Napoli Eden: recensione del docufilm di Bruno Colella

La recensione di Napoli Eden, il film documentario in corsa agli Oscar 2021 come miglior Feature Documentary.

Il riciclo di un elemento umile come metafora di riscatto e rinascita. È il simbolismo di Napoli Eden, docufilm diretto da Bruno Colella da un’idea dell’artista Annalaura di Luggo.
Simbolismo che avvolge tutto il lungometraggio (74 minuti) dove l’arte gioca il ruolo di coprotagonista, in dialogo costante con la città di Napoli, così bella ma complicata, così elegante e contraddittoria.

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Napoli attraverso il linguaggio dell’arte di Annalaura di Luggo

Annalaura di Luggo nella scena dello sci nautico in Napoli EdenNapoli Eden è un titolo parlante. Fin dalle prime sequenze è chiaro: sarà la città l’attrice principale e silenziosa che conquista e ammalia l’attività artistica di Annalaura di Luggo.
Ampie riprese aree e campi lunghissimi sono funzionali per mostrare la bellezza della città, vista inusualmente dal mare. Una sequenza di sci nautico – come racconta la stessa artista in corsa agli Oscar 2021 – collega idealmente Napoli da nord a sud.

Una magia che fluisce lungo le strade, toccando i luoghi più rappresentativi della città partenopea – anche se non direttamente coinvolti nel percorso artistico delle quattro opere firmate dalla di Luggo -, dal Maschio Angioino a piazza San Domenico Maggiore, dal Chiostro di San Chiara alla celebre Cappella San Severo con il suo Cristo Velato (da cui già Ferzan Özpetek era rimasto folgorato in Napoli Velata).

A rendere Napoli un cuore pulsante non sono solo le sue bellezze ma anche, e soprattutto, chi la abita. E quindi il regista indugia, come la particolare macchina fotografica di Annalaura di Luggo, sui volti e le loro storie dei suoi personaggi più caratteristici (una su tutte Nennella, fondatrice di una storica trattoria di Napoli).

Il ritorno della “scugnizza” Annalaura a Napoli Eden

Annalaura di Luggo in un centro di raccolta di alluminio in Napoli Eden

Eleganza ed agiatezza sono solo una faccia della medaglia che è la vita di Annalaura di Luggo. Lei è una “scugnizza” che non ha paura di sporcarsi, di rovistare tra i rifiuti, che corre, balla, si scatena e non si cura degli schemi sociali imposti dall’alto.
Sono i flashback della sua infanzia a dirlo ma anche il suo modo di interagire con l’arte e con i ragazzi dei Quartieri Spagnoli che con il suo aiuto cambiano e scelgono una strada alternativa verso il futuro, verso una Napoli Eden. Quell’albero di Natale luccicante di alluminio non si ruba più ma si difende e si protegge.

Le contraddizioni attraverso il sorriso e la comicità

Annalaura di Luggo fotografa Nennella in Napoli Eden

Il progetto di Annalaura non viene capito da nessuno, nemmeno dal suo compagno di vita. In giro per la città, imbracciando la sua macchina fotografica, si scontra con la diffidenza e i dubbi della gente.A soccorrerla è il sorriso, stimolato dalla comicità spontanea (“Tutto questo è successo davvero” dice il claim del film) di chi la scambia persino per un’oculista o, incredulo, non comprende come dei rifiuti possano trasformarsi in qualcosa di bello.

Un modo dolce di raccontare una città dalle mille contraddizioni e che rende Napoli Eden un prodotto che tocca cuore e pancia per poi rimanere incastrato nella mente, come le opere di cui abbiamo solo il ricordo ora che, come l’artista, sono pronte a tornare da dove sono nate.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 2
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.7