Re-Creation: recensione del film mystery di Jim Sheridan con Vicky Krieps

Un finto processo al fine di fare giustizia: con Re-Creation, il regista Jim Sheridan mescola realtà e finzione per raccontare un fatto reale di cronaca. Il brutale quanto misterioso omicidio della regista francese Sophie Toscan du Plantier è al centro della vicenda giudiziaria raccontata nel film, che inizia con l’intento di essere di professarsi un docufilm per poi sviscerare nel vivo della narrazione. Sheridan immagina un processo mai avvenuto contro un presunto colpevole e si avvale di un gruppo di giurati “europei” (così li definisce il regista) per narrare le varie fasi che porteranno il gruppo a scambiarsi pareri e opinioni sul dedicato caso di omicidio. Dodici giurati senza nome, ma solo riconoscibili tramite numero, tra cui spicca una donna, interpretata da Vicky Krieps: lei è l’unica a mettere in dubbio la colpevolezza dell’aguzzino, nonostante ci siano forti prove a suo carico che sembrano inchiodarlo. La verità, però, non è mai quella che si pensa e con i suoi ragionamenti metterà in dubbio anche il resto dei giurati, facendo emergere ricordi ed emozioni in ciascuno di loro che andranno a influenzare il loro giudizio.

Negli ultimi anni, il genere del legal drama si è evoluto diventando uno spettacolo a porte chiuse in cui lo spettatore è coinvolto come parte integrante del processo di giudizio. Mettendosi nei panni dei dodici giurati di una corte, chiamata a dare il proprio giudizio su un caso di omicidio, il pubblico è portato a indagare con essi, scoprire nuove prove e cambiare opinione sull’imputato in questione. Il modello a cui si ispira Re-Creation è volutamente La parola ai giurati, film cult di Sydney Lumet del 1957, adattamento di una pièce teatrale, che racconta proprio la delibera di una giuria su un caso di omicidio. Un’ora e mezza in cui dodici giurati sono chiamati a decidere le sorti di Ian Bailey. Le prove sono tutte contro di lui, e il verdetto appare chiaro fin dall’inizio. Eppure una donna, la Giurata n. 8 (Krieps) si oppone. In cuor suo sente che Bailey non può essere l’assassino. Ci sono troppe cose che non tornano. Pian piano, la donna comincia a instillare il dubbio nel resto dei giurati, avanzando ipotesi e sollevando questioni che porteranno il gruppo a domandarsi se stiano davvero facendo la cosa giusta oppure condannando un innocente.

La forza della scrittura di Sheridan, che si avvale della collaborazione del co-regista David Merriman, sta nel creare una tensione visiva con il solo uso delle parole. Non ci sono scene d’impatto, né violenza grafica (uniche cose disturbanti sono le fotografie reali della vittima e della scena del crimine), né un montaggio troppo evidente. Re-Creation è un film sulle persone, sulle loro conversazioni, sulle loro credenze e sensazioni. E’ un film sulle emozioni dove ogni personaggi finisce per restare fin troppo coinvolto nella vicenda perché ci sono elementi che fanno emergere ciò che loro stanno provando. Ci sono momenti di disagio in cui il pubblico è chiamato in prima persona a porsi le stesse domande dei giurati in quella stanza: a chi credere? Quest’uomo è davvero innocente e la giustizia sta sbagliando completamente pista?

Re-Creation: valutazione e conclusione

Re-Creation è un film sorprendente che mescola realtà e finzione in un gioco “a porte chiuse.” L’ispirazione a La parola ai giurati è evidente, e ne diventa quasi un omaggio al classico di Lumet. Ciò che a Jim Sheridan interessa non è tanto la risoluzione del caso – che non avrà mai una spiegazione pura – quanto le persone. Capire cosa noi spettatori avremmo fatto. Cosa avremmo provato. Il film lascia con una sensazione di incompiuto, in cui la giustizia non riesce a fare il suo corso, e da qui ne scaturisce anche una riflessione (sincera) sul sistema giudiziario e sull’inevitabilità della vita.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.9