Roma FF16 – Red Rocket: recensione del film di Sean Baker

L'opera, presentata al Festival di Cannes, è nella sezione Tutti ne parlano de La Festa del Cinema di Roma 2021. L'opera, con toni comici ma con un intento critico ben preciso, porta su schermo la tragica e assurda storia di un pornoattore.

Red Rocket è l’ultima fatica di Sean Baker, regista, sceneggiatore, montatore e produttore cinematografico americano, presentata quest’estate al Festival di Cannes 2021 e vincitrice del Premio della Giuria e della Critica al Deauville Film Festival. La realizzazione vede come protagonista Mickey “Saber” Davis, un pornoattore che, in mancanza di denaro, decide di tornare a vivere dalla moglie in Texas con risultati tra il tragico e il comico. L’opera si avvale di una sceneggiatura fresca e spumeggiante, che fa parecchio sorridere, ma mette in mostra anche un impianto critico raffinato e studiato a puntino con una regia con un taglio volutamente amatoriale e “sporco”. Dopo Tangerine (2015) e Un sogno chiamato Florida (2017), Baker torna sul grande schermo con un’opera assolutamente imprescindibile che potrebbero però far storcere il naso ad alcuni.

Red Rocket è arrivato anche in Italia grazie alla 16esima edizione della Festa del Cinema di Roma, che si tiene nella Capitale dal 14 al 24 ottobre 2021. Il film non fa parte della selezione ufficiale, ma di Tutti ne parlano, la sezione che contiene alcune novità direttamente dai Festival internazionali (in questo caso da Cannes). Purtroppo non si sa ancora quando il lungometraggio, distribuito da Universal Pictures in Italia (da A24 sul suolo statunitense) arriverà nel nostro paese , ma nonostante questo siamo qui per parlarvene in modo da soddisfare ogni vostra curiosità sul progetto.

Red Rocket: tante risate, ma molto amare

Red Rocket

Mickey “Saber” Davis è uno sfortunato e imbranato pornoattore che, a seguito di un diverbio, si ritrova senza soldi. Decide quindi di ricominciare alle origini, nel suo Texas, dalla moglie Lexi (Bree Elrod), iniziando con buoni propositi e con l’intenzione di tornare ad un’apparente normalità. Ma l’incontro con la Strawberry (Suzanna Son), giovane commessa all’interno di un negozio di dolciumi, gli cambia completamente l’esistenza e anche le sue prospettive future. La sequenza iniziale è leggendaria: il protagonista, malmenato, fragile e deluso torna a malincuore nella sua città natale, dove ha abbandonato una vita misera e si scontra fin da subito con la moglie che non lo vuole a casa. È sufficiente questa scena  per capire il tono del film: scanzonato, che sembra non prendersi troppo sul serio, ma che colpisce fortemente per la sua immediatezza e schiettezza.

La sceneggiatura, redatta dallo stesso Sean Baker insieme a Chris Bergoch (Starlet, Un sogno chiamato Florida), lavora infatti con uno stile ironico di fondo che però nasconde, sotto la superficie, più livelli di lettura dell’intero progetto. Da un lato abbiamo una perfetta analisi sociologica del Texas e dei suoi abitanti che sono oggetti di una critica volutamente beffarda ed esasperata, dall’altro abbiamo un compendio dettagliato e parecchio esplicito sul mondo del porno, pane per i denti del protagonista e il suo mezzo di espressione più usato. Spesso vengono usati all’interno di Red Rocket dei riferimenti sessuali e pornografici particolarmente espliciti e coloriti senza nessun filtro e ciò potrebbe non essere apprezzato da tutti.

Nonostante questo, Mickey si esprime esattamente così, dimostrando una piena coerenza di scrittura con il personaggio. L’utilizzo del porno e di tutti i piccoli dettagli che ruotano intorno a questo mondo diventano una concretizzazione, su schermo, del background del protagonista che, grazie a tale impalcatura narrativa diventa ancora più tridimensionale. Passando invece allo studio del Texas e dei texani, Baker opera a livello di sceneggiatura lavorando sull’accento e lo slang, sugli atteggiamenti bellicosi e irascibili dei personaggi, su dialoghi al vetriolo pieni di volgarità, ma anche portatori di un’anima provinciale e “contadina” che appartiene a questa fetta di America. Come detto poc’anzi l’intento sembra essere quello critico e questo aspetto viene ulteriormente avvalorato da alcune sequenze che riprendono dei passaggi controversi dell’era trumpiana.

