L’ultima casa a sinistra (2009): recensione del remake di Dennis Iliadis

La recensione de L'ultima casa a sinistra, una storia di violenza e sadismo che però perde la forza del film originale di Wes Craven.

Un corpo violato, ferito, ucciso; questo capita spesso al corpo femminile, spogliato, accoltellato, sodomizzato. Capita questo a Mari (Sara Paxton) e a Paige (Martha Macisaac), vittime di un gruppo di bifolchi che le rapiscono e usano ogni tipo di violenza su di loro, che sono al centro del remake del primo film di Wes Craven, L’ultima casa a sinistra –  che trae ispirazione dal film di Ingmar Bergman La fontana della vergine –  del 1972, realizzato nel 2009 da Dennis Iliadis. Prova difficile per Iliadis che sceglie una delle pellicole fondamentali del rape and revenge, un sottogenere che ha saputo discorsivizzare il racconto sul corpo femminile – nell’originale questo tema viene ben trattato, diventando metafora di tutti i supplizi patiti dalle donne, nel remake questo si perde – ed è stato in grado di narrare i cambiamenti sociali e culturali, e opera prima di uno dei registi più importanti dell’horror di tutti i tempi.

L'ultima casa a sinistra - Cinematographe.itL’ultima casa a sinistra: un remake che perde la forza dell’originale

L’ultima casa a sinistra racconta una storia di violenza e sadismo che però perde la forza dell’originale. Se il rape and revenge narra un percorso di vendetta e di liberazione, capace di ricostituire una certa giustizia, qui questo viene meno non perché la vendetta, pilastro del genere, non ci sia, ma perché manca un sostegno che provenga da una descrizione del contesto. Non c’è una riflessione antropologica nella storia di Mari e dei suoi carnefici, nel film di Craven i personaggi sono ben radicati nel periodo storico – Krug, il capo della banda, ad esempio rappresenta perfettamente la follia insensata del mondo e il clima contro rivoluzionario post-sessantotto – mentre i Collinwood, i genitori di Mari, Jonh ed Emma (nell’originale lei si chiama Estella), e Krug e i suoi sembrano protagonisti di un universo senza tempo né luogo.

La casa di vacanza dei Collinwood, isolata, si trova vicino al lago; uscita in città per un pomeriggio, la figlia adolescente Mari viene rapita, insieme all’amica Paige – nel’originale Phillis -, da un gruppo di sadici delinquenti. Dopo lo stupro e l’omicidio dell’amica, lasciata in fin di vita, Mari – creduta morta dai carnefici – ha come unica chance quella di raggiungere la casa dei genitori. I criminali, inscenando un incidente, trovano rifugio proprio in quella casa e ovviamente per loro le cose si complicano quando i genitori scoprono chi sono – grazie ad una collana che la ragazza indossava – e decidono di vendicarsi. In breve è questa la trama del film di Iliadis, ci sono vari elementi che fanno del film di Craven un film interessante e di quello di Iliadis un remake senza troppo stile anche per qualche differenza che toglie forza al testo.

L’ultima casa a sinistra di Craven è un cult che ha segnato un’epoca scatenando polemiche e censure proprio per il suo essere macabro, estremo, crudo: non raccontava “solo” stupri e violenza ma anche nel “sottosuolo” la protesta contro le autorità, l’America sconvolta dall’orrore del Vietnam e come era cambiato il mondo dopo il ’68. Craven si mette lì, nel mezzo e taglia, umilia due giovani donne, il loro corpo, palpandone le carni, brutalizzandole, sceglie di affondare le mani nelle viscere dell’uomo e della società, sfidando la censura. Craven oltrepassa limiti e barriere e provoca lo spettatore – e la sua moralità -; nel film del 2009 la scelta è diversa, c’è il bisogno di raccontare una violenza implacabile ed inarginabile ma manca tutto quel substrato che è presente nell’originale.

