Untitled – Viaggio senza fine: recensione del film

Dopo l’accoglienza positiva da parte della critica e del pubblico del 67° Festival di Berlino, a distanza di un anno, Untitled – Viaggio senza fine, opera incompiuta di Michael Glawogger, vede la luce grazie all’associazione ZaLab che ne cura la distribuzione italiana.

Immenso, sconfinato, possente, sono solo alcuni degli aggettivi che possono passare per la mente di uno spettatore a una prima visione del film documentario Untitled – Viaggio senza fine, eredità ultima del regista austriaco Michael Glawogger, scomparso prematuramente il 23 aprile 2014, in piena fase produttiva.

Untitled – Viaggio senza fine è un’opera anticoncezionale, molto apprezzabile nel suo genere, poiché per presentare un progetto in bianco ai produttori e riuscire a trovare, anche se con molte difficoltà, finanziamenti, è coraggioso. Intraprendere, così, un viaggio attorno al mondo e realizzare un prodotto che protende verso l’ignoto, è veramente incosciente ma ammirabile.

Dopo la morte di Glawogger, la montatrice Monika Willi ha riflettuto per quasi due anni sul da farsi del lascito del regista austriaco (più di quattro mesi di materiale girato), perché la necessità di restituire l’opera al suo autore era doverosa. Così, grazie alle lunghe conversazioni intercorse tra montatrice e regista e l’utilizzo dei diari dello stesso Glawogger, Monika, conscia del grande onere che pesa sulle proprie spalle, nel 2016 riprende l’incarico affidatogli, con molto rispetto e devozione.

La scelta di utilizzare la voice off deriva dalla consapevolezza di voler dare voce al complesso flusso di coscienza del regista, contenuta nelle sue annotazioni come in un diario di bordo; non a caso la decisione di prediligere una voce femminile è frutto di un desiderio irrealizzato di Glawogger, al quale Monika dà una doverosa attuazione.
Così, la voce narrante “drammaticamente bella” di Nada (nella versione italiana, mentre per quella internazionale è doppiata da Fiona Shaw) accompagna lo spettatore in un poetico viaggio dai Balcani all’Italia fino ad attraversare il continente prediletto e di riferimento per Michael: l’Africa, luogo predominante all’economia del film.

Untitled – Viaggio senza fine: l’eredità di Michael Glawogger è un road movie metaforicamente completo

Untitled - Viaggio senza fine cinematographe

Untitled – Viaggio senza fine è un road movie, metaforicamente e concretamente finito troppo presto, dove il movimento è ciò che vivifica lo spirito del regista attraverso questo documento visivo. È un viaggio attraverso carreggiate sterrate e polverose, linee ferroviarie che squarciano in due il deserto, sentieri di montagna e paesaggi sconfinati di una bellezza sconcertante; lo spettatore riesce quasi a percepire quello che sentono i personaggi, come il vento sulla pelle che il movimento dei mezzi di trasporto ad alta velocità genera o a respirare la polvere del deserto alzata dalle carovane di passaggio.

Questa è una storia che si sviluppa sulle strade, cicatrici del nostro pianeta, le quali mettono in comunicazione l’umanità ignorata e linguisticamente incompresa con lo spettatore, catturato dal flusso sonoro e di immagini.

Una scelta molto forte e incisiva è rappresentata dalla decisione di non tradurre i dialoghi che costituiscono il vasto panorama linguistico, presente nel ricco materiale visivo; poiché ciò che interessa non è la comprensione ma esaltare la forma di questa Babele visiva che da ogni scena sprigiona una forza espressiva immensa. In questo modo le immagini possono essere esaltate nella loro composizione e in un’accurata ricerca del particolare e del singolare.

Untitled – Viaggio senza fine: una Babele visiva

Untitled - Viaggio senza fine cinematographe

Le riprese di Glawogger sono di un’onestà unica e sconcertante, nella messa in scena della realtà e della vita attraverso immagini rubate durante la quotidiana lotta per la sopravvivenza, attraverso la fatica del lavoro manuale, che fa trasparire il dolore dell’umanità sofferente. Così, anche la Terra soffre; è secca, inospitale, priva di vita o dormiente sotto una coltre di ghiaccio e, nella sua aridità, accoglie la vita sofferente di piante, animali ed esseri umani.

Tuttavia, questo flusso di immagini chiamato Untitled – Viaggio senza fine, è frutto di un progetto non scritto, che per Glawogger rappresentava un work in progress, senza una sceneggiatura e un tema; questa assoluta libertà artistica di confrontarsi con la realtà richiama molto le parole del maestro Jean Renoir “Quando si gira, bisogna sempre lasciare una porta aperta, perché non si sa mai, qualcuno potrebbe entrare, senza che nessuno se l’aspetti, e il cinema è questo”.

Sì, perché il cinema è proprio questo, un infinito mondo di possibilità che si presenta là, davanti allo sguardo di Glawogger e della macchina da presa, visione che vuole essere trasmessa così, nel suo stato più puro, al pubblico. Il regista si appropria totalmente di questa filosofia di fare cinema, portandola quasi all’eccesso, dove tassello dopo tassello, tappa dopo tappa, flusso di esperienze e visioni, il puzzle inizia a prendere forma in un documentario inimmaginabile.

È un incredibile sogno ad occhi aperti che molto amaramente Michael Glawogger non è riuscito a vederne la fine.

Il film più bello che potevo immaginare

era un film che non si fermasse mai…

(Michael Glawogger)

 

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.5