Detroit: la storia vera che ha ispirato il film di Kathryn Bigelow

Kathryn Bigelow torna a raccontare una drammatica storia realmente accaduta fatta di ingiustizia e crudeltà che risulta attuale come non mai. Tra brutalità e polemica, Detroit permette di rivivere quella terribile notte del 25 Luglio 1967 presso l’Algiers Motel concedendo una panoramica generale anche a una delle rivolte più cruente della storia americana. Scopriamo la storia vera che ha ispirato il film Detroit.

Dopo gli applausi e i premi ricevuti da parte della critica di tutto il mondo per i precedenti The Hurt Locker e Zero Dark Thirty, la regista Kathryn Bigelow, finora unica donna ad aver vinto la preziosa statuetta per la regia, sceglie ancora una volta di raccontare una storia amara e fortemente dolorosa, densa di ingiustizie e soprusi che ancora oggi smuovono gli animi delle persone. Tornando a fare coppia con lo sceneggiatore Mark Boal, con il quale aveva già collaborato nei due precedenti titoli, la Bigelow realizza un film estremamente crudo e straordinariamente veritiero che ricostruisce minuziosamente, quasi minuto per minuto, la tragedia avvenuta all’Algiers Motel durante gli scontri di Detroit del 1967, che terminò con un bilancio di 43 morti, 1.189 feriti, oltre 7.200 arresti e più di 2.000 edifici distrutti.

Attraverso il racconto di una pagina di storia sanguinosa e impossibile da dimenticare, e accompagnata al suo classico stile irrequieto e instabile, Detroit mostra in maniera schietta e brutale quanto avvenuto in quel terribile massacro, distendendo i tempi della narrazione tanto da far vivere allo spettatore l’ansia provata dai suoi protagonisti, la terribile pressione psicologica e l’interminabile tortura subita.

Detroit è un richiamo alla lotta contro il razzismo, per i diritti civili di tutti e una condanna ai soprusi operati da polizia e stato, ma rappresenta anche un’occasione unica per non dimenticare come la disparità di classe, di razza, di sesso e di autorità fosse vera a quei tempi e come lo sia ancora di più ai giorni nostri. Il film ricostruisce pedissequamente quanto accaduto con una attenzione certosina tanto che, per una volta, gli eventi reali superano gli artefici narrativi, per mettere in luce la verità dietro la finzione e riesumare un fatto che potrebbe essere accaduto l’altro ieri anziché cinquant’anni fa. Dopo aver dato una panoramica generale alla rivolta avvenuta a Detroit e ai preamboli che hanno portato alla sommossa, la pellicola si focalizza sul cosiddetto incidente all’Algiers Motel, in cui persero la vita tre ragazzi afroamericani. Se volete scoprire qualche dettaglio in più della vicenda, non vi resta che leggere i paragrafi seguenti.

Detroit, Cinematographe.it

Detroit: i preamboli della rivolta

Tra il 23 e il 27 luglio del 1967, le strade della città del Michigan diventarono testimoni di una delle più cruente e irrefrenabili sommosse della storia americana, in cui polizia e civili si diedero battaglia e durante la quale ebbe luogo un massacro che ancora oggi viene ricordato con rabbia e sgomento dai familiari delle sventurate vittime. Tutto ebbe inizio alle 03:45 del 23 luglio 1967, quando la polizia decise di fare irruzione in un club senza licenza per gli alcolici nell’ufficio della United Community League for Civic Action. All’interno, 82 afroamericani stavano festeggiando in grande stile il ritorno di due loro compagni appena tornati dalla guerra del Vietnam, tra musica a tutto volume, balli sfrenati e una grande quantità di alcol.

Sfruttando la situazione per esercitare la loro autorità, le forze dell’ordine decisero di arrestare tutti i presenti, provocando la furia dei vicini e dei passanti, sconcertati alla vista del trattamento che veniva riversato ai loro coetanei, ormai pronti ad essere portati alla centrale di polizia senza alcuna reale motivazione. In pochi minuti, una rivolta prese piede alimentata da collera, sdegno e risentimento verso una così chiara violazione dei propri diritti, con le persone che iniziarono a scagliare bottiglie, pietre e qualsiasi cosa a loro portata di mano alle auto dei poliziotti. Subito dopo, la folla inferocita assaltò un negozio di abiti adiacente al club per poi continuare con tutti gli altri locali circostanti in preda ormai a un delirio collettivo.

