Eden: il film del 2012 è una storia vera?

È stato detto che il film Eden è tratto da una storia vera, quella di Chong Kim. Ma siamo proprio sicuri che la Kim abbia detto tutta la verità?

Eden è un film del 2012 che racconta la storia vera di una ragazza adolescente rapita dalla sua città natale, il New Mexico, e portata in un magazzino fuori Las Vegas, dove viene costretta a prostituirsi dall’americano Marshall. Lei e le ragazze a cui è toccata la stessa sorte vivono in condizioni precarie e sono continuamente punite: costrette a continui test di gravidanza, sottoposte a misteriose iniezioni, con i polsi attaccati alle caviglie. Le ragazzine devono essere pronte per i loro uomini, di qualsiasi estrazione sociale, età e condizione economica.

Eden, il titolo del film del 2012, è anche il nome assegnato alla ragazza protagonista che viene imprigionata, picchiata, violentata, scossa e sottoposta a ogni tipo di tortura.

Così come viene citato anche nel film, la storia di Eden prende spunto dalla vita di una donna esistita realmenteChong Kim. La ragazza è abbastanza famosa perché, dopo essere stata salvata dalla tratta di esseri umani, ha deciso di non rimanere in silenzio, ma ha voluto esorcizzare il suo dolore parlando della sua esperienza, informando e mettendo in guardia chi continua a tenere gli occhi chiusi di fronte a tali disgustosi eventi.

eden film

Ma chi è Chong Kim (la Eden del film) e qual è la sua storia?

Due anni prima della produzione del film, Kim contattò James Barnes (fondatore dell’organizzazione no profit Breaking Out la cui missione è scovare e debellare la tratta di essere umani) per offrire aiuto e raccogliere fondi per l’associazione. La ragazza, ancora scottata per l’adolescenza rubata, ha voluto offrire il suo aiuto, ponendosi in prima linea e facendo tutto il possibile affinché ragazze come lei non subissero le sue stesse atrocità.

Barnes ricorda che Kim parlava di libri e film in cui era coinvolta e che avrebbe raccolto i soldi sufficienti per la sua causa. “Era un’eroina” disse il fondatore dell’associazione, “perché io salvo le persone, ma non so cosa loro abbiano passato, lei invece lo sa”.

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Molto presto, però, tutte le storie su Kim e le sue torture iniziavano a perdere di consistenza. Kim, infatti, iniziava a chiedere a Barnes e alla sua fondazione soldi per viaggiare, con la promessa che avrebbe pubblicizzato Breaking Out durante i suoi viaggi. All’inizio per Barnes andava bene, perché Kim era un po’ la portabandiera dell’associazione e i suoi viaggi avrebbero permesso a quest’ultima di essere conosciuta. Poi il fondatore iniziò a vedere Kim sempre più strana, così come la sua storia: “la storia cambiava ogni volta che parlavamo” ricorda l’uomo, “le cose iniziavano a non avere senso”.

Il 4 Giugno del 2014, quattro anni dopo l’inizio della loro corrispondenza, Barnes ha sorpreso il mondo intero, annunciando qualcosa di sconvolgente sulla pagina Facebook di Breaking Out. Ecco cosa scrisse:

“A tutti i nostri leali seguaci, vogliamo purtroppo informare tutti i risultati di un’indagine durata un anno ed eseguita dalla nostra comunità investigativa. Chong Kim, che ha affermato di essere una sopravvissuta al traffico di essere umani non è la persona che afferma di essere. Dopo un’intensa ricerca sulla sua storia, sulle persone, sui luoghi, così come le interviste ai produttori, editori e persone provenienti dalle organizzazioni, non abbiamo riscontrato alcuna verità della sua storia.

Infatti, abbiamo trovato molte frodi (come i soldi sottratti all’associazione per i presunti viaggi), menzogne e il modo meschino di fare soldi, mentendo su un problema per cui tante persone soffrono. Siamo pronti ad attuare un’azione legale contro Ching Kim.”

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A seguito di una lettera minatoria da parte dell’avvocato di Kim, Barnes eliminò il post precedentemente riportato. Intanto i giornalisti iniziarono a chiamare il fondatore di Breking Out, mentre la sua richiesta di azione legale veniva rimandata continuamente. A quattro mesi di distanza dal post provocatorio, non era stata ancora proposta alcuna azione legale contro nessuno.

Alla notizia di frode reagì anche la regista del film Eden, Megan Griffiths che twittò sul suo account personale: “Sono appena venuta a conoscenza della notizia e sono sotto shock. Sono profondamente preoccupata”.

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Dal tweet della regista pare che lei non sapesse nulla delle menzogne di Kim durante la produzione del film. Dato che nessuno di quelli coinvolti nel film vollero rilasciare interviste, non si può dire chi e quanti sapessero la verità su Kim o sulla sua storia. Molti però iniziarono ad attaccare non solo le menzogne di Kim, ma anche il film della Griffiths, in quanto basato su una storia puramente fasulla.

A suscitare dubbi sulla produzione del film sono anche le poche notizie trapelate durante la pre-produzione e le riprese di Eden. Sappiamo che Kim, che diceva di essere nata nel 1975 e di aver vissuto in Texas, scrisse dei memoriali, mostrandoli allo sceneggiatore Richard B. Phillips. Egli ha poi mostrato lo script alla Griffiths per creare un film denuncia. “Sapevo fosse una storia incredibile” disse la regista “dalla prima volta che ho letto lo script. Ho sentito come se stessi vedendo già il film mentre leggevo”.

Nonostante le menzogne di Kim, Eden resta comunque un film d’effetto che racconta di una realtà cruda e molto spesso ignorata. Non importa se dietro c’è una storia infamante e una produzione speculativa, messa in atto solo per monetizzare. È invece importante trarre del buono da azioni cattive e meschine: con questo film si denuncia la schiavizzazione di donne per sesso, si proteggono – in un certo qual modo – delle ragazzine da atroci gesti di uomini assetati e vogliosi di perversioni.

Grazie a Eden, il film del 2012 distribuito in Italia col titolo Urla silenziose, la popolazione è un po’ più sensibile a questo tipo di eventi così vicini a noi.

Menzogne o no, Eden è un film che va visto e rivisto e che senza dubbio ci aiuta a riflettere su due cose: la violenza fisica compiuta su esseri umani innocenti e l’abuso e la mancanza di rispetto nei loro confronti da parte di persone che lucrano senza nessuno scrupolo sul dolore altrui.