfoga l’infelicità e l’insoddisfazione nei violenti combattimenti clandestini di Fight Club, reazione estrema ad un “American Way of Life” ormai insostenibile e allo stesso tempo perversa estremizzazione dei suoi valori di competitività assoluta. La regia furiosa e barocca di Fincher suona Edward Norton e Brad Pitt come fossero strumenti in un session di free jazz, richiedendo ai due attori una sorta di tour de force. Norton risponde e reagisce meglio del pur bravo collega, e la sua intensa interpretazione diventa uno dei punti di forza del film. Del resto, anche fisicamente il nostro è perfetto per il ruolo di persona comune in crisi che reagisce in maniera estrema e disperata. Il suo volto quasi da “uomo qualunque” dà quindi quel tocco in più a questa parabola simbolica e ricca di metafore e chiavi di lettura, confermando Norton come testimone e “corpo” ideale di una società in crisi e smarrita, sull’orlo di una crisi di nervi.

Edward Norton e l’esperienza da regista: Tentazioni d’amore

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Edward Norton ha sperimentato anche l’altro lato della cinepresa dirigendo nel 1999 Tentazioni d’amore, lieve commedia romantica che mette in scena un triangolo amoroso che investe e mette alla prova una radicata amicizia virile. Particolarità di questa amicizia è che coinvolge un prete (interpretato dallo stesso Norton) e un rabbino (Ben Stiller). La commedia diventa quindi anche un’occasione per ironizzare, pur senza mai diventare davvero i “cattiva”, sulle credenze religiose e su come queste possano resistere alle prove della vita, qui rappresentate dall’uragano causato dal ritorno in città della loro amica d’infanzia Anna (Jenna Elfman). Tentazioni d’amore è una commedia leggera che guarda un po’ a Woody Allen e un po’ alla tradizione classica della commedia romantica. Diverte ed emoziona senza eccellere particolarmente, ma anche evitando le banalità e, in fin dei conti, funzionando. Edward Norton dimostra quindi di essere a suo agio anche in cabina di regia, dove purtroppo non tornerà più.

Edward Norton e i mostri sacri: The Score di Frank Oz

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Che Edward Norton fosse a cavallo dei due decenni assolutamente sulla cresta dell’onda e fosse l’attore simbolo della sua generazione e del cinema statunitense contemporaneo viene confermato anche dalla sua presenza nel cast dell’action/thriller The Score di Frank Oz. Non tanto per il valore dell’adrenalinico e divertente film, quanto perché Norton è uno dei tre lati di un triangolo composto nientepopodimeno che da Marlon Brando e da Robert De Niro. Due monumenti assoluti simbolo delle loro epoche – cinematografiche e storiche – e, più in generale, tra i più importanti alfieri del mestiere dell’attore. Significativa quindi la scelta di Edward Norton, il quale non sfigura davanti ai due mostri sacri, dimostrando di meritare tutta questa considerazione e la presenza, quasi un’investitura “simbolica”, nel cast del film.

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Edward Norton e Hannibal Lecter: Red Dragon di Brett Ratner

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Edward Norton con Red Dragon di Brett Ratner prende parte anche a una delle epopee di maggiore successo del cinema statunitense degli ultimi venticinque anni: quella inaugurata nel 1991 dal successo de Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme e dedicata al serial killer Hannibal Lecter e ai malcapitati investigatori che entrano in suo contatto. Norton, con il look inedito dei capelli biondi,  interpreta l’agente dell’FBI Will Graham, colui che catturò il raffinato serial killer appassionato di carne umana e che a seguito della cattura rimase traumatizzato e sconvolto; fino al momento in cui viene obbligato a tornare in pista. Il film è, in realtà, il remake di Manhunter – Frammenti di un omicidio (1986) di Michael Mann, prima e mai abbastanza citata apparizione di Lecter sul grande schermo. Red Dragon è lontano dai risultati dei suoi predecessori e trova nelle prove degli interpreti i suoi aspetti più interessanti. Norton gioca alla pari il duello con Ralph Fiennes e Anthony Hopkins e convince pur andando, come si dice in gergo, “di mestiere”. Quindi, non una delle sue interpretazioni più memorabili, ma ad ogni modo significativa del suo talento proprio perché il divo riesce a convincere e a spiccare pur andando un po’ con il pilota automatico.

Edward Norton e la crisi: La 25° ora di Spike Lee

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Edward Norton torna a incarnare in qualche modo la crisi e lo smarrimento nel capolavoro di Spike Lee La 25° ora. Il personaggio del pusher che attende la carcerazione e fa i conti con la sua vita è infatti il simbolo di due crisi, che si rispecchiano e si alimentano a vicenda: c’è quella privata di un’esistenza che crolla e delle seconde possibilità che svaniscono rimanendo utopie e c’è quella collettiva e pubblica di una nazione piegata e traumatizzata dallo shock dell’11 settembre. Il film di Spike Lee – il primo a rappresentare le macerie di Ground Zero – fotografa con amarezza, cupezza e lucidità un momento storico della nazione in cui ogni punto di riferimento pare scomparso, ogni certezza crollata e in cui pare necessaria e inevitabile la dolorosissima presa di coscienza e di “autoanalisi”. Norton incarna tutto questo vivendo fin nel midollo un personaggio emblematico, tormentato e ambiguo e regalando quella che è forse la sua interpretazione più sofferta, stratificata e complessa, ancora senza eccedere in istrionismo ma con un’asciuttezza che trasmette tutta la forza di una condizione dolente. Semplicemente straordinario e memorabile, non solo grazie alla giustamente celebre e significativa sequenza dello sfogo davanti allo specchio.

