Un piano perfetto: recensione del film con Diane Kruger

Prevedibile come una fetta di pane che, scivolando, atterra con il lato spalmato di marmellata verso il basso, Un piano perfetto pecca in ogni suo aspetto.

Passeggiare tranquillamente per le strade affollate di Nairobi, indossando solamente un accappatoio bianco, rubato in un hotel a cinque stelle. Sfidare un leone prima di vedere la propria automobile (ormai rubata) allontanarsi, dileguarsi verso l’orizzonte. Raggiungere il Kilimangiaro a piedi ed essere catturati da aborigeni mentre si osservano le stelle. Situazioni bizzarre e inattuabili destinate a realizzare Un piano perfetto.

Prevedibile come una fetta di pane tostato che, scivolando dalla presa della mano per chissà quale bizzarra coincidenza, atterra sul pavimento con il lato spalmato di marmellata verso il basso, Un piano perfetto si caratterizza come un collage di scene che, ipoteticamente divertenti, dovrebbero suscitare il riso nello spettatore.

Un piano perfetto: un viaggio sgradevole e fastidioso tra Kenya, Parigi e Mosca

Un piano perfetto Cinematographe.it

Ossessionata da una maledizione che infuria sulla sua famiglia, secondo la quale i primi matrimoni non funzionano mai, Isabelle Lefebvre (Diane Kruger) decide di sedurre, sposare e divorziare da uno sconosciuto in modo che il rovinoso flagello che ha determinato la storia della propria genealogia non influisca sul rapporto apparentemente equilibrato con il futuro marito Pierre (Robert Plagnol). Il piano apparentemente perfetto, però, è destinato a trasformarsi in un’odissea rocambolesca dall’epilogo drammatico, in un viaggio che porterà la protagonista a spostarsi tra Parigi, Nairobi e Mosca, seguendo Jean-Yves Berthier (Dany Boon), un redattore di guide turistiche.

La storia viene raccontata allo spettatore attraverso un interminabile flashback: durante la vigilia di Natale con la sua famiglia, Corinne, la sorella della protagonista interpretata da Alice Pol, racconta alla capa depressa, donna sola, egocentrica e sull’orlo di una crisi di nervi, l’incredibile esperienza amorosa di Isabelle.

Il carattere sgradevole e fastidioso di Un piano perfetto si manifesta esplicitamente sin dai primi minuti del film. Sempre a partire dall’incipit, si deduce inoltre che la pellicola sarà definita da un’irrealizzabile patto narrativo con l’autore che, rifiutando in toto la verosomiglianza del reale, darà origine a un prodotto scadente e per nulla credibile.

Un piano perfetto che si nutre della banalità del più becero cliché

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Attraverso l’utilizzo di stratagemmi prevedibili e tramite l’esasperazione del meccanismo del cliché – che, se utilizzato in maniera intelligente e lontana dalla banalità delle scelte scontate della pellicola, avrebbe potuto trasformarsi nel suo maggior punto di forza –, il film diretto da Pascal Chaumeil nel 2012 si caratterizza come una commedia crudele e manifestatamente irreale, in cui il regista ha deciso di eliminare ogni singola adesione alla verosomiglianza della quotidianità e dove il romanticismo viene totalmente ripudiato.

Un’ora che dura un’intera giornata. Giornate da vivere come se fossero intere settimante. Settimane che passano lentamente. Il tempo in Un piano perfetto viene stranamente, esageratamente ed inutilmente dilatato, contribuendo a manifestare per l’ennesima volta la mancata credibilità della pellicola.

Sopportabile solo grazie all’imperturbabile bellezza di Diane Kruger e alla fisionomica comicità di Dany Boon, il film, in cui aleggia una visione olistica per cui l’apparente comicità del singolo episodio avrebbe dovuto rendere divertente – e giustificare – un’intera commedia, pecca in ogni suo singolo aspetto.

Finto, improbabile e forzato, Un piano perfetto si nutre della banalità degli stereotipi, basandosi solamente sull’irritante estremizzazione degli elementi classici che, potenzialmente interessanti, hanno da sempre caratterizzato la romantic comedy americana: riprendendo il classico topos di una coppia agli antipodi che, con il susseguirsi delle peripezie, riescono a trovare un equilibrio nell’innamoramento, la pellicola francese non riesce a creare un legame empatico con lo spettatore, il quale, osservando un prodotto che manca totalmente della componente romantica, non riesce ad identificarsi nei personaggi.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1

1.8