Psycho: recensione

Anno nuovo, Hitchcock rimane.
Oggi continua il “ciclo Hitchcock” con la recensione di Psycho, uno dei film più famosi del maestro del brivido, e che ha dato fortuna a lui (come se già non bastasse) e agli interpreti.
Psycho  (o Psyco), è un film del 1960, diretto da Sir Alfred Hichcock, interpretato da Janet Leigh (scelta tra numerose attrici, tra cui anche Grace Kelly), Anthony Perkins (grande attore di teatro, che purtroppo, o per fortuna, viene ricordato solo per il ruolo di Bates), John Gavin e Vera Miles (relegata in un ruolo un po’ marginale, come punita da Hitchcock, dopo che la sua gravidanza non le permise di poter girare Vertigo).

Marion Crane (Janet Leigh), è una giovane e piacente segretaria di un’agenzia immobiliare, abita in Arizona, ed è amante di Sam Loomis (John Gavin), proprietario di una ferramenta.
La loro relazione è segreta e Marion non è affatto contenta della vita che fa: sapendo che nella sua agenzia era stata versata una grande somma di denaro, da parte di un cliente che voleva acquistare casa alla figlia, Marion decide di impossessarsene.
Il furto implica anche la fuga da parte di Marion, che dopo un lungo viaggio in auto (con una delle scene più importanti, cioè l’inseguimento da parte di un poliziotto insospettito), decide di cambiare auto per far perdere le tracce del suo passaggio.
Tra la pioggia battente e la stanchezza, Marion si trova per caso nei pressi di un motel, il Bates Motel, in cui decide di passare la notte.
Il motel è sormontato da una casa sulla collina, e Marion scorge il profilo una donna.
Marion viene raggiunta dal proprietario, il giovane Norman Bates (Anthony Perkins), che dopo averle spiegato perché il motel è un po’ isolato, la registra, le dà la prima stanza, e la ospita a cena.
La cena verrà consumata presso il motel stesso, e Norman dimostra a Marion quanto sia fragile e dominato dalla madre (con cui aveva litigato poco prima); Marion capisce che in fondo la sua vita non è poi tanto male, e decide di consegnare la refurtiva quanto prima.
Ecco, che mentre si appresta a fare la doccia, una figura femminile assale l’indifesa Marion prendendola a coltellate, per poi scappare; quando sopraggiungerà Norman, dopo essersi reso conto di cosa sia successo, decide di sistemare tutto e mettere la donna (ormai morta), la valigia e i soldi nella macchina di Marion per farla poi affondare in un palude.
Dopo una settimana, Lila Crane (Vera Miles), sorella di Marion, è proprio in cerca di lei, e chiede a Sam dove essa possa essere, ma non cava un ragno dal buco.
Nel frattempo arriva Milton Argobast, un detective assunto dall’agenzia di Marion, che sta cercando di ritrovare i soldi rubati.
Tutti e tre, quindi, vanno a cercare nei motel e luoghi di pernottamento della zona.
Arrivati al Bates Motel, il detective interroga Norman, intuendo che qualcosa non quadri, ed una volta entrato in casa Bates, Arbogast viene, come Marion, preso a coltellate dalla stessa donna.
Lila e Sam, una volta andati dallo sceriffo della città vicina, e dopo aver sentito Bates che conferma di aver visto il detective (che aveva detto ai due ragazzi che Norman viveva con la madre), vengono a sapere che la madre era morta, in realtà, dieci anni prima per suicidio, dopo aver ucciso il compagno.
I giovani vanno al Bates Motel, e fingendosi giovani sposini, cercano indizi in casa Bates; quest’ultimo capisce il tranello e corre verso la sua casa.
Ma mentre Lili si nasconde in cantina, li vi trova una donna mummificata, la signora Bates.
Norman assale Lila, con i vestiti della madre, e che, grazie a Sam, non riesce ad uccidere.
Una volta arrestato, e dopo un colloquio con uno psicologo, pubblico e personaggi vengono a sapere che dopo la morte del padre, Norman aveva sviluppato un complesso di Edipo, nei confronti della madre, che era sfociato in un duplice omicidio dopo che la madre si era rifidanzata.
Ma se da una parte, questo avvenimento aveva scisso la personalità di Norman, facendo rivivere la madre, dall’altra aveva anche cercato di renderla gelosa di lui.
Norman, ormai, è completamente soggiogato dalla personalità materna tanto da negare di aver potuto compiere della azioni crudeli, in quando invalida.

