Roma FF17 – Le vele scarlatte: recensione del lungometraggio di Pietro Marcello

La pellicola, presentata inizialmente a Cannes e tra le proiezioni speciali della Festa del Cinema di Roma 2022, è un film che celebra la potenza della semplicità e intimità, rimanendo a tratti troppo distante.

Le vele scarlatte (Envol) è la nuova pellicola di Pietro Marcello, tornato alla regia dopo Bella e perduta (2015) e Martin Eden (2019) ispirato liberamente all’omonimo romanzo del 1923 scritto dall’autore russo Aleksandr Grin. Un film che si muove intimamente, guidato dalle emozioni, dagli sguardi, appellandosi alla scrittura solo in modo semplice. Registicamente incantevole, il progetto cerca in tutti i modi di avvicinarsi allo spettatore, ma non riesce sempre ad entrare dentro il corpo della storia, a causa di un linguaggio sì sintetico, ma eccessivamente elaborato.

Le vele scarlatte, prodotto da CG Cinéma, Avventurosa, Rai Cinema, Match Factory Productions, ARTE France Cinéma, Les Films du Losange, è stato presentato in anteprima internazionale al Cannes 2022, nella sezione Quinzaine des Réalisateurs. Il lungometraggio, scritto dallo stesso Marcello insieme a Maurizio Braucci (Padre Pio, La paranza dei bambini) e Maud Ameline (Quel giorno d’estate, Les passagers de la nuit), è presente alla Festa del Cinema di Roma 2022, tra le proiezioni speciali del concorso. Il film arriva nelle sale italiane il 12 gennaio 2023 grazie a 01Distribution.

Le vele scarlatte: il turbinio degli elementi

Le vele scarlatte - Cinematographe

Le vele scarlatte parte con il ritorno di un tozzo e rude militare nel suo paese, Raphaël (Raphaël Thiéry), dopo la logorante Grande Guerra: riabbraccia la figlioletta Juliette (Juliette Jouan), ma piange la perdita della moglie, avvenuta qualche anno prima. Per guadagnarsi da vivere, si dedica alla falegnameria, un mestiere che gli riesce egregiamente, mentre cerca come può di far crescere la piccola, che, in età più adulta si isola sempre di più dagli altri abitanti del villaggio a causa di un temperamento audace e indipendente. Tutto cambia quando incontra una misteriosa strega in un bosco che le predice un particolare futuro.

La realizzazione si apre con dei filmati dell’epoca che dopo poco lasciano spazio alla dimensione immaginifica del film, uno stile registico proprio di Marcello che riesce perfettamente a rappresentare, con sfumature sempre più nitide, come la fantasia è solo uno specchio della realtà e la sua opera cerca di riprodurla il più possibile. Questo realismo non viene perseguito a livello narrativo (ci torneremo dopo), ma dal punto di vista propriamente estetico: l’autore, infatti, utilizza le luci e i colori della natura come fossero una tavolozza, affrescando la sua storia. Un’attenzione particolare è riservata ai quattro elementi fondamentali del mondo: aria, acqua, terra e fuoco.

Ognuno di questi, metaforicamente parlando, ha un significato ben preciso all’interno de Le vele scarlatte: la terra è incarnata dalle ruvide mani di Raphaël rovinate dalla falegnameria e ciò è espressione del suo temperamento composto e inamovibile; il fuoco esprime un conflitto tra sicurezza (nel caso del camino della casa dell’uomo) e pericolo (nella scena dell’incendio); l’aria, al contrario, rappresenta cambiamento e mistero, come quando arriva l’enigmatico pilota Jean (Louis Garrel) che trasforma la vita di Juliette. Infine l’acqua sembra rappresentare la speranza e il futuro: proprio tra le onde, la giovane vede le vele scarlatte che fendono il vento e le portano buon auspicio.

Questo turbinio di forze naturali sottolinea l’impetuosità del destino ed unito ad un uso magistrale delle scenografie, regala agli spettatori uno spettacolo vertiginoso e suggestivo, veicolando oltre lo schermo messaggi e simboli solo e solamente attraverso la costruzione delle immagini, senza l’utilizzo di nessuna parola. Anche il conflitto luce e ombra è centrale nella realizzazione: il trio composto da crepuscolo, oscurità e alba esprime perfettamente il passaggio temporale degli anni, non richiedendo necessariamente alcuna didascalia descrittiva o delle linee specifiche di sceneggiatura, che rimane troppo in disparte.

Le vele scarlatte: un linguaggio in sospeso, come un enigmatico vaticinio

Le vele scarlatte - Cinematographe

Proprio il copione de Le vele scarlatte, infatti, ha ben poco peso in un racconto dove l’intera struttura filmica passa attraverso la potenza della natura. Detto questo, lo script fa un lavoro preventivo: pone le basi dell’analisi del film, lavorando con semplicità e rigore. Inserisce i giusti elementi della trama, caratterizza in modo solido i personaggi, cosparge la storia di una serie di punti criptici che vengono lasciati in sospeso. Una strategia sicuramente da elogiare, ma che forse lascia troppo spazio all’estetica e alla tecnica, rinunciando inevitabilmente alla fruibilità.

Ne consegue che la sceneggiatura, anche se lineare, chiara e limpida, sembra rimanere in un perenne limbo: in questa condizione, la scrittura da un lato non riesce a supportare adeguatamente la componente registica perché fin troppo debole, dall’altro alimenta ancor di più il linguaggio simbolico-metaforico della pellicola, non arrivando però a nessuna conclusione. Il risultato, manco a farlo apposta, sembra avere la forma di un vaticinio inspiegabile come la profezia che riguarda Juliette: un mistero che quindi attrae lo spettatore, ma che rimane incompiuto. Nell’arte spesso le forme di questo tipo hanno comunque valore, ma in questo caso vanno a creare una distanza piuttosto lontana tra autore e pubblico che non viene purtroppo colmata.

Malgrado questo, la forza de Le vele scarlatte emerge lo stesso, con il coraggio e l’ardore di osare e la suggestione di una storia ricchissima e affascinante, anche se veicolata con una narrazione semplice e mai articolata. Sul piano attoriale, un plauso in particolare alla giovane attrice emergente Juliette Jouan che con classe e delicatezza riempie lo schermo, con un’interpretazione sussurrata e morbida, ma anche evanescente, come il sogno che cerca pedissequamente il suo personaggio. Raphaël Thiéry è il perfetto contraltare, un’artista che sfrutta tutta la sua fisicità per apparire ancora più roccioso, testardo, burbero. La connessione che si sviluppa tra i due, in scena, è una magia rara.

Le vele scarlatte è un progetto che esplora l’intimità degli esseri umani, il dolore della perdita, la frammentazione della guerra con un utilizzo del tutto peculiare della regia. Marcello usa la macchina da presa sperimentando varie soluzioni estetiche usando i quattro elementi naturali come chiave interpretativa. Ad accompagnarlo, una sceneggiatura efficace e funzionale nella sua semplicità, ma purtroppo troppo sospesa, non essendo in grado di dare un contributo fondamentale alla storia. Un film intenso e travolgente che si avvale di un cast lucido e in parte.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

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