Wolf Creek 2: recensione

Se siete in cerca di un thriller con qualche tocco di horror allora Wolf Creek 2 è il film che fa per voi. La storia, che si ispira a fatti realmente accaduti, vede il ritorno all’azione di Mick Taylor, uno dei più spietati serial killer che l’Australia abbia mai conosciuto. Il deserto australiano è un luogo solitario e isolato, il terreno di caccia ideale per un assassino del suo calibro con la passione degli sport sanguinari. In questa selvaggia terra di nessuno, il caldo soffocante non è l’unico pericolo da cui guardarsi. I giovani Rutger (Philippe Klaus) e Katarina (Shannon Ashlyn) si mettono in viaggio verso il Wolf Creek National Park, un luogo bellissimo e isolato che nasconde terribili insidie. Una di queste è lo psicopatico assassino Mick Taylor, un uomo il cui disprezzo per la vità umana ha raggiunto nuovi e ancor più terrificanti livelli, e che si diverte a dare la caccia ai malcapitati turisti di turno. Intato, coinvolto suo malgrado in una situazione da “horror”, il viaggiatore Paul Hammersmith (Ryan Corr) sta per inbucarsi ad una festa alla quale nessuno vorrebbe essere stato invitato. Rispetto al precedente film, Wolf Creek 2 presenta qualche cambio sul piano estetico e narrativo.

una scena del film

una scena del film

L’autore infatti ha optato più verso una messa in scena dagli echi tarantiniani, rispetto a una regia più seria e rigorosa. Vi sono momenti colmi di ironia, in cui l’elemento paradossale viene enfatizzato da un preponderante utilizzo ludico della musica, che si alterna ad un citazionismo tipicamente cinefilo. In questo cupo scenario, Wolf Creek 2 ci offre anche una macabra trattazione dei problemi di natura sociale che il mondo contemporaneo si trova ad affrontare oggi. L’orrore, messo come elemento dominante del film, rappresenta una forma di razzismo che esiste da sempre e che da sempre caratterizza la gente terrorizzata da persone che provengono da paesi diversi. Oggi i media ci mostrano diverse storie che hanno a che fare con lo stesso tema ma non solo; vi sono anche altre nozioni primario che entrano in rotta di collisione creando dei contrasti abbastanza efficaci quali il vecchio che incontra il nuovo, la citta che incontra la campagna, il macabro michiato con il comico ecc. Il film traè ispirazione dalla storia di Ivan Milat, uno dei peggiori assassini australiani che la storia ricordi. Il killer sceglieva come vittime i turisti che portavano il sacco a pelo. Per fortuna, l’assassino venne catturato dalla polizia e condannato all’ergastolo, diversamente dal film.

Paul e Mick

Paul e Mick

Wolf Creek 2 è un film abbastanza ripetitivo dove vi sono scene già viste in altri horror precedenti e il più delle volte tende a sfociare in sequenze splatter davvero deprimenti. Apparte questo vi sono anche momenti di comicità che riescono ad attribuire alla pellicola una sorta di “humor nero”.

Giudizio Horror House

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.2
Sonoro - 3
Emozione - 3.2

2.6

Voto Finale