Play Dirty: recensione dell’heist movie di Shane Black

Con Play Dirty, disponibile in streaming su Prime Video a partire dall'1 ottobre 2025, Shane Black torna dietro la macchina da presa.

Con Play Dirty, disponibile in streaming su Prime Video a partire dall’1 ottobre 2025, Shane Black torna dietro la macchina da presa per firmare un nuovo capitolo del suo cinema ironico e spietato. Il regista di Kiss Kiss Bang Bang e The Nice Guys riprende i temi che da sempre lo affascinano — la doppiezza morale, la violenza elegante, l’umorismo corrosivo — calandoli in una storia di furti, tradimenti e doppi giochi ambientata in un mondo dove nessuno è davvero innocente.
Il film, scritto insieme a Charles Mondry e Anthony Bagarozzi, si ispira liberamente ai romanzi di Donald E. Westlake dedicati a Parker, il ladro professionista più amorale della letteratura americana, ma reinterpreta la materia con il linguaggio tipico di Black: pulp, grottesco, e sorprendentemente autoironico.

Play Dirty: un colpo, molti tradimenti in un film che mostra appieno lo stile di Shane Black

Protagonista del film è Parker, interpretato da Mark Wahlberg, un ladro esperto e metodico che si ritrova coinvolto in una rapina ai danni di un’organizzazione criminale. Il bottino è composto da opere d’arte rubate a un dittatore intenzionato a svendere la propria nazione in cambio della fuga e della ricchezza. Ma come sempre accade nel mondo di Shane Black, niente è ciò che sembra: ogni colpo nasconde un doppio gioco, ogni alleato ha un piano segreto, e il denaro è solo la superficie di un intreccio di vendette personali e morali.
Accanto a Wahlberg, spiccano LaKeith Stanfield nel ruolo del teatrale e imprevedibile Grofield e Rosa Salazar come Zen, una criminale dal passato militare che insegue il suo concetto di giustizia in mezzo al caos.

Visivamente e narrativamente, Play Dirty rappresenta la quintessenza del cinema di Shane Black. La regia alterna dialoghi taglienti a esplosioni di violenza improvvisa, mentre l’umorismo secco alleggerisce anche le sequenze più sanguinose. La sceneggiatura è una giostra di doppi sensi, tradimenti e situazioni paradossali, in cui il cinismo dei personaggi diventa specchio del mondo contemporaneo.
Il regista gioca con i cliché del genere action-thriller, li deforma e li ridicolizza, ma non rinuncia a costruire un universo coerente, sporco e affascinante. La fotografia, fredda e lucida, restituisce un’atmosfera da noir metropolitano, con ambientazioni che oscillano tra il lusso artificiale e la desolazione post-industriale.

Mark Wahlberg tra forza fisica e limiti espressivi

Mark Wahlberg si cala in un ruolo costruito su misura per la sua fisicità, ma la sua interpretazione resta ambigua. Parker è un personaggio che vive di silenzi, sguardi e ambiguità morali: un antieroe che agisce più per orgoglio che per senso di giustizia. Wahlberg regge bene le sequenze d’azione e i momenti più tesi, ma fatica a trasmettere la profondità interiore del personaggio, che appare a tratti meccanico. Molto più incisivi i comprimari: LaKeith Stanfield porta in scena un’energia magnetica e imprevedibile, mentre Rosa Salazar aggiunge umanità e dolore al suo ruolo di assassina idealista. Insieme, contribuiscono a dare ritmo e imprevedibilità al film, bilanciando la rigidità del protagonista.

Un intrigo che diverte ma non sorprende

Dal punto di vista narrativo, Play Dirty è un continuo gioco di specchi. I colpi di scena si susseguono con ritmo costante, ma non sempre riescono a sorprendere. La struttura del racconto segue fedelmente lo schema del “film di colpi” tradizionale, arricchendolo con inserti ironici e riflessioni sul potere, la lealtà e la corruzione.
La seconda parte della pellicola perde un po’ di slancio, complice un eccesso di sottotrame e dialoghi autoironici che rallentano la tensione. Tuttavia, la regia di Black riesce sempre a riprendere il controllo con sequenze d’azione dinamiche, costruite con una precisione artigianale e una certa eleganza nel caos. La colonna sonora firmata da Alan Silvestri amplifica l’atmosfera noir con toni jazz e orchestrazioni retrò che ricordano i polizieschi anni ’70. Il montaggio alterna momenti di silenzio glaciale a improvvise esplosioni di movimento, creando un ritmo discontinuo ma coerente con la natura caotica della trama. La direzione artistica e gli effetti visivi non raggiungono l’eccellenza tecnica di grandi blockbuster, ma possiedono un fascino artigianale che rende il film riconoscibile e coerente con l’estetica “vintage” del suo autore.

Play Dirty: valutazione e conclusione

Play Dirty è un film imperfetto, ma sincero. Shane Black firma un’opera che non cerca la perfezione, bensì il puro intrattenimento intelligente. Tra ironia, violenza e riflessione morale, il film riesce a mantenere viva la tradizione del noir americano, aggiornandola ai linguaggi contemporanei dello streaming. Nonostante qualche limite interpretativo e una trama eccessivamente intricata, Play Dirty si distingue per stile, ritmo e personalità. È un film che non reinventa il genere, ma lo abbraccia con consapevolezza, ricordandoci che, nel cinema di Shane Black, anche il caos può avere un fascino irresistibile.

Regia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

2.8