L’ultimo paradiso: recensione del film Netflix con Riccardo Scamarcio

Riccardo Scamarcio produce, scrive e interpreta un film che sembra prelevato da un tempo remoto, sospeso. Rocco Ricciardulli, in sede di regia, si occupa di avvolgere il quadro con location ben riprodotte.

Corre l’anno 1958, in un piccolo paese del sud Italia. Ciccio (Riccardo Scamarcio) è un contadino di 40 anni ed è sposato con Lucia (Valentina Cervi). Crescendo un figlio di 7 anni, Ciccio punta ad una comunità libera da imposizioni, da tasse regolate mensilmente sui propri terreni, e lotta con i suoi compaesani contro chi sfrutta i più deboli. Segretamente innamorato di Bianca (Gaia Bermani Amaral), la figlia di Cumpà Schettino (Antonio Gerardi), un perfido e temuto proprietario terriero che da anni sfrutta i contadini. Ciccio, messo alle strette e senza possibilità di far valere la sua voce, vorrebbe fuggire insieme a Bianca ma, non appena la notizia della relazione segreta inizia a circolare fino a raggiungere la casa di Schettino, una serie di eventi potrebbe seriamente compromettere la posizione di Ciccio e la sua incolumità. Il film è disponibile su Netflix da venerdì 5 Febbraio.

L’ultimo paradiso: un film che fa del tempo narrativo il suo punto di forza

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Una realtà avvolta da una speranza di luce in delle scenografie suggestive, con elementi fortemente connotati ed evocative. Ci si inoltra in un mondo contadino fatto di sudore, sforzi inauditi, voci spezzate e piccoli schieramenti che non possono avere un fondamento stabile. L’antica lotta fra libertà e oppressione, giustizia e prepotenza si consuma all’interno de L’Ultimo Paradiso, e Riccardo Scamarcio ha tutta l’intenzione di incarnare i tratti più essenziali di un personaggio in bilico fra ragione e sentimento. Il suo Ciccio ci traghetta in uno spaccato del meridione dove la calda e avvolgente immagine in realtà cela delle carte difficili da scoprire e mettere sul banco. Una piccola comunità, che vorrebbe godere delle terre che vengono valorizzate ogni giorno, viene schiacciata e soffocata da coloro che sfruttano i terreni per il proprio tornaconto.

Un contrasto che diventa punto di svolta essenziale per animare il piano narrativo, oltre al sottotesto sentimentale che vuole ritagliarsi uno spazio regolato e ponderato. Il sud viene ritratto come un inviolato rifugio di amori inespressi e al tempo stesso un personaggio chiave che ascolta la voce del popolo, che si impegna a raggiungere anche i volti di figuranti e attori di contorno per fotografare l’essenza della vita da campo. Il lavoro compiuto da Rocco Ricciardulli, in cabina di regia, è sorprendentemente misurato: la coppia formata da Ciccio e Bianca, due anime intrecciate che non possono prendere le redini del proprio destino, non creano interferenze con la rappresentazione visiva di location mai sacrificate, dotate di un carattere tridimensionale che si avverte e si percepisce in ogni singolo atto.

La natura fa il suo corso, trascinando con sé dei protagonisti che esprimono una tangibile fragilità

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Nel rendere al meglio l’ultimo paradiso del titolo, uno spazio incontaminato che regala squarci di mirabile bellezza, interviene Gian Filippo Corticelli alla fotografia, delineando una sorta di limbo dentro la quale immergersi per poi perdersi completamente. Il tempo della narrazione viene interrotto, per poi ottenere a tempo debito una diramazione assolutamente centrale per ampliare l’arco del personaggio di Ciccio. Questa scelta risulta efficace per non abbandonare mai il punto di partenza e lasciare che il suono, le atmosfere, i richiami alla natura e gli abitanti del posto attirino l’attenzione dello spettatore. Si riapre una pagina di un passato che appartiene sia al regista Rocco Ricciardulli che a Riccardo Scamarcio, originario di Andria, in Puglia; attraverso le inquadrature ricercate, si ricrea uno scenario dove si può dar voce a fatti, dinamiche, gestualità e linee di pensiero che non possono rimanere sepolte.

Il cammino compiuto da Ciccio, Bianca e Cumpà è legato a doppio filo con una trama che può emergere, spiegarsi e profilarsi solo con queste personalità di spicco: viene avviato un gioco di dipendenze intelligentemente pianificato, con l’intento di riservarci un cambio di prospettiva inaspettato dalla seconda metà di film. L’Ultimo Paradiso è una produzione Netflix accattivante, che mostra le sue qualità fin da subito per poi sovvertire le moderate aspettative. Ammettiamo un certo distacco di fronte ad una chiusura e un sipario calato dall’aspetto onirico, con colori tenui e poco amalgamati rispetto al quadro presentato in precedenza, ma il film riesce nell’impresa di farci calare in un contesto storico e in una ambientazione che si lascia visitare (e rivisitare) con piacere.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.1

Tags: Netflix