L'ultima casa a sinistra - Cinematographe.itL’incipit del film di Iliadis non ha ritmo

Mari nell’originale vuole andare “fuori” e vivere quella nuova libertà che le permette di andare in giro senza reggiseno, lotta con i genitori – residui di quella famiglia degli anni ’50, intrappolati in un mondo antico -, nel remake la ragazza è già indipendente – se ne va in macchina e dice ai genitori che non tornerà a dormire quella sera. Se l’incipit del film di Craven porta il pubblico a “comprendere” il magma da cui nasce la violenza di Krug e dei suoi compagni – fra cui c’è Sadie, amante del capo, sadica tanto quanto gli altri uomini del gruppo -, quello di Iliadis invece è lento – da una parte c’è la fuga di Krug, dall’altra Mari che nuota in piscina – e non prende lo spettatore.

Nell’originale la morte di Mari – e della sua amica Phillis – distrugge ogni senso di normalità, dimostrando che nel mondo non c’è salvezza, che per chi si ribella, soprattutto se donna, la società non dà altro se non punizione, che l’America, una Madre spesso benevola, non è più in grado di salvare i suoi figli e che la famiglia, i Colinwood, non è capace di proteggere la principessa e sembra dunque smembrarsi l’unità familiare.

Uno dei pilastri della pellicola di Craven è proprio il conflitto tra due nuclei, da una parte quello tradizionale, dall’altra quello alternativo; e il conflitto tra movimento hippie, figlio della controcultura, e l’ideologia conservatrice viene metaforizzato dallo scontro fisico in cui le due famiglie contrapposte rappresentano le parti della società. Qui questo si perde, o meglio permane la guerra tra due figure paterne: da una parte John, dall’altra Krug, da una parte un padre accogliente, dall’altra un padre che umilia – nel film di Iliadis nella banda c’è anche il giovane figlio, Justin – e violenta – la cruenta e animalesca scena in cui l’uomo sodomizza Mari.

L'ultima casa a sinistra - cinematographe.itL’ultima casa a sinistra: un remake che non convince a pieno

L’ultima casa a sinistra è un compito che non convince a pieno, dimostrandosi una fiacca imitazione dell’originale. Ciò che c’è di buono è la parte centrale, quella della vendetta in cui il film dà il suo meglio: una violenza realistica che monta di scena in scena – il corpo è un luogo puro, rappresentazione di quello di tutti i giovani sacrificati dalla Storia su cui il male si scatena. John e Emma vogliono solo una cosa: vendicarsi e proprio su questo Iliadis si concentra. La vendetta, messa in atto dai due genitori disperati, non avviene però grazie o attraverso il sesso e lo scontro tra mascolinità, ma attraverso ad una furia indiscriminata: la madre nel film di Craven utilizza il suo corpo per orchestrare il progetto di uccidere chi ha ucciso la figlia – la sessualità di Estelle è il suo potere -, il padre deve sconfiggere un uomo che vuole dimostrare ad ogni costo di essere più forte e più virile di lui; qui tutte queste categorie perdono di senso o si affievoliscono come se nella società odierna tale brutalità non sia generata da un motivo preciso ma quasi per “partenogenesi”.

L'ultima casa a sinistra - Cinematographe.itL’ultima casa a sinistra: un punto tra originale e remake è la riflessione sulla vendetta ai danni di chi ha fatto soffrire qualcuno che si ama

Il budget di L’ultima casa a sinistra è superiore all’originale. Per questo ha un cast che fa bene il proprio lavoro e c’è una maggiore cura ma nonostante ciò il film perde lo stile sporco, secco e asciutto che ha reso un cult l’opera prima di Craven. L’effetto patinato della pellicola di Iliadis stempera la forza del film anche se c’è una buona rappresentazione della violenza, e ciò che rimane è sicuramente qualche scena forte. Emerge una riflessione che sta alla base di entrambi i film: che cosa si è capaci di fare per vendicare il dolore inferto a una persona che amiamo, quanto si è capaci di affondare il coltello se viene toccato chi si ama.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.8