TS+FF 2022 – Rubikon: recensione del film di Magdalena Lauritsch

Un film intenso, da vedere!

Anche se ambientato in un prossimo futuro nello spazio, Rubikon, l’opera prima di Magdalena Lauritsch, presente al Trieste Science Film Festival (a Trieste, dall’1 al 6 novembre 2022), è un film piuttosto attuale, intriso di senso di colpa e angoscia per la catastrofe ambientale, ma anche soffuso di un senso di impotenza. È il 2056 e, dopo il crollo dell’ecosistema mondiale, i ricchi vivono in un biodome che li proteggono dall’atmosfera contaminata. Sulla stazione spaziale, “Haven”, stanno lavorando ad esperimenti con alghe, un rivoluzionario sistema di filtraggio basato su di esse, una possibile soluzione per salvarsi da quell’aria mortifera. I membri del piccolo equipaggio tra cui Hannah Wagner (Julia Franz Richter), hanno idee diverse. Alla fine, tutto va storto in una sequenza tesa e raccontata in modo teso, mentre una nube gigante copre il pianeta. Hannah resta a bordo con Gavin (George Blagden) e Dimitri (Mark Ivanir), un russo colpito dal dolore per la perdita di suo figlio.

Rubikon: un dramma fantascientifico intenso che si fa avvertimento e riflessione etica

Rubikon è un dramma fantascientifico che si fa in parte avvertimento ambientale e in parte una questione etica che pone un interrogativo sull’interesse individuale e quello collettivo. La sceneggiatura (di Leni Lauritsch e di Jessica Lind) fa sì che, date le minuscole probabilità di sopravvivenza dei personaggi, le scelte filosofiche siano ancor più complesse di quanto si possa solo immaginare, non è solo questione di causa ed effetto, le opinioni sono diverse, le condizioni si fanno sempre differenti, l’animo umano in quella situazione è mutevole. È il 2056 e la Terra è avvelenata, governata da corporazioni e eserciti. Mentre i ricchi si rannicchiano comodamente in biodome filtrate, i poveri vengono lasciati soli, a soffocare sulla terra; ancora la gerarchia sociale condiziona determina la possibilità di vivere. La nebbia marrone strisciante si espande su tutta la Terra, nebbia che vuole spegnere la vita umana e la possibilità di connessione tra il pianeta e la stazione spaziale. Quando una parte dell’equipaggio muore e la restante parte comprende le complicazioni derivate dall’espandersi di quella nube, la storia semina degli interrogativi che riguardano ogni tipo di emergenza. I membri dell’equipaggio dovrebbero rischiare la vita per salvare ciò che resta dell’umanità? Questo diventa l’unico e ossessivo interrogativo attorno al quale si costruisce il film.

Schermi e corridoi sterili, fotografati da Xiaosu Han e Andreas Thalhammer, creano immagini ripetitive – ed è inevitabile, perché quello è l’unico luogo in cui i personaggi possono vivere e muoversi -, ripetizione che distrugge e tormenta, provocando uno stato ansiogeno, scontri continui, scelte sbagliate. La regista esplora il conflitto della mente e al tempo stesso vuole dare un messaggio ambientale, tematica in questi anni al centro del dibattito civile e sociale. I tre dovrebbero aiutare le persone sulla terra e rischiare di morire loro stessi oppure dovrebbero rimanere lì, sapendo che così sarebbero salvi? Gavin vuole aiutare i pochi sopravvissuti, mentre Dimitri vuole restare. Hannah è nel mezzo.

Come accade sempre in questi casi, lì, su quella stazione spaziale, la vita va avanti, tra un bicchierino di vodka, una serata di confessioni e di ballo sfrenato il dilemma morale si insinua e si ha spesso la sensazione che non accada nulla perché il vero movimento è dentro la mente dei personaggi.

Rubikon: un film ansiogeno che ci parla anche di ciò che abbiamo vissuto

Lauritsch ha scritto il film prima della pandemia, con in mente temi come il cambiamento climatico e la crisi determinata dall’esodo dei rifugiati, poi la realtà è esplosa e ha girato durante la seconda ondata di coronavirus e i parallelismi tra la situazione che si stava vivendo e il film sono così tanti ed evidenti da dare un altro senso all’opera stessa. A livello emotivo, Rubikon è un film su come l’isolamento generi vari atteggiamenti e su quanto sia facile rimpicciolire il proprio punto di vista, la propria “mente”, la propria anima e condizione umana nonostante si possa vedere la curvatura della Terra dalla finestra della propria camera da letto. A livello morale, tuttavia, è un gioco tragico che sotto le spoglie di un thriller diventa una riflessione sulla responsabilità verso sé stessi, la propria famiglia e la società.

Un’interessante opera prima, che colpisce

Rubikon, una sorta di dramma da camera, è un’interessante opera prima che nonostante qualche lungaggine di troppo mette lo spettatore nella condizione di riflettere su molte cose, la questione morale, la lotta di classe, il dovere e il sacrificio che si mescolano con i drammi spaziali. Il film di Lauritsch lavora bene sulla suspense, gioca con la tensione che porta a galla l’animo dei personaggi, a sorprendere ci sono anche le immagini. Grazie al lavoro intimo della telecamera e al meticoloso montaggio del suono, lo spettatore si sente accanto ad Hannah. 

 

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.7