Ritorno a l’Avana: recensione

La maggior parte delle persone in un modo o in un altro almeno una volta nella loro vita sono state bloccate ad una “riunione di gruppo” in cui tutti gli altri ospiti avevano un passato e dei ricordi in comune. Si potrebbe sorridere educatamente e far finta di essere interessati ma, cerchiamo di essere onesti, è noioso guardare la scena dall’esterno. Quindi non è sorprendente quando, dopo aver visto “Ritorno a l’Avana” di Laurent Cantet, ci si inizia a sentire come uno spettatore di quelle festicciole esclusive. Questa riunione di cinque amici di mezza età su un tetto de l’Avana dovrebbe, quasi impercettibilmente, avere una transizione più ricca, dovrebbe essere un’esperienza emotivamente più espansiva.

Non si può negare che il dramma, soprattutto quello esclusivamente parlato, richieda pazienza. Ci si accorge che è comunque un film realizzato con amore, il quale acquista un’intensità inaspettata quando mette in scena sia la resa spirituale che la rabbia infettiva di una generazione, alla luce della disillusione nei confronti di un paese che ha fallito. In termini semplicistici, si tratta di una versione politica cubana di “The Big Chill”. Invece di una morte, è la perdita della speranza collettiva che funge da catalizzatore per un auto-esame qui, mentre il comfort dell’amicizia rimane, anche se spesso messo alla prova.

Cantet è sempre stato un realista sociale impegnato. La sua vocazione rimane in prima linea, anche se acquista un sacco di basi psicologiche in questa collaborazione con il cubano Leonardo Padura, critico letterario, sceneggiatore, giornalista e giallista.

Ritorno a l'Avana

Una scena del film

Tuttavia, una certa conoscenza del contesto storico e culturale è un passo necessario per il montaggio dei ritratti di questi bambini orfani della Rivoluzione. Quindi, anche se parti del film sono faticose da comprendere, queste sono bilanciate da intuizioni personali e riflessioni universali sulla resa dei conti di mezza età con il rammarico, la frustrazione, il compromesso e il totale fallimento.

Il riferimento omerico indicato nel titolo originale (“Retour à Ithaque”), non è un mistero, si riferisce a uno dei protagonisti. L’Ulisse di questa storia è Amadeo (Nestor Jimenez), uno scrittore appena tornato da 16 anni di auto-esilio in Spagna. L’occasione è una festa di bentornato a casa di Aldo (Pedro Julio Diaz Ferran), sulla sua terrazza che si affaccia sul serpeggiante lungomare della città, il Malecon. Ma, mentre la serata inizia con danze e allegria, la riluttanza di Amadeo di spiegare la sua improvvisa partenza e tutti quegli anni di assenza getta una nube sull’aria mite.

La sua più dura giudice è l’unica donna rimasta nel gruppo, Tania (Isabel Santos), un’oculista sfiorata dalla “nuova” Cuba, amareggiata che i suoi figli siano fuggiti a Miami. Gli altri sono stati allo stesso modo toccati dalla crisi economica che ha fatto seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Rafa (Fernando Hechevarria) è un artista alcolizzato, troppo oppresso dal clima di paura per dipingere. Il più tollerante è Aldo, un ingegnere costretto a lavorare in fabbrica. Le sue mani sono rovinate dall’acido delle batterie, la moglie lo ha lasciato per pascoli più verdi e suo figlio vuole lasciare il paese.

Il solo apparentemente di buon umore è Eddy (Jorge Perugorria), il quale è riuscito a trasformare le restrizioni del periodo in opportunità nel settore finanziario. Ha abbandonato le sue radici come uno scrittore di talento, ma sembra debba pagare qualcosa per i suoi loschi affari. Il singolo luogo dove si svolge la vicenda e il flusso e il riflusso della conversazione che va dal ricordo attraverso recriminazioni alle scottanti e dolorose confessioni fanno si che “Ritorno a l’Avana” faccia sentire lo spettatore come parte di una pièce teatrale appena iniziata.

Ritorno a l'Avana

Ritorno all’Avana di Laurent Cantet

Cantet permette anche a elementi esterni suggestivi di filtrare nel gruppo un po’ di sensibilità per enfatizzare l’attaccamento del pubblico (vicini di casa che combattono dall’altra parte della strada; un maiale viene macellato in un cortile di sotto; una partita di baseball dall’altra parte della città). Un momento rivelatore è semplicemente un breve ma tenero sguardo lanciato da Amadeo a una bella donna, mentre questa si asciuga i capelli su un balcone vicino.

“Ritorno a l’Avana” è, forse anche per sua stessa natura, un film che avrà poco da dire al pubblico giovane, come indicato dalla ripetuta identificazione dei personaggi di se stessi come “vecchi di merda.”Ma la dimensione umana compassionevole di questa istantanea di gruppo s’insinua in chi guarda, e vale la pena buttarci un occhio.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.7
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.2

3.5

Voto Finale