Untold: Ascesa e declino di AND1 – recensione del documentario Netflix

Il documentario è uscito il 23 agosto su Netflix.

La parabola straordinaria del brand AND1 può essere letta sotto questa chiave: AND1 ha funzionato fintanto che gli interessi economici non hanno prevalso, inquinando irrimediabilmente i rapporti tra le parti in causa. Stiamo parlando di un marchio nato da zero per iniziativa di tre amici e in grado di scardinare in pochissimi anni il giro d’affari miliardario della Nike per quanto riguarda le calzature sportive (e della pallacanestro in particolare). La nascita e la fine di questo brand è al centro del nuovo capitolo di Untold, la serie di documentari che Netflix sta dedicando al mondo dello sport.

Untold racconta retroscena e aneddoti di grandi fatti di cronaca legati allo sport, scava là dove la vulgata non è arrivata, narrando attraverso la viva voce di chi quei grandi fatti di cronaca li ha vissuti in prima persona. Per questo in Untold – Ascesa e declino di AND1 vediamo alternarsi sullo schermo i tre fondatori di AND1 – Jay Coen Gilbert, Tom Austin e Seth Berger – e leggende del basket da strada che hanno contribuito a rendere celebre (e ricchissimo) il marchio – The Professor, Hot Sauce, The Main Event, Shane the Dribbling Machine e Skip 2 My Lou. Diretto da Kevin Wilson Jr. (nominato agli Oscar nel 2018 per il cortometraggio My Nephew Emmett), il nuovo capitolo di Untold è uscito il 23 agosto su Netflix.

Untold: Ascesa e declino di AND1, questione di professionalità

untold ascesa e declino di AND1 Cinematographe.it

Il professionismo non raccoglie per forza l’essenza di uno sport. I migliori giocatori, le massime aspirazioni, le giocate trascinanti possono trovarsi anche là dove la povertà di mezzi non permette, appunto, ‘professionismo’. Lo streetball (o basket da strada) ne è forse l’esempio migliore, e Untold: Ascesa e declino di AND1 è brava a raccontarlo tra le righe del proprio racconto. Generazioni di giocatori di NBA sono nati e cresciuti sui campi di periferia, così come generazioni di calciatori di Serie A si sono fatte le ossa giocando nei campetti dell’oratorio. È una questione di purezza o, se vogliamo, di ars gratia artis, cioè di gioco per gioco, di gioco per se stesso, senza ornamenti o decorazioni, senza il peso delle ripercussioni economiche (e quindi mentali e sociali) che il professionismo porta con sé. È gioco libero, spontaneo, ruvido perché in gran parte sregolato. È gioco in cui tutti sono uguali: non importa la provenienza geografica, il sostrato socio-culturale, il colore della pelle, l’orientamento sessuale. L’unica cosa che conta è saper tenere un pallone tra le mani. AND1 è la prima azienda a capirlo. La prima che pesca da questo bacino intatto di talento. La prima (e probabilmente) l’unica a costruire la propria fortuna su giocatori non professionisti.

Ascesa e declino, avidità e orgoglio

Streetball Venice Beach Cinematographe.it

In poco più di un’ora, in modo schematico ma molto chiaro con un bell’alternarsi di filmati d’epoca e interviste attuali, Untold: Ascesa e declino di AND1 racconta – dividendole per anni – le fasi principali della vita di AND1 e del suo rapporto con le leggende dello streetball, che hanno contribuito a rendere gigante il marchio. Emerge un quadro piuttosto amaro, in cui tutti i protagonisti guardano al passato (e agli errori che hanno commesso) con un misto di tristezza e di orgoglio. Tristezza perché emerge chiaramente il rammarico per un miracolo economico, sportivo e commerciale andato in pezzi a causa dell’avidità dei tre fondatori che hanno tenuto per sé quanto ricavato dalle vendite del merchandise e non lo hanno investito nei giocatori che in fin dei conti hanno permesso quelle vendite. Ma anche orgoglio per essere stati protagonisti e fautori di quel miracolo e per i risultati raggiunti nel giro di pochi anni in termini di vendite (AND1 nasce nel 1993 e già nel 2000 ha un successo che travolge anche la Nike) e di impatto sulle persone (lo streetball e i suoi protagonisti diventano in certi casi più seguiti dell’NBA e ancora oggi attorno certi nomi aleggia un’aura di favoloso).

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