Voglio crederci: recensione del film Netflix

Tradotto per l’Italia in Voglio crederci, dall’originale Sen Inandir, il nuovo film sentimentale turco diretto in collaborazione dai registi Evren Karabiyik e GünaydinMurat Saraçoglu è ambientato interamente nella splendida isola di Assos in Turchia, città nella quale visse anche Aristotele e che sembra essere l’unica nota positiva all’interno di tutta questa, dimenticabile, produzione originale Netflix.

Nel film, infatti, disponibile sulla piattaforma streaming dal 23 giugno, il suggestivo scenario caratterizzato da mare cristallino, scogliere, pontili al chiaro di luna e vento fra gli ulivi, fa da cornice in perfetto clima estivo ad una love story infarcita di cliché e di già visto fra una giovane capo redattrice di moda e un affermato fotografo, costretti alla convivenza forzata e a una chiusura di conti col passato che li avvicinerà l’un l’altra sotto lo sguardo di due nonne ficcanaso e sognatrici.

Cosa succede nel film turco Netflix Voglio crederci?

Sahra e Deniz si conoscono da quando hanno 15 anni, ma la loro amicizia è finita male tanto da averli allontanati per anni con risentimenti e non detti. Quando si ritrovano per caso nell’isola a casa delle rispettive nonne, la prima sfrutterà a suo vantaggio il talento artistico dell’altro ai fini di vincere una sfida ed ottenere una promozione professionale, ma quel lento riappacificarsi sotto mentite spoglie farà sbocciare un sentimento profondo, rimasto intatto come in adolescenza.

Interpretati dai bellissimi attori Ayça Aysin Turan e Ekin Koç, i protagonisti di Voglio crederci muovono le fila di un film banale che scorre lento verso la prevedibilità, giocato tutto sul trope trito e ritrito degli “enemies to lovers” assembrando una prima parte di gag comiche, equivoci e piccoli grandi contrasti caratteriali per far emergere il divario di prese di posizione fra i due futuri innamorati; e una seconda parte molto più smielata e romantica per poi arrivare a una coda finale di chiarimenti e coronamenti d’amore in piena volontà di lieto fine.

Location da sogno e cliché dei buoni sentimenti nel film Netflix Voglio crederci

voglio crederci recensione cinematographe.it

Come detto fin all’inizio, in Voglio crederci l’occhio dello spettatore cade, più che sullo svolgersi degli eventi, su una cornice naturalistica e panoramica che esalta al meglio i paesaggi turchi ben curati dalla resa fotografica e cromatica della luce solare, scegliendo appositamente location mozzafiato in cui inserire dialoghi e momenti di pura romanticheria fra sguardi, baci, viaggi in motorino e set fotografici.

Il fascino di Assos, tuttavia, non trova il suo corrispettivo nella sceneggiatura di Selen Bagci, nella quale non emerge alcuna peculiarità ma sceglie piuttosto di andare sul sicuro nei toni mediocri della commedia e dell’approccio comodo da comfort-zone della tv generalista, assecondando i gusti di un pubblico avvezzo a soap, serie tv e attori turchi dalle capacità recitative monocorde ma esteticamente patinati, da Can Yaman in poi.

Una tendenza che il colosso dello streaming Netflix sta cavalcando già da molto, e che dunque non dovrebbe stupire affatto come mensilmente continuino ad aggiungersi in catalogo titoli simili, vista la mole di spettatori e spettatrici che produzioni tali ancorano allo schermo. Eppure, nonostante la vacuità dell’opera in sé, Voglio crederci ci ha portati (seppur virtualmente) per più di un’ ora e mezza in un posto da sogno, alimentando in qualche d’uno la voglia di viaggiare e vedere con i propri occhi quell’isola così particolare. Poteva andare meglio, ma cerchiamo di accontentarci.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.1

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