Cuphead – il segreto di un successo inaspettato su Pc e Xbox One

L'opera videoludica dei fratelli Moldenhauer, Cuphead, è disponibile sugli store digitali ormai da qualche settimana in tutto il mondo. Cerchiamo di delineare le caratteristiche della calda accoglienza riservata a questo piccolo fenomeno autunnale.

Dopo un lungo periodo di gestazione (basti pensare che il titolo è stato mostrato per la prima volta al pubblico durante l’E3 del 2014), il 29 Settembre è uscito su Steam e Xbox Live Cuphead. Inutile ripetere quanto questo shoot ‘em up sui generis abbia conquistato critica e pubblico, ma la modalità di raggiungimento di tale successo non è di immediata comprensione. In questo approfondimento si cercherà di analizzare il soggetto in questione da un’ottica differente, anche in relazione all’entusiasmo che ha scatenato.

Nostalgia portami via: Cuphead è un atto d’amore incondizionato verso l’animazione anni ’30

Cuphead

Nelle annate recenti, una tendenza riscontrabile in qualsiasi ambito (che sia videoludico, ma anche filmico e televisivo) è rappresentata dal confezionamento di un numero sempre maggiore di “operazioni nostalgia”. Tale modus operandi si concentra principalmente sul decennio degli anni 80′ del Novecento, mentre in Cuphead questo tuffo nel passato arriva fino agli anni ’20 e ’30 di questo secolo.

Tuttavia, considerare questo titolo come una semplice occasione di rievocare espressioni artistiche (lo stile d’animazione in particolar modo) di quei decenni sarebbe un errore a dir poco madornale. La minuziosa cura per il dettaglio, specialmente nelle battaglie contro i boss, non può che essere il frutto di uno studio attento del vasto panorama di gioielli prodotti nell’epoca caratterizzata anche dalla nascita di questo fiorente genere.

Cuphead on Steam: un elaborato pastiche

Non a caso non esiste recensione al mondo dedicata a Cuphead che non ne elogi gli straordinari concept design dei protagonisti, quanto dei numerosi nemici che dovranno affrontare nel corso di questa avventura. Eppure il giocatore non si trova mai davanti a un disegno originale al 100%, ma ad uno splendido ed elaborato pastiche di spunti e idee presi dai lavori dei fratelli Fleischer, di Ub Iwerks e, senza alcun dubbio, del leggendario Walt Disney. Un lavoro così certosino reso possibile principalmente grazie all’enorme passione dei Moldenhauer nei confronti di questa belle epoque del cinema d’animazione.

A venir ripreso in questo videogioco non è esclusivamente il rinomato stile grafico, ma anche il plot che dà inizio alla trama del titolo: la semplicità con la quale viene messa in scena, ma al tempo stesso le tematiche adulte suggerite (il gioco d’azzardo e il macabro compito affidato ai due protagonisti dal Diavolo in persona) rimandano proprio ad un gusto del politicamente corretto totalmente estraneo all’attualità.

Cuphead

La difficoltà: Cuphead è veramente il nuovo Dark Souls?

Un ulteriore fattore che ha suscitato grande stupore viene rappresentato dall’estrema difficoltà con la quale si può portare a termine l’avventura principale. Come sa chi ha provato con mano Cuphead, esiste una modalità facile ed una normale: tuttavia la prima non dà accesso all’esperienza videoludica nella sua interezza, escludendo i livelli conclusivi. Inoltre, completato il gioco, si può provare a compiere l’impresa impossibile di conquistare il grado S a qualunque stage.

Questo lungo preambolo non serve solo a sottolineare l’ottima longevità del videogioco in rapporto al prezzo di quest’ultimo (20 euro), ma dimostra quanto la complessità condizioni lo status di opera imperdibile per qualunque videogiocatore. Mettersi alla prova con Cuphead diventa quindi uno svago al quale anche il più inesperto giocatore presenta la volontà di accedere. In questo modo, complice anche un ottimo passaparola, da semplice prodotto un titolo si trasforma in un evento sulla bocca di tutti, al quale sei quasi costretto a cimentarti se vuoi entrare nella cerchia di discussione riguardante uno dei topic più rilevanti dell’ultimo mese.

Detto questo, Cuphead non è assolutamente il nuovo Dark Souls, come invece è stato definito da molti sul web, e non lo è per due principali motivi: un giudizio eccessivamente “pompato” dai giocatori più in erba e la grande differenza di generi videoludici di questi due titoli.

La prima motivazione rappresenta un normale effetto della crescente popolarità di questo fenomeno, inizialmente dalla natura decisamente indie (i fratelli Moldenhauer hanno dovuto addirittura ipotecato la loro casa per poter assumere più personale che si dedicasse allo sviluppo). L’accesso a molti videogiocatori alle prime armi ad una dimensione praticamente inedita come quella presentata da Cuphead rappresenta uno spiazzante primo approccio, che induce questi ultimi a giocare la sua difficoltà in modo spesso e volentieri eccessivo.

Per quanto riguarda la seconda motivazione, non dovrebbero essere necessari lunghi sproloqui a riguardo: le due esperienze di gioco si collocano proprio agli antipodi e anche solo per tale motivo non dovrebbero essere paragonate. Dark Souls consente un’esplorazione che definire vasta è un eufemismo, in quanto il completamento totale del gioco richiede un’ammontare di ore indicibile. Cuphead non vanta di una tale longevità, proprio perché non era nemmeno intenzione degli sviluppatori implementarla. Come un shoot ‘em up che si rispetti, si basa esclusivamente su brevi, ma molto intensi attimi di gioco, durante i quali è richiesta una destrezza nelle dita fuori dal normale, specialmente nei livelli dal ritmo più concitato.

Cuphead: quando il successo è meritato

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Traendo le doverose conclusioni, Cuphead è un progetto che all’apparenza può sembrare inaspettato, ma che, addentrandosi maggiormente nel fenomeno di esplosione mediatica che ha riscontrato, ci si poteva anche aspettare; a sorprendere, invece, è proprio l’enorme portata di questo successo, che fortunatamente ha risollevato la situazione economica dei geniali fratelli Moldenhauer, dei quali siamo impazienti di gustarci altri succosi titoli.