Bifest 2019 – Saf: recensione del film di Ali Vatansever
Il regista Ali Vatansever presenta al Bifest 2019 il suo nuovo film dopo la commedia One day or another. La nostra recensione di Saf.
Presentando il suo film sul palco del Teatro Petruzzelli di Bari, il regista Ali Vatansever racconta il lungo e tortuoso lavoro che lo ha portato a realizzare Saf. Dopo ben sei anni dal suo primo lungometraggio, El Yazysy (One day or another) del 2012, Ali Vatansever realizza la sua seconda opera raccontando le difficoltà personali e sociali in un mondo in continua crescita ed evoluzione. A parlarne in questi termini, però, si rischia di sminuire l’intento di racconto e denuncia del regista. Vatansever, per prima cosa, analizza e spiega il significato celato dietro quel Saf, titolo del suo film. Egli dice: “La parola Saf è intraducibile ed ha molteplici significati. Vuol dire puro, ingenuo, ma talvolta ha anche il significato di folle. Ad una terza interpretazione vuol dire anche esser di parte, e sostanzialmente è quello che Mondo sta facendo ora: prendere delle parti. Come si fa ora a sopravvivere, a vivere, ora che l’urbanizzazione, o semplicemente i cambiamenti – sociali e non solo – ti spingono a prendere delle posizioni? Come si fa a restare puri di fronte a tutto ciò?“
In Saf la lotta costante per un posto in un mondo in continuo mutamento
È proprio questa – quella spiegata dalle parole del regista – la sfida che vede impegnati i protagonisti di questo film. Una giovane coppia che cerca in tutti i modi possibili di sopravvivere alla quotidianità in un mondo, in una città, in continua crescita ed evoluzione. La storia si svolge in uno dei quartieri in attuale urbanizzazione di Istanbul, Fikirtepe, la parte asiatica della città stessa. Kamil, interpretato da Erol Afsin – Utku nella serie tv Homeland – Caccia alla Spia – è sposato con Remziye, interpretata da Saadet Aksoy – Aska in Venuto al mondo di Sergio Castellitto. L’uomo è in cerca di un lavoro e lo trova, in gran segreto, come scavatore notturno in uno dei tanti cantieri del quartiere. La vita di Kamil e di sua moglie muta completamente quando, saltata la copertura sull’ottenimento del lavoro, deve combattere contro un operaio siriano per tenerselo stretto.
Con una delicatezza registica palpabile, Ali Vatansever mette in scena le difficoltà ed il dramma del nostro tempo. Localizzato in uno specifico luogo della Terra, in questo caso la Turchia, Saf racconta quanto i cambiamenti urbani possano influire pesantemente sulle vite di chi vede il proprio intorno cambiare dinanzi a se. Attraverso la storia di Kamil e Remziye, Saf sviscera una componente sociale ed urbana molto forte. Non a caso, guardando il film, è costante il suono e i rumori dei cantieri, così numerosi da farci immaginare di essere immersi in prima persona in quell’aria polverosa, spenta, grigia, arida.
Temi sociali e politici nascosti sotto il dramma dei protagonisti
La lotta sociale verso un futuro degno di essere vissuto si scontra con una velata invettiva sociale e quasi politica verso una costante immigrazione – il siriano che si vede minacciato dal protagonista quando quest’ultimo ottiene il lavoro. Temi e dibattiti che, nonostante siano raccontati in luoghi distanti dai nostri, racchiudono quell’universalità che li rendono tuttavia vicini a noi.
I due protagonisti sono specchio di una generazione apparentemente arrendevole di fronte a questa mutevole marea. In entrambi, e anche personaggi a loro vicini, traspare una certa paura, timidezza, ingenuità – e qui il rimando al titolo – verso delle difficoltà sempre più difficili da superare. La domanda che potrebbe spontaneamente nascere è questa: in che modo affrontare la precarietà? Con quale stato d’animo e con quale consapevolezza?
Saf convince nel voler raccontare, sotto forma di episodio a se stante, problematiche sociali, come prima dette, ormai universali.