Edward Norton mattatore: L’illusionista di Neil Burger

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La bravura dei grandi attori non emerge esclusivamente nei loro film migliori e più riusciti, dove la loro interpretazione è come un ingrediente sì decisivo, ma che convive e si sposa con altri ugualmente fondamentali e gustosi. Altrettanto significativo è quando il talento emerge in certi film medi e dimenticabili dove tutto però è sulle spalle dell’interprete, il quale dimostra di saper essere l’ancora di salvataggio e l’unico vero elemento d’interesse. Nella carriera di Edward Norton questo è il caso, per esempio, de L’illusionista (2006) di Neil Burger, film su maghi, magie, complotti e macchinazioni realizzato un po’ sulla falsariga di The Prestige di Christopher Nolan. The Illusionist non è da buttar via, nonostante il paragone con il film di Nolan sia abbastanza impietoso. Norton è però gigantesco e si mangia, salvandolo dall’oblio, il film. L’attore interpreta il mefistofelico illusionista Eduan Abramovitz in arte Eisenheim, il quale, nell’Austria di fine XIX secolo, è costretto a organizzare un machiavellico complotto basato sulla magia per difendere il suo amore con la duchessa Sophie dalla ragion di stato e dalle differenze di classe. Una costruziona narrativa a scatole cinesi, un’eleganza stilistica esemplificata dalla raffinata fotografia di Dick Pope, Paul Giamatti buon comprimario e poco altro, se non appunto Edward Norton al massimo della forma e nel periodo di maggior successo della sua carriera; gigantesco anche in un film complessivamente non più che discreto.

Edward Norton e i supereroi: L’incredibile Hulk di Louis Leterrier

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Nel cinema contemporaneo un peso sempre maggiore e una sempre maggiore profondità rispetto al passato stanno assumendo i cosiddetti “cinecomic”. Sono sempre più frequenti i grandi attori e le grandi attrici che compaiono in un film della Marvel o della DC. Edward Norton quasi anticipò questa tendenza nel 2006 interpretando l’incredibile Hulk nel film diretto da Louis Leterrier, collaborando anche alla sceneggiatura. Sintomo quest’ultimo di quanto il divo tenesse all’operazione. Operazione che si rivelò un po’ sfortunata e che, purtroppo, non ebbe i risultati sperati, in particolare per quanto riguarda il successo di pubblico e per il fatto che il film sia rimasto un po’ nel dimenticatoio. Probabilmente, ebbe la sfortuna di uscire prima che iniziasse la stagione del Marvel Cinematic Universe. Specificato ciò, rimane, se letta nel complesso della filmografia del divo, comunque significativa la scelta di Hulk; un supereroe tormentato e scisso, vittima impotente di una crisi, che, volendo, può ricordare i personaggi smarriti e costretti ad una qualche forma di follia, distaccamento dalla realtà e ribellione che hanno reso Edward Norton celebre e iconico.

Edward Norton e la buffoneria: Moonrise Kingdom di Wes Anderson

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Negli ultimi anni Edward Norton ha diminuito i ruoli da protagonista assoluto comparendo spesso in film corali o interpretando decisivi e importanti comprimari. Non per questo però il suo talento è svanito. Lo dimostra per esempio Moonrise Kingdom di Wes Anderson, dove l’attore interpreta il capo scout che, insieme ad altri, si mette d’impegno nel combattere la fuga dei due adolescenti protagonisti. In un cast all-star che unisce attori feticcio del regista e new entry nel suo mondo (il nostro è tra questi) Norton è tra gli interpreti che maggiormente spiccano e convincono. Il suo è un capo scout bonaccione, ingenuo, non particolarmente brillante, dogmatico fino all’ottusità e inconsapevolmente reazionario, incapace di capire la sostanza delle cose e l’effettiva bontà di scelte e azioni. Una macchietta ironica tra le più incisive e divertenti del film, con la quale Norton dimostra di saper maneggiare anche la comicità e la buffoneria. Non eccede nel macchiettismo e sa trasmettere le sfumature di un personaggio beffardo e, come capita nel miglior Wes Anderson, più complesso di quanto appaia a prima vista, entrando nel mondo del regista e nelle sue regole senza perdere personalità.

Norton continuerà il sodalizio con Anderson in Gran Budapest Hotel, dove interpreterà un personaggio sotto molti aspetti simile, e dando voce a Rex, uno dei cani protagonisti de L’isola dei cani.

Edward Norton comprimario decisivo: Birdman di Inarritu

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Il più celebre e incisivo ruolo da comprimario decisivo interpretato dal nostro negli ultimi anni è quello di Mile Shiner in Birdman di Alejandro Gonzalez Inarritu. Nel film che sbancò gli Oscar nel 2015 Norton, che ottenne la sua terza nomination rimanendo ancora a secco, interpreta Mike Shiner, un attore borioso, infido, arrogante e allo stesso tempo evidentemente nevrotico che agisce esclusivamente seguendo i suoi interessi. È uno degli elementi che contribuisce maggiormente a far esplodere la follia latente del protagonista interpretato da Michael Keaton, quasi ponendosi come suo contraltare. Norton è perfetto nel delineare un personaggio che, come il film nel complesso, cammina sul filo della satira e dell’ironia senza davvero essere fino in fondo né satirico né ironico, mischiando ridicolo e tragico. Norton conferma ed esalta l’ormai proverbiale naturalezza con la quale rende la complessità di personaggi stratificati regalando quella che è probabilmente la sua migliore interpretazione nell’ultimo decennio.