Tony Parker – The Final Shot: la recensione del docu-film di Netflix

La vita e la carriera del campione NBA, raccontata con immagini inedite e con le parole di amici e colleghi, compreso il compianto Kobe Bryant.

All’anagrafe è William Anthony Parker, ma per tutti è semplicemente Tony. Se non siete familiari con questo nome, ci pensa il nuovo documentario di Netflix a spiegarvi chi è Tony Parker, e che cosa ha rappresentato negli ultimi vent’anni per l’NBA e per il basket di tutto il mondo. Sulla scia del successo di The Last Dance – docu-serie a puntate sul leggendario Michael Jordan – Netflix propone la storia di un’altra stella, da poco ritiratasi dallo sport professionistico. Attraverso le parole del diretto interessato, della sua famiglia, dei suoi colleghi e amici di una vita, Tony Parker: The Final Shot ricostruisce la carriera dello sportivo con bellissime immagini inedite che partono dalla sua infanzia e arrivano alla sua vita dopo il ritiro. Chi vi scrive è cresciuta a pane e pallacanestro, e ha ancora negli occhi le giocate spettacolari e la velocità inumana di questo “piccolo” francese, ma non è facile spiegare a chi non mastica basket che cosa ha significato Tony Parker per questo sport.

L’NBA in cui ha mosso i primi passi non era la stessa NBA di oggi, si trattava di un sistema chiuso, che lasciava pochissimo spazio a giocatori non americani, e che quello spazio glielo faceva sudare non poco. Poi è arrivato lui, questo playmaker magrolino e bassino (sì, che ci crediate o no per gli standard del basket 1,88 cm è essere bassi), e con un lavoro impressionante e una determinazione fuori dal comune si è guadagnato il suo spazio, diventato un All Star. E non solo. Ha creato un’opportunità per tutti gli europei, asiatici e non americani che hanno avuto una chance di giocare nella lega migliore del mondo. E se oggi abbiamo giocatori italiani dall’altra parte dell’Oceano, il merito è per buona parte di questo signore francese.

Tony Parker: The Final Shot –  la prima parte della carriera di un francese alla corte di Pop

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(Photo by Thearon W. Henderson/Getty Images)

Capire come nasce una leggenda è uno degli scopi di questo documentario, e per farlo il regista Florent Bodin non può che partire dall’inizio. Vediamo così un giovanissimo ragazzino metà americano metà olandese, che conosce il basket grazie al papà giocatore e che decide fin da subito che la sua strada è quella, che vuole essere come il suo idolo Michael Jordan. Fin dalle esperienze giovanili si vede la stoffa del campione, e fa tenerezza sentire parlare i suoi compagni e amici del tempo, Boris Diaw e Ronny Turiaf, e pensare che sono rimasti compagni e amici anche oggi. Poi, il grande momento: Tony arriva in NBA, scelto dai San Antonio Spurs, ma l’America non gli rende la vita facile. Non è una delle prime scelte, la sua stessa franchigia non crede particolarmente in lui, non ha il fisico degli altri. La star della squadra texana, Tim Duncan, non gli rivolge la parola per tutto il primo anno. Il suo coach, Gregg “Pop” Popovich, non gli perdona niente, lo strilla, lo tiene a freno, gli fa delle scenate che lo fanno tornare a casa in lacrime, giurano i suoi amici. Ma lui tiene duro, perché la stoffa c’è, e deve solo resistere.

Ora, potreste pensare che sia una crudeltà trattare così qualcuno, ma sono gli stessi Popovich e Duncan a raccontare che, in realtà, erano solo delle prove. Perchè per diventare una leggenda non basta il talento, serve una mentalità di ferro, che niente e nessuno possono intaccare. Solo con un allenamento duro, quella mentalità si sviluppa. E infatti Tony ci mette poco a dimostrargli quanto si sono sbagliati: nel 2003 diventa il primo francese a vincere un anello NBA, il titolo sportivo più ambito del mondo. Ha solo 21 anni, è nella lega da appena due stagione. Ecco che la storia cambia, e Tony non è più solo quel francese magrolino e bassino che parla poco inglese. Ora è Tony Parker, e ha mosso il primo passo per diventare una leggenda.

La seconda parte della storia: gli anni d’oro e il ritiro

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(Photo by Nathaniel S. Butler/NBAE via Getty Images)

La seconda parte di Tony Parker: The Final Shot racconta gli anni d’oro di Tony Parker, che colleziona successi uno dopo l’altro. Qualche esempio? Altri tre titoli NBA portati a casa con la squadra più bella della storia degli Spurs, accanto a Tim Duncan – che ora non solo gli parla, ma lo considera un fratello – e alla nuova stella Manu Ginobili, altro giocatore leggendario. Insieme sono i Big Three, e San Antonio impazzisce per loro, tutto il mondo del basket impazzisce per loro. Questi sono gli anni delle convocazioni agli All Star Game, del titolo di MVP delle Finals, dell’oro con la nazionale francese agli Europei, della rivalità con i Lakers di Kobe Bryant, con i Miami Heat di LeBron James. Rivedere le immagini dei suoi tiri infallibili, dei suoi passaggi impossibili, per chi ha vissuto direttamente quegli anni come la sottoscritta, è un’emozione impagabile. Così come è emozionante sentire raccontare la carriera e gli aneddoti più curiosi da chi questi anni li ha vissuti con lui, da amico come Thiery Harry, da compagno come Ginobili, Duncan, Bruce Bowen, da avversario come Pau Gasol.

E come non commuoversi, poi, quando appare Kobe Bryant, e lo senti parlare consapevole che queste sono tra le sue ultime dichiarazioni, girate poco prima che quel maledetto incidente ce lo portasse via troppo presto. Il documentario si avvia verso la chiusura dedicandosi agli ultimi anni, al grave infortunio del 2017, il ritorno miracolo, la rottura con gli Spurs e, alla fine, il momento del ritiro. Ci viene mostrato un Tony Parker che oggi è un padre di famiglia, che vive tranquillo continuando a dedicare la vita al basket, con la sua Accademia aperta a Lione e la squadra di cui è proprietario, la francese Asvel. Oggi il campione è un uomo sereno, che ama una vita dalla dimensione tranquilla, lontana da quegli anni di glamour scintillante in cui faceva coppia fissa con la superstar di Hollywood Eva Longoria. Quello che vediamo oggi è un Tony Parker cresciuto, ma che nello sguardo conserva ancora la scintilla di quel qualcosa che lo ha reso grande.

Sacrificio, duro lavoro, vocazione, pazienza, grinta, arroganza, umiltà: sono solo alcune delle cose che servono per forgiare un campione, e Tony Parker nella sua carriera le ha avute tutte. The Final Shot è una finestra affascinante su questo mondo, apprezzabile anche a chi non segue il basket, ma che farà versare più di una lacrima a chi ha una palla a spicchi al posto del cuore.

Regia - 4
Fotografia - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4

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