Si Vis Pacem Para Bellum: recensione del film di Stefano Calvagna

Si Vis Pacem Para Bellum è scandito da colpi di pistola e rombi di motori, ma in realtà narra una storia di genere che abbraccia stili diversi

Il titolo dell’ultima fatica di Stefano Calvagna parla chiaro: se vuoi la pace, prepara la guerra. Di questa preziosa lezione, in Si Vis Pacem Para Bellum, fa tesoro Stefano (interpretato dal regista stesso), quarantenne che si guadagna da vivere come buttafuori nei locali e che, quando necessario, si spoglia delle sue vesti di uomo normale per portare avanti una carriera da criminale, al soldo di un tipo molto più potente e influente di lui. La sua vita si distende tra i luoghi che è solito frequentare: la palestra, l’ufficio del “boss”, la sua casa adibita a tempio-santuario. Non si può affermare la stessa cosa per quanto riguarda le persone di cui farà la conoscenza, che subentrano una alla volta. Stefano è, infatti, diviso fra più donne che hanno tutte, per scopi diversi, bisogno di lui: la prima di queste, in ordine di importanza ma anche in ordine di comparsa, è la madre malata di Alzheimer, convinta che suo marito sia ancora vivo; seguono le prostitute con cui è legato tramite il solo (e ovvio) rapporto sessuale e, infine, la raggiante e timida cameriera che lavora nel suo ristorante cinese preferito, Lee Ang.

Si Vis Pacem Para Bellum: il film di e con Stefano Calvagna

si vis pacem para bellum cinematographe.it

Il protagonista, pur muovendosi sulla parte marcia della superficie di Roma, è un uomo che vive la propria violenza come fosse il mezzo necessario per conseguire un fine ultimo, più alto: al “prima il piacere, poi il dovere”, pensiero guida del boss per cui lavora, oppone una sua personalissima filosofia, secondo la quale il piacere e il dovere non solo sarebbero legati tramite un rapporto di causa-effetto ma sarebbero, anche, l’uno faccia antistante e compresente dell’altro.
Dunque, è facile comprendere come Calvagna, anche grazie al titolo e a un appeal da action movie, abbia in realtà camuffato e travestito il suo Si Vis Pacem Para Bellum da film muscolare, scandendo il suo ritmo a colpi di pistola e rombi di motori, ma in realtà narrando una  storia di genere che abbraccia molteplici tendenze e stili che affondano le proprie radici altrove. Lo si nota, principalmente, quando la conoscenza di Lee Ang, così tanto vicina al suo amato Oriente, comincia a smussare la durezza di Stefano e a ispirare in lui il più alto spirito di sacrificio. Più precisamente, è opportuno parlare di quel classico obbligo morale che matura nella consapevolezza dell’eroe dei fumetti: abbiamo già visto qualcosa di simile nel film rivelazione del 2016 diretto da Gabriele Mainetti, il pluripremiato Lo Chiamavano Jeeg Robot, in cui l’emergere di concetti nuovi e sconosciuti a un “uomo-nessuno” era facilitato non solo dalla comparsa di un elemento estraneo (le sostanze tossiche con cui il suo corpo viene a contatto), ma anche e soprattutto dal manifestarsi repentino di una certa persona, una donna. E allora l’uomo-nessuno (o anche uomo-qualunque), alla maniera dei più celebri supereroi della cultura occidentale, gradualmente acquisisce la consapevolezza di un onere, un compito che lui solo può portare a termine.

Si Vis Pacem Para Bellum è una storia di genere che abbraccia stili diversi

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Calvagna, in qualità di regista e di attore, apprende la lezione e la fa sua. Ci prova e, con efficacia di gran lunga minore, riesce a utilizzare le meccaniche fumettistiche introducendole in un film dall’aspetto totalmente differente, nella quale narrazione non figurano sostanze mortali e né – se vogliamo spingerci oltreoceano – ragni velenosi che introducono le proprie tossine sottopelle: il mondo clandestino che si cela nei quartieri romani è, dopotutto, territorio aspro per sua stessa natura, ed è perfetto per la messinscena di inseguimenti, fughe e sparatorie. Tuttavia, nonostante la storia di genere di Calvagna sia il risultato di un rilevante esperimento condotto dal cinema italiano negli ultimi anni, e nonostante ne costituisca una piccola parte, va tenuto conto di alcune soluzioni stilistiche piuttosto ingenue, come ad esempio panoramiche e riprese aeree tutt’altro che pregevoli, uno script poco tagliente e la direzione impacciata e grossolana di alcune sequenze che ne minano il risultato finale: di Si Vis Pacem Para Bellum si apprezzano gli intenti, insomma, ma rimane un discreto intrattenimento per il piccolo schermo, e niente più.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 1.5
Emozione - 1.5

1.9