The Lie: recensione dell’horror Blumhouse con Joey King

Un thriller nebbioso che racconta a tinte fosche la trasfigurazione morale di una famiglia, disposta a tutto pur di proteggere la figlia. The Lie è disponibile su Amazon Prime Video dal 6 ottobre.

The Lie è figlio di “Welcome to the Blumhouse“, la collaborazione nata tra la famosa casa di produzione di Jason Blum e Amazon Prime Video, che prende piede sulla piattaforma con otto film previsti in due diverse tranche, i primi quattro ad ottobre e i restanti nel corso del 2021. Tutti girati da giovani registi, i film del progetto ruotano attorno all’amore e alla famiglia, temi declinati nella forma più estrema e dissoluta e arricchiti da modalità espressive conturbanti. Dei quattro film già presenti sulla piattaforma, The Lie non aderisce puramente ai canoni dell’horror moderno, ma si rivela un thriller psicologico dai tratti inquietanti difficile da prevedere.

Dopo una lite con la sua compagna Brittany (Devery Jacobs), Kayla Logan (Joey King, The Conjuring, Slender Man, The Kissing Booth) uccide l’amica gettandola da un dirupo innevato. Il padre Jay (Peter Sarsgaard, Orphan, Blue Jasmine) e la madre Rebecca (Mireille Enos, World War Z), separati da tempo, decidono di insabbiare l’omicidio, deviando i sospetti della polizia con una scia di prove fittizie. Gli errori e le falle nell’omicidio destano i sospetti di Sam (Cas Anvar, Argo, Room), padre della vittima, che nonostante il carattere indisciplinato della figlia e i suoi tentativi ricorrenti di scappare di casa, intuisce la complicità della famiglia. Quando Jay e Rebecca affrontano l’uomo la situazione degenera, e la famiglia sarà costretta a fare i conti con un ritorno in scena che destabilizzerà ogni equilibrio.

The Lie: Joey King, un’attrice al quadrato

In questo remake del film tedesco We Monsters (Sebastian Ko, 2015), Veena Sud (The Killing) dirige una Joey King enigmatica e fredda quanto le distese canadesi, scenario perfetto per l’evoluzione di un personaggio complesso quanto quello di Kayla Logan. Calcolatrice imperturbabile, la Kayla di Joey King sembra ignorare la gravità del gesto commesso, con una sospensione finzionale difficile da decodificare: a metà tra l’attonito e l’indifferente, la ragazza sembra custodire un profondo segreto, elemento chiave per lo scioglimento narrativo e la risoluzione del caso. Joey King è un’attrice al quadrato: è Joey, che intepreta Kayla, che interpreta una sé ermetica e sibillina in grado di animare il dramma emotivo e cambiarne le stesse sorti col silenzio. Lo svelamento finale non è altro che il raccordo potenziato di ogni sua espressione grigia e spenta, una summa di gesti allusivi che fanno di Kayla Logan l’oscurità in piena luce.

Di nuovo insieme

A fare il film sono senza dubbio i genitori di Kayla, Jay e Rebecca, che tornano a fare coppia per proteggere la figlia. Entrambi impegnati in una nuova relazione, e animati da tensioni insolute, i due non esitano a ricongiungersi al solo scopo di allontanare i sospetti della polizia sulla ragazza. L’esperienza attoriale di Peter Sarsgaard e Mireille Enos, veterani del mestiere, non riesce a sostenere il peso di una sceneggiatura caricaturale, per quanto prevedibile, che li vuole ritratti come mine vaganti, assorte nel dramma al punto tale da non accorgersi dei punti deboli che minano la loro fitta rete di bugie. Il sentimento degli ex coniugi, intenso e travagliato, si ravviva nello smarrimento, e nella necessità di stringersi e ritrovarsi complici oltre la morale. Interessante è l’alterazione fisica subita dai personaggi nel corso degli eventi: affascinanti e frizzanti nell’incipit della pellicola si trasformano progressivamente in automi senza volto, provati e afflitti, conniventi di prim’ordine in questo cammino dissoluto.

The Lie si apre alla chiusura

The Lie è un film imperfetto e lacunoso che affida l’explicit ad un plot twist seducente. L’apparente prevedibilità e i passi falsi dei tre protagonisti si risolvono tutti in un atto finale che non delude in sé, ma nella prospettiva di un thriller che avrebbe potuto osare molto di più. Il ritmo incalzante e la fluidità della narrazione lo rendono comunque un prodotto interessante e godibile, figlio di un progetto ambizioso che risalta senza dubbio nel catalogo dello streaming targato Blumhouse.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

2.9