Tomboy – Trucco d’amore: recensione del film con Makenzie Vega

Una commedia diretta da Lee Friendlander sugli stereotipi di genere e sull'importanza di essere sempre se stessi senza cedere alle aspettative altrui per cercarne l'approvazione: Tomboy - Trucco d'amore è il film con Makenzie Vega, da giugno disponibile su Prime Video.

Tori (Makenzie Vega) è una ragazza cresciuta da sola col padre, con passioni che la società non accetta come “femminili”: a Tori piace lo sport sopra ogni cosa, allena una squadra di baseball di bambini e i tacchi a spillo e il make-up non sono proprio il suo forte. Tuttavia, Tori ha una bella carriera in un’agenzia pubblicitaria, tanto che un giorno accetta la sfida di guidare la campagna marketing per una serie di prodotti di make-up dedicati alle donne atlete. Lo sbaglio è che Tori si impegna solo al fine di dimostrare a se stessa che può essere femminile e conquistare il suo collega Brian (Greg Perrow), allontanandosi dalla persona alla quale tiene, ovvero il suo amico di sempre Adam (Tom Maden).

Questa, a grandi linee, è la trama della commedia romantica della regista Lee Friedlander, uscita nel 2018 per la televisione statunitense e da giugno disponibile on demand sulla piattoforma Amazon Prime Video.

Tomboy – Trucco d’amore: Self-love prima di tutto

Il film di Lee Friedlander, con la sceneggiatura di Jamie Jensen, affronta il tema degli stereotipi di genere nel registro di una commedia – scelta che alleggerisce una questione quanto mai attuale e meritevole di stare sotto i riflettori del mondo cinematografico e televisivo. Può a una donna piacere il baseball tanto da allenare una squadra? E può una ragazzina farne parte anche se i compagni di team sono tutti maschi? La risposta non è così scontata. Malgrado nella società di oggi, infatti, ci si sforzi di ribadire la parità dei sessi come condizione per cui donne e uomini possono avere passioni e mestieri condivisi, nella realtà il gender role oggi è purtroppo spesso qualcosa di poco flessibile, di rigido e di razionalizzato secondo schemi e stereotipi ben precisi. La protagonista Tori lo sa bene, lo avverte tanto da non essere pienamente sicura di se stessa nell’approccio con un collega che le piace. Lui è il classico bel ragazzo con una schiera di donne super femminili ed eleganti come ex fidanzate e questo mette a disagio Tori, che sa di non rispecchiare quel cliché. Tuttavia, l’errore commesso da Tori sta proprio nel mettere da parte la propria personalità, soffocandola con una che non le appartiene, facendo diventare la tigre che sul lavoro dimostra di essere simile piuttosto a un piccolo gattino indifeso. Dello stesso comportamento è vittima anche la sua collega e amica Krista – interpretata da Sal Stowers – che per piacere a un famoso atleta fa di tutto per farsi credere un’appassionata di sport, pur non essendolo affatto. Per Tori è necessaria una delusione affinchè apra gli occhi e si renda conto che l’amore e le attenzioni che cerca in chi non l’apprezza per quella che è veramente invece sono sempre state ad un passo da lei. Tori deve dimostrare per prima a se stessa di avere po’ di self-love e imparare ad amarsi per camminare a testa alta, – tacchi a spillo o sneakers, non importa.

Uno spunto di riflessione interessante, che si perde in un pacchetto preconfezionato

tomboy cinematographe.it

Ottimo punto di partenza è lo spunto di riflessione che è parte della sceneggiatura di Tomboy – Trucco d’amore: peccato solo che questo non sia sviluppato in modo più audace e che si sia osato poco. Forse sarebbe stato interessante approfondire il tema anche sul versante del gender gap in ambito lavorativo, dove Tori invece si rivela professionale e talentuosa e il suo capo sembra non esigere un abbigliamento piuttosto che un altro, lasciandola libera di esprimere se stessa come meglio crede. Questo porta a riflettere su come spesso sia il proprio Io ad essere di ostacolo alla vera espressione della propria personalità caratteriale ed emotiva, intrappolato da insicurezze e timori ingiustificati e alimentati dall’esterno. Ma nonostante queste premesse promettenti, il film non scava sotto lo strato della superficie e finisce per essere una delle decine di commedie patinate e preconfezionate che abbiamo già visto e rivisto. Le scene si susseguono una dopo l’altra secondo schemi classici, prevedibili e ripetitivi che tolgono un po’ di originalità ai personaggi e alla storia. Unica pecca di una commedia tutto sommato ben fatta, con la firma di una regista che di commedie al femminile se ne intende eccome – Lee Friedlander è una delle maggiori registe donne del genere negli Stati Uniti. Un consiglio: guardatela con i più piccoli per sensibilizzarli sull’importanza di rispettare le donne e le loro scelte di vita, qualunque esse siano, e per insegnargli che possono diventare chiunque vogliono e che questo non precluderà loro l’amore e la stima di chi sa conoscerli oltre le apparenze.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.7