Silent Sun of Russia: recensione del film di Sybilla Tuxen dal TSFF35

Silent Sun of Russia è un film oscuro, inquietante come sono i racconti di tutte le guerre, ed anche ricco di gioventù vitale che comunque, nonostante tutto, sogna.

Alyona, Alika e Katya sognano tutte l’amore e l’amicizia, ma soprattutto di lasciare la Russia di Putin. Questo è l’oggetto di Silent Sun of Russia, il film di Sybilla Tuxen, regista e fotografa danese, anteprima italiana al Trieste Film Festival 35 (19-27 gennaio 2024), presente nella sezione dei documentari in concorso. La regista è partita anni fa, nel 2018, per Vladikavkaz, la prima persona che incontra è Alika e da lì, filma. Il desiderio di questi giovani di andarsene, la voglia di abbandonare il luogo in cui sono nati e cresciuti, nota questo nei ragazzi e nelle ragazze che segue, ma percepisce anche la disillusione di chi si sente tradito, non accolto “dentro” ai confini della patria. Si evince chiaramente lo scopo da cui nasce il documentario, mostrare in modo diverso la gioventù russa, lontana dal cliché attraverso cui viene narrata dai media.   

Silent Sun of Russia: un documentario che narra con rispetto le esistenze delle sue tre protagoniste

Sono ribelli e anarchiche, fanno parte di una gioventù globale che sogna di vivere una vita moderna in libertà. Loro sono le protagoniste di Silent Sun of Russia, documentario che indaga esistenza, spinte, paure e sogni di queste ragazze, espressi da gesti, parole, tensioni, dialoghi e rapporti. Nel momento in cui scoppia la guerra contro l’Ucraina, per le tre ragazze partire diventa ancora/sempre più difficile, e, allo stesso tempo, restare diventa impossibile, quasi insopportabile. Georgia, Spagna, Russia. Ognuna sceglie la propria strada per sopportare ciò che sta succedendo. La loro generazione perde di giorno in giorno la fiducia ed è sempre più doloroso il rapporto con quel luogo che hanno difficilmente chiamato casa e c’è chi prova a resistere a tutto ciò che accade, anche a distanza, e chi, ancora rimasto lì, deve fare i conti con la realtà.

Il documentario di Sybilla Tuxen narra i giorni complessi e vorticosi di queste ragazze, mostra disagio e incertezza riguardo al futuro che permea la vita di queste giovani che si ritrovano in una nuova condizione, dopo l’inizio della guerra. Tuxen con il suo Silent Sun of Russia fa qualcosa di diverso rispetto a ciò che è accaduto, i documentaristi si sono concentrati quasi esclusivamente sulla guerra, mentre qui ci si concentra su una storia differente.

Si segue la generazione dei giovani espatriati russi, rifugiati in luoghi distanti per sfuggire alla morsa di Putin. Quella di Tuxen è una narrazione senza commenti, al centro ci sono queste ragazze con la loro vita, le loro idee, la loro gioventù messa in discussione e a rischio, che si raccontano da sole. Alyona, Alika e Katya, traumatizzate da un governo che controlla fin dall’infanzia, che forma secondo i propri principi, valori e regole, non accettano la guerra, disapprovano chi è al potere e il modo in cui i media russi provano a narrare una loro realtà, rendendo i cittadini e le cittadine, esseri umani abbandonati a se stessi, isolati in tutti i sensi.

Silent Sun of Russia: uno sguardo silenzioso ma presente per narrare la gioventù russa

Tuxen con il suo sguardo segue le ragazze, perlustra e naviga il flusso emotivo, mai esagerato perché i temi sono di per sé intensi e dolorosi, porta sullo schermo storie intrise di vita, piene di sfumature, narrazioni polifoniche che mettono in mostra fragilità e pensieri, riflessioni e tensioni tutte umane e universali. Il documentario ha un occhio unico per narrare i destini umani e i mondi nascosti nell’animo e tra le pieghe dei corpi. La regista si insinua, con rispetto e in silenzio, nelle loro esistenze, e il racconto si svolge di notte, in auto, in appartamenti e nei cortili, tra gli abbracci di coppie che si amano ma forse devono lasciarsi, di compleanni vissuti da lontano. Tuxen cattura con il suo sguardo documentaristico e intenso insieme, con le sue inquadrature potenti e rivelatrici l’essenza di queste ragazze e quindi di questa gioventù.

La regista nonostante mostri vicinanza alle persone che segue e mostri l’intimità, il bagaglio personale e emotivo delle sue protagoniste, dietro una finestra, dall’alto, vicino ma comunque filtrato da qualcosa – banalmente il rispetto per la realtà che avviene – lo sguardo sembra comunque straniero a quel gorgo chiamato vita e lo spettatore si sente così partecipe da una parte ma dall’altra un intruso. 

Silent Sun of Russia: conclusione e valutazione

Un documentario come quello di Tuxen non può che toccare, prima di tutto perché la Storia che ad un certo punto colpisce inevitabilmente e inaspettatamente, lo spettatore la conosce “bene”; è una visione e un punto di vista sghembo rispetto all’invasione ucraina e allo stato di guerra, si riverbera nelle parole, negli sguardi, nei racconti di chi è rimasto e arriva fino alle orecchie di chi se ne è andato. Silent Sun of Russia è un film oscuro, inquietante come sono i racconti di tutte le guerre, ed anche ricco di gioventù vitale che comunque, nonostante tutto, sogna. È una cronistoria di giorni, mesi, un intero periodo in cui Alyona, Alika e Katya stanno crescendo, sognando, pensano di ribellarsi ad una condizione a loro ostile ed hanno anche momenti di sconforto e dolore per qualcosa che è più grande di loro. Quello di Tuxen è un documentario fatto di paesaggi notturni, avvolti da una lieve foschia o illuminati da neon, a rendere il film ancora più interessante e angosciante è proprio la fotografia, sempre di Tuxen, che rende l’opera particolarmente potente.

Per lo spettatore guardare il documentario di Tuxen è partecipare a vite di persone normali, di giovani ragazze che ambiscono a cambiare il mondo, anche se cambiarlo non è una cosa facile

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2