Christopher Lloyd in 10 film, i più belli della sua carriera
10 titoli che ci ricordano la grandezza di questo interprete.
Christopher Lloyd non appartiene a nessuna scuola riconoscibile, né al metodo, né alla maschera, né alla grande tradizione del caratterista americano. Sembra quasi si sia inventato da solo. Quando esordisce nel 1975 con Qualcuno volò sul nido del cuculo, il suo viso già spiazza, e da quel momento non si più fermato. Da allora ha attraversato decenni di cinema con grande leggerezza, costruendo una carriera senza centro ma piena di vertici, con personaggi che vivono tra l’assurdo e la malinconia, tra il paradosso e la grazia. Dai folli visionari ai misantropi, dai villain animati ai fantasmi teneri, ogni ruolo ha in qualche modo contribuito a creare un immaginario e a segnare il mondo pop americano. Abbiamo provato a scegliere 10 film che possano racchiudere il suo talento o quantomeno dare una piccola traccia per ripercorrere un percorso artistico davvero invidiabile.
1. Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975), di Miloš Forman, con un giovane Christopher Lloyd

Christopher Lloyd debutta nel film che più di ogni altro racconta la fine di un’illusione collettiva: quella della libertà come diritto naturale. Interpreta Max Taber, uno dei pazienti dell’ospedale psichiatrico dove McMurphy (Jack Nicholson) cerca di accendere una scintilla di rivolta. Taber non parla molto e Lloyd lo costruisce come un corpo in tensione costante, un uomo a cui è stata tolta la possibilità di scegliere. C’è in lui una fisicità quasi animale, fatto di tic, di respiro trattenuto, di risate improvvise che sembrano un singhiozzo. In mezzo a un cast monumentale, Lloyd riesce a imprimere la sensazione di una mente che non si arrende mai del tutto. Già qui c’è la sua poetica: restare ai margini ma lasciare tracce indelebili.
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2. Star Trek III – Alla ricerca di Spock (1984), di Leonard Nimoy
Il primo grande ruolo da antagonista: il comandante klingon Kruge. Un personaggio che, nelle mani di un attore più ovvio, sarebbe potuto scivolare nel cliché del cattivo monolitico. Christopher Lloyd invece lo fa respirare. Dentro il trucco pesante, gli occhi diventano strumenti narrativi: comunicano ferocia ma anche una sorta di onore tribale, un’etica dura ma coerente. La sua voce – gutturale, scardinata – costruisce un ritmo che sposta la minaccia dal gesto alla parola. Kruge non è un villain, ma un superstite di un mondo che non ammette compromessi. Lloyd lo interpreta con un controllo quasi teatrale, modulando le pause, rendendo visibile la disciplina che si nasconde nella crudeltà. È uno dei primi casi in cui il pubblico comincia a capire quanto il suo talento si manifesti nelle deformazioni: più lo si maschera, più diventa autentico.
3. Ritorno al futuro – Parte II (1989), di Robert Zemeckis

Il ritorno del dottor Emmett “Doc” Brown, ma in una versione più cupa, più stanca, quasi consapevole del proprio mito. In questo secondo capitolo, Christopher Lloyd spinge il personaggio oltre la caricatura: è uno scienziato perseguitato dai propri esperimenti, un visionario che ha capito che viaggiare nel tempo significa smarrirsi. L’energia esplosiva del primo film lascia spazio a una malinconia nascosta e Lloyd usa il corpo come una macchina logorata. Eppure, dietro l’eccesso, si percepisce un affetto sincero verso il proprio alter ego: Doc Brown diventa una figura tragica in chiave pop, un Prometeo con la chioma elettrificata.
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4. A cena con Delitto (1985), di Jonathan Lynn
Un film che è insieme parodia e meccanismo a orologeria. Christopher Lloyd interpreta il professor Plum, uno dei sospetti riuniti in una villa per un’indagine che si trasforma in un balletto di inganni. Il suo personaggio è scritto per divertire, ma l’attore ci mette una vibrazione inquieta, un’ironia che nasconde disagio. Il bello di Lloyd è che non recita mai “il comico”: lo scava, lo costruisce da dentro. In A cena con Delitto si muove come un attore che ha studiato la commedia inglese e l’assurdo beckettiano, mescolandoli con grande naturalezza e senza il “bisogno” di giustificare il proprio caos. Ne esce una figura buffa e sospettosa, che resta impressa proprio per la sua discreta stranezza.
5. Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988), di Robert Zemeckis, tra i migliori film di Christopher Lloyd

