Mulholland Drive: recensione

Sensuale, enigmatico, delirante, visionario, oscuro, ambiguo e onirico. Questi i termini che si adattano perfettamente a Mulholland Drive, del 2001, diretto da David Lynch. La pellicola ottenne una nomination all’Oscar, nel 2002, e una Palma d’oro per la miglior regia a Cannes, nel 2001. La trama intricata e complessa del film cattura  e coinvolge lo spettatore che, volente o nolente, fin da subito rinuncia ad una visione passiva e inizia a produrre ipotesi e interpretazioni possibili. Si instaura un dialogo intrigante tra noi, spettatori attivi, l’enigma della storia e lo stile visionario di Lynch, in questo modo il film diventa il luogo di una sfida interpretativa avvincente.

Mulholland Drive

I ballerini di Jitterbug…

Le prime inquadrature del film mostrano coppie di ballerini danzare il Jitterbug. Cosa stanno a rappresentare? Siamo subito immersi in una dimensione, senza alcun dubbio, ambigua. Si tratta, probabilmente, della visualizzazione di un sogno. Ci vengono presentate le immagini mentali della protagonista, ancora prima di poterne vedere l’aspetto. Subito dopo, un respiro affannoso, un copriletto rosa e l’insegna stradale di Mulholland Drive. E’ su questa strada che Rita (Laura Harring) è vittima di un incidente automobilistico che le causa la perdita della memoria. La donna, in stato di shock, discende una collina che la porta a Los Angeles e, dopo essersi introdotta nella casa dell’attrice Betty Elms (Naomi Watts), cade in un sonno profondo. Intanto un uomo, in bar, racconta spaventato i suoi incubi, un regista di nome Adam Kesher (Justin Theroux) è costretto a scegliere una sconosciuta per un suo film e un Killer semina vittime.

Mulholland Drive

Una scena del film

Quanto Betty scopre Rita nel proprio appartamento decide allora di aiutare quest’ultima a ritrovare identità e memoria. Perché il personaggio di Laura Harring decide di chiamarsi Rita? Si tratta di una delle tante citazioni di Lynch disseminate nella tessuto filmico. La donna, infatti, sceglie quel nome dopo aver visto una locandina di Gilda di Charles Vidor, del 1946, dove Rita Hayworth interpreta il suo ruolo più celebre.

Le due protagoniste femminili, inoltre, diventano amanti e, nel corso delle loro ricerche per giungere alla vera identità di Rita, scoprono il cadavere di Diane, interpretata, anche questa, da Naomi Watts. La situazione si complica e la sfida interpretativa lanciata dalla pellicola allo spettatore diventa ancora più coinvolgente e affascinante.

Una sfida alla logica, un efficace, provocatorio deragliamento onirico. Un film che fa l’amore con un altro film. (Silvio Danese, Il Giorno, 2002)

Mulholland Drive

La cantante, Rebekah Del Rio, interpreta una cover di Crying (Llorando) di Roy Orbison…

In una delle scene più suggestive, Mulholland Drive si rileva anche un esempio di metacinema. Le due protagoniste sono al Club Silencio e assistono ad uno spettacolo dove tutto è finzione, illusione, le voci e i suoni sono registrati su un nastro e persino la lacrima sul viso di una cantante è disegnata. Vere sono solamente le reazioni e le emozioni di Rita e Betty. Questa, dopotutto, è la logica del rapporto spettatoriale e del cinema. Due spettatrici (Rita e Betty), in questo caso, assistono ad uno spettacolo fittizio e riescono a provare emozioni vere, coinvolte da ciò che accade sulla scena.

Mulholland Drive

Le emozioni VERE di Rita e Betty…

Al termine dello spettacolo, le due entrano in possesso di una scatola blu. Aperta la scatola, la macchina da presa penetra al suo interno e misteriosamente i personaggi cambiano ruolo. Betty diviene Diane e Rita diviene Camilla. Il film ci pare diviso in due segmenti. Si tratta, dunque, di due sogni? Di un sogno di Diane seguito da un ritorno nel presente?

Lo sdoppiamento delle due protagoniste e il cambiamento d’identità, tra l’altro, ci riporta alla mente un capolavoro della cinematografia di tutti i tempi: La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock, ennesima citazione.

Un altro film a cui la pellicola di Lynch evidentemente fa riferimento è Sunset Boulevard (1950) di Billy Wilder. Entrambe le pellicole prendono il titolo da strade di Hollywood. Lo splendore di Sunset Boulevard, attraversata, ai tempi del divismo, da attori acclamati come divinità è ormai sparito e ciò che resta è l’ambiguità della nuova Los Angeles, in cui Mulholland Drive si rileva una strada del pericolo.

Hollywood is HELL leggiamo su un foglio appeso ad un palo nella strada dove le due protagoniste chiamano un taxi.

Nel cast, oltre ai già nominati, figurano Ann Miller, giunta all’ultimo film della sua carriera, nel ruolo di Coco, Chad EverettRobert Forster, Mark Pellegrino, Angelo Badalamenti, Lori Heuring, Dan Hedaya

Mulholland Drive

David Lynch insieme a Laura Harring e Naomi Watts…

Naomi Watts è straordinaria sia nel personaggio di Betty che in quello di Diane. L’attrice riesce a superare la difficile prova recitativa, che il film richiede, magistralmente. Inizialmente è nei panni di un’ingenua attrice arrivata a Los Angeles per fare carriera e nella seconda parte del film è Diane, sofferente, sensuale e piena di rabbia. Il risultato e un’interpretazione intensa e sorprendente.

Entrare nel mondo enigmatico del film di Lynch è un’esperienza coinvolgente. Mulholland Drive ci autorizza a proporre continuamente ipotesi di interpretazione e si serve proprio delle nostre congetture per trarci in inganno e catturarci. Un capolavoro di scrittura filmica sensuale e onirica. Il regista si serve di lunghi e fluidi movimenti di macchina per immergere noi spettatori in un mondo filmico ambiguo e misterioso, nel quale la calma è percepita come sola apparenza e costante è la sensazione dell’imminente possibilità di scoprire qualcosa di terribile nascosto dietro ogni angolo. 

David Lynch torna al suo stile più personale per raccontare una bella metafora sul cinema. Tensione, mistero, sensualità, eleganza d’epoca, romanticismo alla Raymond Chandler, storie inestricabili e confuse ma grande atmosfera, emozioni vissute come in sogno, la vita ingenua e torbida delle ragazze. (Lietta Tornabuoni, La Stampa, 2002)

Voto Cinematographe

Regia - 5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 5
Emozione - 3.5

4.5

Voto Finale