Mickey è il protagonista indiscusso di Red Rocket ed è rappresentativo di tutto lo spirito demenziale, comico e anche tragico del film. Il pornoattore è sfortunato, è un latin lover, un sognatore di altri tempi che vorrebbe probabilmente una vita sempre ai massimi livelli, ma viene puntualmente riportato sulla terraferma. Un personaggio incredibilmente umano, strepitoso in ogni sua caratteristica ed ovviamente il merito non è esclusivo del graffiante copione proposto, ma anche della brillante interpretazione di Simon Rex, che dedica anima e corpo al suo alter ego filmico, dandogli un guizzo emotivo al confine tra un eroe donchisciottesco e un Casanova del mondo del porno.

Red Rocket: un inno a Texas City e alla sua suggestiva imperfezione

Red Rocket

Anche gli altri personaggi di Red Rocket sono caratterizzati a dovere e, soprattutto, fanno parte coerentemente della dimensione politica e sociale della visione di Sean Baker. In particolare tra i tanti emergono la moglie del protagonista, Lexi, incarnata da un’ottima Bree Elrod che rappresenta il principale ostacolo al sogno utopico di Mickey e l’affascinante femme fatale Strawberry (Suzanna Son) che porta una svolta fondamentale all’interno della storia. La giovane attrice, che ha debuttato da pochissimo sul grande schermo, riesce in maniera straordinaria a dare vita ad un personaggio complesso e ammiccante.

Passando invece alla regia della realizzazione, il lavoro che è stato effettuato è del tutto in linea con l’anima underground del lungometraggio. La macchina da presa, infatti, utilizzata su pellicola da 16mm, ha un taglio simil-amatoriale, che sporca in alcuni momenti l’immagine, avvalendosi anche di una fotografia volutamente sgranata e old school. Il risultato è particolarissimo e va contro a tutti gli stilemi tradizionali di imponenza e monumentalità, perseguendo una direzione efficace per nulla pretenziosa o esageratamente barocca. Una soluzione a misura perfetta del progetto scelto che, con questa scelta estetica, trova ulteriori occasioni per parlare di un America ai margini della società, dove domina il razzismo, la paura verso l’estraneo e anche del vicino di casa.

Ad ogni modo, le riprese tendono a privilegiare paesaggi cittadini incontaminati dove la natura ma anche l’industrializzazione hanno il sopravvento, con ciminiere ardenti, tramonti tra vallate meccaniche e il piccolo quartiere dove abita Strawberry che invece è tinteggiato da colori pastello. Lo sguardo è inoltre rivolto alla società, ai comportamenti dei texani, al loro supporto a Donald Trump e alla loro visione conservatrice. In questo caso le immagini parlano più di mille parole e alcune inquadrature fanno capire direttamente  il tipo di America che l’autore vuole andare ad analizzare e toccare con l’analisi cinematografica.

Red Rocket è un lungometraggio eccezionale che si avvale di un impianto irriverente per andare a raccontare una piccola storia di un pornoattore caduto in rovina, con i tutti i suoi sogni ed ambizioni. La sceneggiatura, grazie a scambi di battute taglienti e diretti, fa vedere tutta la sua potenza critica, mentre la regia, senza troppe pretese, si ritaglia il suo piccolo spazio, con il suo stile ridimensionato, vintage e poco incline alla magniloquenza. Come non menzionare inoltre Simon Rex e tutto il cast che hanno dato vita ad un racconto tragi-comico su uno Stato spesso bistrattato e sulla forza dei desideri falliti, sulle imprese immaginarie già perse in partenza, ma che è necessario tentare per sentirsi realmente vivi.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4