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Tratto dall’omonimo romanzo del 1959, di Robert Bloch, e basato sulle reali vicende Ed Gein (che tra il 1947 e 1957, uccise due persone in Wisconsin, decorando la casa con i resti delle sue vittime), il film prende in considerazione più la storia di Norman Bates che quella di Marion.
Hitchcock realizzò Psycho con i finanziamenti presi dalla serie tv Hitchcock Presenta (usando anche la stessa troupe per risparmiare sui costi), dopo che la Paramount rifiutò il progetto, e per questo passò alla Universal, che glielo accettò.
Realizzato bianco e nero, come lo stile televisivo da lui usato con il semplice scopo di aver il minor costo possibile e probabilmente di aggiungere paura alla paura (e anche per bypassare i vari ed eventuali problemi di censura), Hitchcock usa i più disparati movimenti di macchina ed inquadrature, unendole con gli stacchi.
La scena della doccia è entrata nella storia del cinema per l’utilizzo del montaggio intensivo e per il numero particolarmente elevato di inquadrature: la macchina da presa è come se scostasse la tendina di plastica ed entrasse nella doccia con Marion, in un momento di suspense, arrivano le coltellate che si avventano sulla protagonista e su di noi.
Il tutto in un montaggio che racchiude piani medi, primi piani, finendo con il particolare ed il dettaglio, lasciando a noi, il compito di immaginare il corpo di Marion ferito da cotanta crudeltà.
Ma quei 7 giorni di lavorazione, per una scena di 45 secondi, hanno dato luogo ad una delle scene talmente più celebri ed acclamate che fece in modo di non far fare la doccia a numerose persone, dopo aver visto la pellicola la prima volta (grazie anche al commento musicale di Bernard Hermann, che inizialmente Hitchcock non voleva).
Il senso di orrore è onnipresente nel volto e nella gestualità di Bates (a fine pellicola si può vedere la sovrapposizione del teschio della madre nel volto del figlio), reso un personaggio cattivo e attraente allo stesso tempo, dal bravissimo (e sottovalutato) Anthony Perkins, che non riuscì più a scrollarsi di dosso il personaggio che lo portò alla fama, agli occhi del mondo.
Janet Leigh, sebbene la sua presenza sulla pellicola non duri molto, fu una scelta azzeccata; vista undici anni prima in Piccole Donne di Mervyn LeRoy (1949), nel ruolo candido di Meg March, nessuno, probabilmente, si sarebbe aspettato di vederla nel ruolo di ladra (salvo poi pentirsene).
E il bello della genialità di Hitchcock è che ci identifichiamo con lei, ne facciamo il tifo, si è sollevati quando entra nel motel, e l’angoscia ci domina; e se poi da una parte c’è la vocina che ci dice di urlarle “scappa da li”, dall’altra, vogliamo vedere se l’angoscia sia giustificata.
La presenza degli specchi è continua, e il senso della doppia personalità (tema tanto caro a Hitch) diventa raffinatamente esplicito, con la bravura della troupe di non commettere l’errore di essere riflessi.
Girato negli Universal Studios tra la fine del 1959 ed i primi due mesi del 1960, sebbene Psycho non ebbe una gran parte di consensi positivi, fu il suo più grande successo commerciale.
La traccia che lascia Psycho, non sono tanto nella recitazione, ma nell’essenza del film stesso, con l’utilizzo di inquadrature di diverso tipo, colonna sonora e fotografia.

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Curiosità

– La casa sulla collina che sormonta il Bates Motel è stata ispirata da un quadro di Edward Hopper, The House by the railroad;
– Prima delle riprese, Hitchcock fece giurare a tutti i suoi collaboratori di non parlare con nessuno del film, che assunse temporaneamente il nome di Production 9401 o Wimpy.
– Psycho fu candidato a quattro oscar, tra cui Miglior Regia, Miglior Attrice non Protagonista (Janet Leigh), Miglior Fotografia (a John L. Russell), e Miglior Scenografia (a Joseph Hurley, Robert Clatworthy, George Milo), ma si aggiudicò il Golden Globe come Migliore Attrice non Protagonista, a Janet Leigh;
Psycho ebbe talmente tanta fama, da essere stati realizzati tre sequel, Psycho II di Richard Franklin (1982), Psycho III di Anthony Perkins (1986), e Psycho IV di Mick Garris (1990);
– Nel 1998, Gus Van Sant realizzò un remake shot-for-shot, con lo stesso titolo, con Vince Vaugh, Viggo Mortensen, Julianne Moore e Anne Heche;
– All’inizio del 2013, in America, è andata in onda una serie tv prequel di Psycho, dal titolo Bates Motel, con protagonista Freddie Highmore;
– Nel 1992, Psycho è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Usa;
– Nel L’Infernale Quinlan, di Orson Welles, e con lui, Janet Leigh e Charlton Heston, ad un certo punto, nel film, Janet Leigh si trova in un motel, dello stesso stile di quello di Psycho, e con il custode che ricorda proprio Norman Bates;
– Dove si trova Hitchcock? Compare all’inizio del film, con un capello texano, per far si che il pubblico non lo cercasse per tutto il film, perdendone la trama.

Giudizio Cinematographe

Regia - 4.3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.2
Sonoro - 4.2
Emozione - 3.7

4

Voto Finale