The Art of More 1×01: recensione

Una serie che porta dipendenza. Questa è The Art of More, produzione americana diffusa dal 19 novembre su Crackle, piattaforma streaming (non disponibile in Italia) di proprietà della Sony.  Il 2015 regala dunque un’altra produzione televisiva da tenere d’occhio perché The Art of More appunto, vince sia per qualità che per ricercatezza dei temi, ma convince anche per un cast omogeneo (dove spunta un raggiante Dennis Quaid) ed un plot capace di reinventare se stesso minuto dopo minuto.

Come accade per le produzioni originali di Netflix, tutti gli episodi di The Art Of More sono già a disposizione sul web per una lunga e divertente maratona. La piattaforma streaming che fino ad ora non ha mai prodotto una serie origine che potesse aver vita lunga, con questa serie tv sbarca il lunario, tanto è vero che il prossimo anno, verrà prodotta una seconda stagione (un rinnovo che arriva qualche giorno dopo la messa in onda dello show). E’ quindi il primo vero sceneggiato made in Crackle che tenta la scalata nell’Olimpo delle serie tv, e nonostante qualche imperfezione, The Art Of More riesce ad emergere in un già affollato panorama di serie tv.   Il drama esplora il mondo sorprendentemente spietato delle grandi aste, frequentato da prostitute, contrabbandieri, mercanti e potenti collezionisti del bello e bizzarro.

La storia si concentra su Graham Connor interpretato da Christian Cooke che i più attenti ricorderanno di essere stato uno dei nuovi personaggi apparsi nella seconda – fallimentare – stagione di Witches of East End, lui è  un giovane che si muove in questo ambiente esclusivo sfruttando i suoi legami con il contrabbando di antichità cui è stato esposto mentre serviva come soldato in Iraq. Nella serie recita inoltre Dennis Quaid nei panni di un carismatico squalo del mercato immobiliare, abile col denaro e il potere, e tanto affascinante quanto intimidatorio.

The Art of More

The Art Of more, uno scatto dal pilot

Fra colpi bassi, patti scellerati, party da sballo (dove a dominare sono l’alcol e le belle donne), la serie segue nel dettaglio l’ascesa e la discesa del giovane Graham. Il ragazzo che a fatica si è tagliato il ruolo di prestigio all’interno della casa d’aste per cui lavora, dovrà fare i conti con il passato da contrabbandiere che – con veemenza – torna a bussare alla sua porta. Sedotto dal “lato oscuro della forza” ma soprattutto fedele al suo modo di essere, Graham dovrà difendersi da svariate accuse (anche di un omicidio), e per riabilitare il suo buon nome il ragazzo (sexy come non mai e con spiccate doti recitative) sembra essere disposto a tutto.

The Art of More: drama complesso e dal grande appeal

The Art of More ha una trama in divenire, perché è con il passato dei minuti (e degli episodi) che si possono apprezzare tutte le sfumature più particolari di un drama sfaccettato, complesso e dal grande appeal. Non è certo la produzione più innovativa della tv perché, lo show, non nasconde i suoi limiti, eppure grazie ad un plot ben articolato, ad un’atmosfera pop e raffinata, veniamo condotti nel selettivo mondo dell’arte, un universo anch’esso complesso, dove il lusso, la scaltrezza ed i soldi sono l’ingrediente necessario (e sufficiente) per farsi un nome. In questa caratteristica peculiare si trova la forza stessa della serie che, con affabilità, parsimonia e tanto sex appeal, va a costruire un intrigante archetipo narrativo specchio di una realtà competitiva e seducente. Calda la regia, bella la fotografia, coinvolgente e sfiziosi i dialoghi, interessante la caratterizzazione dei personaggi (dove spunta proprio il buon Graham), lucente il look dei protagonisti ed ariosa l’atmosfera di una città sbrilluciosa che – saggiamente – sa nascondere i suoi segreti. The Art of More è una vera scommessa che, dalle prime battute, sembra convincere nella sua interezza.

Giudizio Cinematographe

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.6
Sonoro - 3
Emozione - 3.7

3.3

Voto Finale