Al principio, la polizia era convinta che la situazione si sarebbe risolta frettolosamente e rimase ferma a guardare mentre la gente distruggeva vetrine e botteghe; solo dopo le forze dell’ordine si resero conto che la sommossa non era destinata ad assopirsi e, trovandosi in un numero totalmente inadeguato per fronteggiare il crescente numero di cittadini coinvolti, decisero di chiedere aiuto.

Il mattino seguente, essi allertarono quindi la polizia di stato, gli sceriffi della Contea di Wayne e la Guardia Nazionale del Michigan ma ci vollero diverse ore prima che si riunissero abbastanza uomini per cominciare a contrastare la rivolta. Dopo l’assalto ai negozi, la folla iniziò nel pomeriggio ad appiccare degli incendi tra le strade, facendo divampare diversi focolai uno di seguito all’altro senza concedere ai pompieri il tempo necessario di spegnerli. La rivolta si era ormai diffusa in molte zone della città e nessun luogo era più sicuro e fu così che cominciarono i soprusi da parte della polizia, che non distingueva i semplici curiosi scesi in strada a osservare la situazione, i cittadini che si erano trovati in quelle strade senza volerlo e i veri violenti che stavano aizzando la sommossa.

Detroit, Cinematographe.it

L’incidente all’Algiers Motel

In questo clima violento e impazzito costituito da terrore e paranoia, tra la notte del 25 e del 26 Luglio ebbe luogo l’incidente all’Algiers Motel di Detroit in cui persero la vita tre ragazzi afroamericani per mano di alcuni poliziotti bianchi. A quei tempi il 97% della polizia era composta da uomini bianchi, la metà dei quali era nota per i loro pregiudizi razziali e le loro idee segregazioniste. Considerati questi presupposti, è difficile stupirsi degli orrori che sono avvenuti in quei giorni e ancor meno della tragedia che ha preso piede all’Algiers Motel, gestito da Sam Gant e McUrant Pye e conosciuto dalla polizia per essere un luogo di ritrovo per chi era alla ricerca di droghe e di prostitute. Nel retro dell’ostello, si trovava un edificio facente parte del complesso, anch’esso utilizzato dai clienti del motel e noto come Manor House o Annex.

Subito dopo l’inizio della rivolta, il gruppo musicale dei Dramatics, composto da cinque giovanissimi ragazzi afroamericani, fece il check-in presso il motel per rifugiarsi dagli scontri e riposarsi dal concerto che avevano appena tenuto. Tre membri della band, Ron Banks, Larry Demps e Michael Calhoun lasciarono l’ostello la mattina del 25 Luglio mentre Roderick Davis, Larry Reed e l’assistente del gruppo Fred Temple rimasero al motel. Quello stesso pomeriggio, insieme a questi giovani anche altre persone, quasi tutte di colore, cercarono protezione presso l’edificio annesso all’albergo, tra cui il diciassettenne Carl Cooper, il ventenne Lee Forsythe, il ventunenne Micheal Clark, le diciottenni bianche Julie Ann Hysell e Karen Malloy, il diciannovenne Aubrey Pollard e il veterano di guerra Karl Greene.

Nel corso della notte, la polizia e la guardia nazionale di Detroit stavano proteggendo un edificio a un blocco di distanza dall’Algiers Motel mentre la guardia di sicurezza Melvin Dismukes era intenta a sorvegliare un negozio dall’altra parte della strada. Dopo mezzanotte, si sentirono dei colpi di arma da fuoco e il guardiano Ted Thomas riferì che c’erano stati degli spari presso l’Algiers Motel. Dopo aver ricevuto l’ordine di indagare, le squadre di sorveglianza, inclusa la guardia Melvin, entrarono nell’Algiers Motel e presero d’assalto i tre ingressi, impedendo alle persone di uscire. Secondo la testimonianza, Cooper, Clark e Forsythe e le due ragazze stavano ascoltando musica in una stanza al terzo piano della dependance. Cooper tirò fuori una pistola di avviamento e sparò diversi proiettili in aria, attirando il fuoco di ritorno dalle varie autorità esterne. Tutto quindi era partito come un gioco ma in breve tempo la situazione ha degenerato trasformandosi in tragedia. Cooper fu la prima vittima del massacro e, secondo quanto riportato, sarebbe stato ucciso dalle forze dell’ordine quando questi sono entrati nell’edificio, scambiandolo erroneamente per un rivoltoso armato.

