Roma FF17 – Life Is (Not) A Game: recensione del docu-film di Antonio Valerio Spera

Il docu-film con la street artist che ci apre gli occhi sulle problematiche sociali contemporanee.

Il docu-film Life Is Not A Game di Antonio Valerio Spera ci permette di rivivere alcuni degli accadimenti più significativi dal 2020 al 2022 attraverso di occhi di Laika, street artist romana dall’identità segreta.
È spiritosa, pungente e audace, sempre pronta a battersi per la causa giusta tentando di dare una voce a coloro che non riescono a farsi ascoltare, gli “invisibili”.
Il regista ci permette di familiarizzare sin da subito con lei, introducendola in chiave pop e misteriosa ma regalandoci anche dei momenti di “confronto diretto” grazie all’inserimento di alcuni video selfie girati dall’artista. Al termine della pellicola, anche se con una maschera sul volto, ci sembra di conoscerla davvero.

Laika come Banksy in Life Is (Not) A Game

Le sue opere quasi esclusivamente di denuncia, realizzate con grandi stampe dei suoi disegni ironici e irriverenti con l’aggiunta, talvolta, di un testo.
Degna erede di Banksy, provoca lo spettatore suscitando spesso le reazioni dell’opinione pubblica e politica che non manca mai di far rimuovere le sue opere anche dopo solo poche ore.

Dietro ogni opera presentata dall’artista c’è un episodio di cronaca e attualità ma soprattutto un’urgente problematica sociale. Life Is Not A Game ci permette di conoscere e approfondire alcune delle vicende più importanti della storia recente, rendendoci più consapevoli e partecipi.

Life Is (Not) A Game: istruzioni per l’attualità

I temi sono tanti, partendo in apertura con la guerra in Ucraina, a seguire le conseguenze xenfobe della pandemia, osservata anche dal punto di vista dei ristoratori in crisi, passando poi da Boris Johnson e l’immunità di gregge fino al caso Patrick Zaky. Si parla delle proteste dei braccianti costretti a lavorare in condizioni disumane e delle manifestazioni per lo sgombero del Cinema Palazzo, ma non mancano poi le buone notizie come la legalizzazione dell’aborto in Argentina il 30 dicembre 2020.

Sul finale Laika si reca in Bosnia, in alcuni dei luoghi simbolo della rotta dei Balcani, per conoscere in prima persona i richiedenti asilo che sperano di arrivare in Unione Europea.

Vengono intervistati per poter raccontare le regole del “Game” (da qui il titolo del film)  ovvero il tentativo potenzialmente fatale di oltrepassare il confine e le tragiche violenze subite dalla polizia croata.
I migranti vengono brutalmente percossi e feriti, trattati come animali e privati di ogni dignità umana sotto gli occhi noncuranti dell’Unione Europea.

Colpisce particolarmente la dichiarazione di Brahim, giovane migrante algerino definito “l’intellettuale”, che racconta dello sfruttamento del territorio africano e spiega quanto il razzismo e la discriminazione verso i profughi siano dettate dalla profonda ignoranza del popolo occidentale.

Gli invisibili, i veri protagonisti del racconto

I veri protagonisti del documentario, si capisce immediatamente, sono gli oppressi e gli emarginati.
Il tentativo di Spera e di Laika è quello di sensibilizzare lo spettatore, rendendo manifeste le profonde ingiustizie sociali che quasi sempre passano inosservate alla massa. Le toccanti riprese ci trasportano sul campo di battaglia di ogni causa, permettendoci di empatizzare profondamente con le vittime sino ad avvertire con loro il peso dell’indifferenza del mondo esterno.
Laika in tutto ciò assume un valore eroico non solo per la sua nobiltà d’animo, ma perché detiene un potere estremamente utile: riuscire ad arrivare dove le voci non riescono grazie alla forza, all’incisività e all’immediatezza dell’arte.

Life Is Not A Game verrà presentato in anteprima mondiale il 17 ottobre alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Freestyle. Uscirà al cinema a gennaio.



Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Sonoro - 3
Emozione - 5

3.8