Lawrence: recensione del film su Lawrence Ferlinghetti

Lawrence è un progetto di verità, un progetto di parole, un progetto di vitale necessità.

È il collettivo milanese dei ragazzi di Tempi diVersi ad aprire l’anteprima del documentario Lawrence al Palazzo del cinema Anteo di Milano, il 24 gennaio.
Due chitarre dello scantinato di via Catalano accompagnano la lettura di poesie di Lawrence Ferlinghetti; ragazzi arrabbiati e appassionati, si infilano in una quotidianità nei corner milanesi, sciocchi di cultura e di memoria recitando, dove capita, la vita e l’amore. 

Sono ragazzi cresciuti nella libreria Calusca nel Centro Sociale Conchetta, fondata da Primo Moroni (l’anarchico punk servitore di libertà e rivoluzione ai tempi della Milano dell’eroina e ancor prima). Nulla sembra essere un caso in questa serata di rime e suoni che paiono accordati perfettamente ai versi della city lights, libreria in cui Lawrence ha creato pavimenti poetici e pareti di parole, rendendo l’emarginazione inclusiva e gli emarginati inclusi.

È un documentario di soli 66 minuti, pochi per un uomo immenso, ma abbastanza per assaporarne la quantità di vita nella sua vita. La realizzazione di questo documentario avviene grazie ad un incontro straordinario tra il poeta e le registe.
Giada Diano, traduttrice per l’Italia di Ferlinghetti e sua biografa, ed Elisa Polimeni, curatrice di mostre e retrospettive dedicate al poeta; entrambe si prestano all’ascolto dei dialoghi di un uomo statuario e della sua esagerata intimità.

Giada racconta di una semplicità italoamericana fatta di ironia e autoironia frizzantissima. Un incontro, il loro, avvenuto tra le pagine e le metafore di un poema sorprendente Il mondo è un posto bellissimo; è nel non luogo dei suoi versi che la regista dice di essersi fatta trascinare trasformando un viaggio ideale in un viaggio reale fino a San Francisco.
L’incontro diviene una amicizia nutrita da viaggi mentali e metaforici. Quella rabbia cosmica di un uomo scostumato di proibizioni e regole scorrette viene girata amatorialmente nel 2011; solo dieci anni dopo diventerà un documentario dal taglio intimo, distribuito dalla Garden film.

Lawrence: un film fatto di verità

Lawrence è un progetto di verità, un progetto di parole, un progetto di vitale necessità. Non esiste recitazione né scenografia; è un filmato editorialmente familiare e sincero. Inizia il documentario e ci troviamo a chiacchierare con Lawrence; eccolo gagliardo su una sedia a dondolo in legno immerso da colonne di libri con in mano una banana. Nella prima scena racconta delle sue origini e del padre arrivato dall’Italia il quale morì prima della sua nascita a New York; un uomo che amava sua madre, anche se non ha mai saputo che lingua parlassero tra loro. Per logica allude al francese, per poi assicurarci che sicuramente parlavano quella dell’amore. 

In una San Francisco annebbiata, capolinea di una democrazia elitaria – che il poeta tiene a informaci sia iniziata ad Atene – Lawrence si racconta quasi imbarazzato di fronte ad una telecamera, elemento di contrasto rispetto alla sincerità di esperienze di cui diventeremo incantati ascoltatori, dimenticandoci, a tratti, di essere in un cinema e di averlo su uno schermo e non in sala, accanto, dietro ,davanti, ovunque.

Scrive sempre, genialmente portato al racconto in versi, di una quotidianità stretta e avara. Giada Diano ci racconta del loro primo incontro: “era il 2011 e l’America iniziava a bombardare l’Afghanistan, le così dette bombe gentili, Lawrence non credeva a quell’America, la condannava e la respingeva”. Eccoci arrivati a city lights; questa libreria venne fondata al suo ritorno da Parigi, lì studiò e incontrò  George Whitman, fondatore della Shakespeare and Company; nel 2011 proprio lì dentro, morirà all’ultimo piano.

Il poeta narra di questo spazio culturale come un mondo infinito di libri usati, di parole perse nel tempo e ritrovatesi una sopra l’altra. Tornato in America il sogno di Lawrence era quello di creare uno spazio simile a quello parigino, ma l’America viaggia e la rivoluzione dei tascabili piomba presuntuosamente tanto da costringerlo verso questa linea editoriale.
Un racconto, nel documentario, alternato alle bellissime illustrazioni di Lena Shaposhnikova che animano questa esplosione di anarchia come filosofia di vita, come vera e unica libertà dell’individuo nel collettivo.