Detroit, Cinematographe.it

Il film Detroit ricostruisce minuto per minuto la tragedia avvenuta in quella notte

Successivamente, i restanti occupanti del motel furono radunati nel corridoio del primo piano e allineati con la faccia contro il muro. I vari ufficiali di polizia colpirono ripetutamente ciascuno di loro minacciando di ucciderli, pur di ottenere le informazioni su chi possedeva la pistola e aveva osato sparare dal motel. Le due ragazze vennero entrambe spogliate con la forza e umiliate con epiteti volgari e mortificanti per costringerle a confessare ciò che sapevano. In seguito, un poliziotto portò uno dei giovani in una stanza e sparò un colpo contro il muro, per far credere agli altri prigionieri che fosse morto. L’agente intimò al ragazzo di rimanere fermo e zitto all’interno della camera, dicendogli che altrimenti sarebbe stato ucciso per davvero. Dopo essere tornato nel corridoio ad annunciare la morte del ragazzo, il poliziotto suggerì agli altri di seguire la stessa tattica così da creare paura e sgomento nei restanti membri del gruppo e convincerli a parlare. Subito dopo, il guardiano Ted Thomas condusse un altro occupante del motel in una stanza e sparò un colpo al soffitto, mentre Aubrey Pollard fu portato in una camera dall’agente Ronald August che, al contrario, lo uccise sparandogli per davvero. A quel punto, i ragazzi rimasti decisero di confessare che era stato Cooper a sparare un colpo per scherzo, utilizzando la pistola di avviamento che possedeva.

Il suono degli spari allertò il vicinato e così i poliziotti, dentro e fuori l’edificio, iniziarono ad andarsene. Gli ultimi due agenti a lasciare il luogo del massacro liberarono gli ostaggi, dicendo che se avesse riferito a qualcuno dell’episodio avvenuto li avrebbero trovati e uccisi. Secondo quanto ipotizzato, proprio per essersi rifiutato di tacere ed andarsene via, Fred Temple divenne l’ultima vittima della strage, ucciso dall’ufficiale Robert Paille, che in seguito testimoniò come si trattasse di un omicidio per legittima difesa dato che il ragazzo aveva cercato di prendergli la pistola. Tornati alla stazione di polizia, gli agenti non riportarono le morti dei giovani, venendo meno al protocollo, bensì i corpi furono trovati la mattina successiva dalla guardia di sicurezza Charles Hendrix.

Una strage che non ha trovato giustizia nemmeno in tribunale

Con la scoperta dei cadaveri, furono aperte le indagini da parte della polizia e, solamente cinque giorni dopo l’incidente, Karl Greene riportò quanto accaduto al giornale Detroit Free Press che aveva documentato da vicino l’intera sommossa. La guardia di sicurezza Melvin Dismukes, anche lui afroamericano, fu il primo ad essere accusato per l’accaduto nonostante non avesse partecipato ma anzi avesse cercato di mantenere la calma dei presenti durante la tragedia. Fu accusato di aver assalito Lee Forsythe e Michael Clark nel corridoio del primo piano della dependance ma, successivamente, fu liberato su cauzione di 1.500 dollari. Gli agenti di polizia David Senak, Ronald August e Robert Paille confessarono di aver preso parte alle uccisioni di Pollard e Temple e furono accusati di omicidio. Durante il processo, durato più di due anni, i poliziotti da tutte le cause, anche se nessuno di loro tornò più a lavorare in servizio. Così facendo, nessuna delle vittime del massacro dell’Algiers Motel ha mai trovato giustizia.