Forse il suo ruolo più disturbante: il giudice Doom. È un personaggio che vive in uno spazio ibrido, dove i confini tra reale e disegno collassano. Christopher Lloyd interpreta il male con una precisione glaciale restituendo una crudeltà che è geometrica, priva di emozione apparente, ma sotto la quale si può riscontrare un’eco infantile, una paura che si maschera di sadismo. Quando la verità emerge – Doom è un cartone animato travestito da uomo – il ribaltamento è totale, e Lloyd lo attraversa con una metamorfosi fisica quasi da cinema muto: gli occhi sgranati, la voce che diventa fischio, il corpo che si disarticola. È una performance che unisce horror e slapstick, grottesco e tragedia. Zemeckis costruisce un mondo iperbolico, e Lloyd ne diventa l’asse oscuro, il punto in cui la fantasia mostra il suo volto più spaventoso.
6. Otto uomini fuori (1988), di John Sayles
Un film che racconta lo scandalo del baseball del 1919, con toni asciutti e politicamente lucidi. Lloyd, in un ruolo secondario, riesce comunque a emergere. È un dirigente marginale, un uomo d’affari scaltro ma consapevole di muoversi in un sistema marcio. Sayles gli affida poche battute, ma Lloyd le trasforma in sentenze. Il suo sguardo, più che il dialogo, suggerisce una disillusione profonda: quella di chi ha capito che il gioco è truccato da sempre. È una recitazione ridotta all’osso, quasi documentaria, dove la presenza diventa misura morale. Lloyd abbandona il suo registro abituale di eccesso per scolpire la mediocrità
7. La famiglia Addams (1991), di Barry Sonnenfeld

Lo Zio Fester è una creazione perfetta di tenerezza e deformità. Lloyd lo plasma come un bambino cresciuto male, capace di abbracciare il grottesco con una purezza quasi commovente. Il suo corpo è un’espressione del desiderio di appartenere, il volto una maschera di malinconia. La comicità nasce dal contrasto tra l’energia vitale e la forma della morte: Fester è un corpo spento che non smette di cercare amore. Sonnenfeld costruisce intorno a lui un mondo che danza sull’orlo del macabro, ma Lloyd lo riempie di calore, di gesti goffi e affettuosi. In fondo, Fester è l’essenza del cinema di Lloyd: un uomo sbagliato nel posto giusto, un’anomalia che dà equilibrio all’assurdo.
8. La famiglia Addams 2 (1993), di Barry Sonnenfeld tra i film di Christopher Lloyd da vedere
Nel sequel, Lloyd lavora su un registro più interiore. Fester diventa un personaggio diviso, oscillante tra l’amore per la sua famiglia e l’illusione di una vita “normale”. Lloyd ne coglie la malinconia, la frustrazione, ma anche l’ingenuità quasi infantile. Il film, più satirico e visivamente esplosivo del primo, trova in lui un centro emotivo: è la creatura che tiene insieme due mondi senza appartenere davvero a nessuno. C’è una scena in particolare, quella del ballo, che merita di essere ricordata: in quel frangente il suo sguardo verso Morticia e Gomez racconta tutto e in qualche modo riassume il suo personaggio. Lloyd trasforma Fester in una figura mitologica, un santo dell’eccesso che vive di contraddizioni.
9. I Am Not a Serial Killer (2016), di Billy O’Brien

Un piccolo film indipendente che dimostra la vitalità di Lloyd anche in età avanzata. Interpreta un anziano vedovo, Mr. Crowley, che nasconde un segreto terribile. È un ruolo di sottrazione estrema: la voce è bassa, i gesti lenti, gli occhi quasi sempre abbassati. Ma ogni parola pesa come una minaccia. Lloyd gioca con il tempo, con la memoria del pubblico che lo ricorda nei ruoli folli, e qui lo ritrova disarmante. La sua presenza ha qualcosa di spettrale, di dolcemente inquietante. È come se interpretasse il fantasma del suo stesso passato. In un film di tensione minima e atmosfera malinconica, Lloyd porta una gravità quasi shakespeariana, dimostrando che il suo talento non è mai dipeso dall’energia, ma dal controllo.
10. Io sono nessuno (2021), di Ilya Naishuller
David Mansell, il padre del protagonista interpretato da Bob Odenkirk, è l’ultimo grande ruolo di Lloyd finora. Un ex agente segreto in pensione che vive tra polvere e silenzio. Quando la violenza torna a bussare, lui risponde. Lloyd trasforma questa apparente gag da action movie in un gesto poetico: il vecchio che imbraccia l’arma non per nostalgia, ma per coerenza. Il suo corpo è fragile, ma il suo sguardo ancora taglia. Ogni suo movimento è calibrato, pieno di un’umoristica consapevolezza. È una scena che racconta tutto il percorso dell’attore: il disordine giovanile che diventa compostezza, l’eccesso che si sublima in ironia. Lloyd non chiude un cerchio, lo apre. Ci dice che l’assurdo non finisce mai, si trasforma solo in memoria.
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