Un uomo coraggioso, perseguitato dalla sua disperazione che lui stesso definiva come il cavallo immaginario e fedele di un cowboy.
Improvvisamente diventiamo i terzi di un dialogo appassionante e magnetico, Lawrence è seduto accanto a Jack Hirschman, personaggio immenso, (insegnante di Jim Morrison, talento di dannazione e isteria) entrambi caricature di “americanacci” da pub, ma interiormente costruttori di ideali poetici che hanno sparso rivoluzioni in epoche di sentenze, in epoche di guerre. (È davvero emozionante).
Due giovani ribelli, da fiori contro fucili, fermamente contrari ad una sistematica persecuzione vietnamita, hanno vissuto giorni duri, e generosamente fanno di questa conversazione un flusso incessante di aneddoti di una ruvidità storica, che, alla fine, ci farà sentire più cresciuti; loro,rinchiusi negli inferi del mondo, violati da forze statali vennero costretti ad un sovraffollamento di disumanità e gettati su pavimenti gelidi insieme alle loro penne e alle loro idee.

In questo intermezzo di circa venti minuti si prendono in giro sottintendendo perennemente stima e ammirazione reciproca. Hirschman, uomo teneramente grande, ride al pensiero dei dibattiti quotidiani con Lawrence “mi definisce esoterico” sghignazza e noi insieme a lui. Sono infiniti, vestiti di maestosa umiltà.
Il momento più bello: Lawrence ed Hirschman parlano di Pablo Neruda, ritenuto da entrambi come “forse” il poeta più straordinario che il Novecento ha potuto regalarci. Noi assistiamo e accettiamo qualsiasi cosa venga detta da loro: è impossibile il contrario!
Il dialogo termina così: “in questo paese esiste la libertà di parola per quelli che non hanno nulla da dire”.

Siamo di nuovo noi e lui su quella sedia a dondolo, parliamo di anarchia ideale e non ideologica, della forte necessità di un socialismo senza dittatori che non abbia nulla a che vedere con l’apparato sovietico ma umanitario, civile e libertario sorretto da una economia pianificata a livello globale necessaria per salvare il pianeta e le risorse del pianeta, lontana da un capitalismo di egocentriche ambizioni diretto a guerre mondiali e tempi dove ognuno prende quello che può distruggendo il mondo dal punto di vista ecologico.
Lawrence grida: “eco-catastrofe, eco-oblio”. Avviene tutto mentre immerge le mani in secchi di vernice, “è un uomo su una sedia elettrica quello raffigurato”, questo è il tempo che non dà valore a nessuna vita.

Eccoci, giunti alla fine, ai confini del mondo; il sole sta tramontando incendiando le spiagge californiane,  Lawrence Ferlinghetti tra la gente passeggia in riva al mare osservando come fosse la sua ultima volta, non vuole perdersi nulla di quel tempo, non vuole perdersi nulla di quanto ha già vissuto, domani tornerà dove si trova adesso, ma ora lo vive come fosse l’ultima volta.

Il documentario si conclude con un pezzo di Omar Pedrini, amico di Ferlinghetti, dedito alla sua poesia. Anche lui ricorda il suo primo incontro e quanto fu importante nell’album Etabeta (il giorno è finito, il giorno è finito. I pesci nuotano tra le piante, mangiando i semi del sole). È un racconto interessantissimo quello del cantautore; ci caliamo totalmente negli anni Ottanta, nelle prime city light italiane da Firenze a Milano; parliamo di Gianni Sassi e allo stesso tempo di Alberto Camerini e gli Skiantos, luoghi di immensa cultura; appare nei racconti anche Yoko Ono amante, e come tutti i presenti- assenti di questa sera, a perdersi dentro righe di sopravvivenza e arroganza di una ribellione andata.

Lawrence Ferlinghetti è morto il 22 febbraio del 2021 a San Francisco; a lui, per lui un documentario girato con poco ma capace di “racchiudere” un uomo senza contorni ma con orizzonti di visioni rivoluzionarie e inviti, ad una generazione silente, al risveglio.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.3