Sigonella – La sfida: recensione del documentario
Tra diplomazia, coraggio e tensioni internazionali, il documentario di Flavia Triggiani e Marina Loi riporta alla luce la notte di Sigonella e il suo peso storico
Esistono episodi della storia che superano di molto la fantasia. C’è un’immagine, in particolare, che sembra uscita da un film d’azione: l’accerchiamento tra gli uomini della VAM (Vigilanza Aeronautica Militare) e i Carabinieri da un lato, e i militari della Delta Force americana dall’altro. Giovani reclute italiane che puntano le loro armi contro uno dei corpi militari più addestrati del pianeta. Successe nella notte tra il 10 e l’11 ottobre 1985, sulla pista dell’aeroporto militare di Sigonella, in Sicilia, sede di una base della Naval Air Station della marina statunitense. A ricostruire l’episodio ci pensa, con grande chiarezza, il documentario diretto da Flavia Triggiani e Marina Loi Sigonella – La sfida, dedicato ai tragici eventi della nave Achille Lauro del 1985. Il documentario andrà in onda in seconda serata su La7 il 6 ottobre 2025.
Il sequestro della nave da crociera Achille Lauro

Tutto ebbe inizio lunedì 7 ottobre 1985, quando alle 13:07 un commando di quattro terroristi palestinesi dirottò la nave da crociera italiana Achille Lauro. L’attacco scattò dopo la partenza dal porto egiziano di Port Said, non lontano dalle acque israeliane e dal porto di Ashdod, prossima tappa del viaggio. I militanti appartenevano all’FLP, il Fronte per la Liberazione della Palestina, gruppo radicale dell’OLP, l’organizzazione politica e paramilitare fondata nel 1964 e guidata da Yasser Arafat.
I dirottatori chiedevano la liberazione di 50 palestinesi detenuti in Israele. Fin da subito fu chiaro l’intento politico che si celava dietro l’azione: i difficili rapporti tra Palestina e Israele. L’attenzione mediatica si concentrò sulla nave italiana, seguendo gli sviluppi ora dopo ora.
I quattro si erano imbarcati a Genova con documenti falsi, pronti a colpire in un porto israeliano, ma una volta scoperti furono costretti a improvvisare un piano d’emergenza al largo delle coste egiziane. Presero il controllo della nave, a bordo della quale vi erano oltre 400 tra membri dell’equipaggio e passeggeri. Da quel momento prese forma uno dei momenti più delicati della Guerra Fredda: da una parte Italia, Israele e Stati Uniti; dall’altra i paesi arabi.
Sigonella mise alla prova la politica estera italiana

Nell’ottobre 1985 il governo italiano era guidato da Bettino Craxi, con Giulio Andreotti agli Esteri e Giovanni Spadolini alla Difesa. L’esecutivo si trovò di fronte a una crisi complessa: da un lato la salvaguardia dei passeggeri e la sicurezza nazionale, dall’altro la pressione americana per gestire direttamente la vicenda. Craxi scelse di far prevalere la linea italiana, aprendo un canale diplomatico con Arafat e gestendo in prima persona la trattativa. Arafat negò il coinvolgimento diretto dell’OLP e collaborò alla mediazione, indicando due emissari: Hani El Hassan e Abu Abbas.
Il documentario, attraverso materiali d’archivio, immagini inedite, testimonianze di passeggeri, diplomatici e magistrati, ricostruisce la vicenda con precisione e chiarezza. L’intento delle registe è quello di mettere ordine in un evento complesso che coinvolge decine di figure, tra cui il sospetto – avanzato dal Mossad – che Abu Abbas fosse l’ideatore del dirottamento.
L’uccisione di Leon Klinghoffer e la crisi di Sigonella

La situazione precipitò con l’uccisione di Leon Klinghoffer, passeggero disabile ebreo di cittadinanza americana. L’episodio non emerse subito: tra l’8 e il 9 ottobre, grazie ai mediatori inviati da Arafat, il dirottamento sembrava concluso. I quattro palestinesi ottennero il permesso di lasciare la nave a bordo di una motovedetta egiziana con la promessa di un salvacondotto.
Quando si seppe dell’omicidio di Klinghoffer, gli Stati Uniti decisero di ignorare gli accordi presi da Italia ed Egitto e di intervenire direttamente. Reagan ordinò di intercettare il volo diretto a Tunisi con i dirottatori e i mediatori a bordo: l’aereo fu costretto ad atterrare nella base NATO di Sigonella, in Sicilia.
Craxi decise di non permettere ai militari americani di avvicinarsi all’aereo, provocando una tensione altissima con la Delta Force. La crisi diplomatica tra Craxi e Reagan fu durissima, ma l’Italia ottenne la custodia dei dirottatori e dei mediatori, trasferiti nel carcere di Siracusa. Dopo lunghe trattative, i mediatori palestinesi furono liberati e fatti partire per Belgrado: una scelta politica decisa da Craxi, contraria alla linea più filoamericana di Spadolini.

I quattro dirottatori furono poi processati e condannati a Genova. Le tensioni tra Roma e Washington si risolsero con una lettera di Reagan, passata alla storia per il suo celebre incipit: “Dear Bettino”. Con quella lettera Craxi accettò di recarsi nuovamente in visita ufficiale alla Casa Bianca. O, comunque, Reagan aveva compreso le ragioni strategiche del governo italiano. Dopo il Lodo Moro, l’Italia godeva di un rapporto privilegiato con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, un patto di non belligeranza che escludeva il territorio italiano da eventuali attacchi terroristici, con in cambio la possibilità per i palestinesi di libertà di passaggio di armi ed esplosivi sul proprio territorio nazionale.
Sigonella – La sfida: valutazione e conclusione
Il documentario analizza i fatti con rigore e chiarezza, riportando ordine in uno degli episodi più complessi e tesi della storia repubblicana. Sigonella – La sfida non si limita a rievocare una crisi diplomatica, ma riflette anche sul seme della violenza, germogliato dopo decenni di soprusi e disperazione vissuti dal popolo palestinese. Mandarlo in onda a ridosso del 7 ottobre (data del terribile pogrom ai danni dei cittadini israeliani) assume un significato profondo: dopo due anni di massacri e di bombardamenti israeliani sulla popolazione civile, con oltre 65.000 morti, il documentario ci obbliga a interrogarci sul prezzo che i palestinesi continuano a pagare. Quanta altra violenza nascerà da questo genocidio?
In una delle testimonianze più toccanti del film, il pubblico ministero della Procura di Siracusa – che ebbe il compito di prendere in affido i quattro terroristi e interrogarli – chiese a uno di loro: “Perché lo fai?”. La risposta fu secca e terribile: “Perché sono un uomo morto. Mi hanno ammazzato tutta la famiglia”. Basta questo breve dialogo per intuire il senso drammatico, ancora irrisolto, della questione israelo-palestinese.