Land: recensione del film di Babak Jalali

Land di Babak Jalali racconta le durezze delle riserve, la crudeltà tra bianchi e indiani, le tenerezze tra marito e moglie, tra fratelli, e mostra l'epopea di un'America fatta di contraddizioni.

Floyd è morto in combattimento in Afghanistan; è questa la notizia che squarcia il cielo della riserva indiana di Prairie Wolf e quello della famiglia degli Denetclaw, appartenente alla tribù dei Lakota Sioux. Parte da un decesso quindi il film di Babak Jalali, Land – terzo lungometraggio del regista iraniano, cresciuto lontano dalla propria patria – che racconta una storia dolorosa e quasi anestetizzata dove si mescolano umanità, realtà (quella dei nativi americani) e frontiere. La madre, Wesley, il più giovane dei figli ancora in vita, Raymond, il fratello maggiore, ex-alcolizzato, e gli altri parenti possono fare solo una cosa, aspettare il corpo del ragazzo per seppellirlo. Poco importa come è morto il ragazzo, poco importano le celebrazioni, se è spirato in armi o meno, ciò che conta è riavere quel figlio, fratello da salutare per l’ultima volta.

Land: il film di Babak Jalali è una sorta di asciutto western

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Land è un racconto in bilico tra due mondi, tra due “zone” di “guerra”, abitata da persone “diverse” per colore, origine, cultura; la frizione è inevitabile e procura delle escoriazioni che dolgono anche dopo essere state provocate. Jalali percorre quel confine come farebbe un regista di un western che qui diventa essenziale, asciutto, moderno, e pone al centro le sacche purulente di una ferita che, a seconda della latitudini, dei periodi storici, tocca vari luoghi e varie popolazioni della terra. Land mostra l’integrazione che fallisce e mette in discussione tutte quelle caratteristiche proprie del mito americano, la fierezza dell’eroe, mai domo e valoroso, che onora e rispetta il nemico, mito che diventa un incubo crudele per chi esce dal magico cerchio nazionale, non facendone parte in maniera orrendamente “pura e assoluta”. La famiglia Denetclaw diventa di fronte all’America (quando viene accolta nell’ufficio di un alto graduato per parlare di sussidi e “eredità”) un misero prolungamento della nazione che concede ridicoli sussidi ma in realtà, li lascia marcire ai limiti della loro riserva.

Land: Babak Jalali dipinge volti silenziosi e dolenti che portano dentro emozioni e sentimenti inespressi

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Land prende come pretesto la morte del ragazzo per sollevare il velo da una questione complicata e mai sopita, quella dei nativi americani, concentrandosi sugli innumerevoli scontri tra le due “fazioni”, i bianchi e gli indiani, ma anche su una delle questioni più scottanti, l’alcolismo. Nella riserva è vietata la vendita di alcolici ma bastano pochi passi e quell’illusorio anestetico è a portata di mano. Wesley beve, beveva anche Raymond, ma le tante birre buttate giù non sono riuscite ad addormentare il dolore dato dalla loro condizione: così si compra il “nettare” dal nemico che è pronto a riempirti di botte per salvaguardare la propria sorella, così si finisce su un letto d’ospedale proprio perché non presenti a se stessi.

Si combatte per avere un nemico preciso, pieni di munizioni di odio e di rancore verso coloro che ci hanno insegnato ad odiare, spinti da falsi pregiudizi, ignoranze radicate, paure smisurate. Poco resta di questa nazione agli indiani, solo una bara avvolta in una bandiera, ma nessun soldato al seguito per onorare il caduto.

Land è un componimento in versi di lotta e di conquista che prende l’aspetto di un regolamento di conti tra bande – una sorta di occhio per occhio, dente per dente che non ha mai fine -, ma più i minuti passano, emerge chiaramente che il disagio è profondo e che il minimo comune denominatore è quella disperata e immota sensazione di abbandono che avvolge gli uni e gli altri. La “land” del titolo è una terra deserta, senza Dio, bacino da cui prelevare manodopera, burattini di carne e ossa da spremere fino all’esaurimento di sangue e aria.

Sono uomini e donne in trappola, che non sono più capaci di piangere per la morte di un parente, che tradiscono la propria famiglia, che fingono di non aver perso un fratello, uniti in quelle distese aride, sotto il medesimo sole cocente. Land è vissuta da corpi e volti senza espressione, che portano il dolore nascosto dentro, nei loro sguardi c’è il ricordo di un antico e atavico sentimento, che solo in alcuni istanti, nel finale, emerge con dolcezza pudica e con silenziosa delicatezza.

Land: una pellicola che racconta un’America fatta di contraddizioni

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Land di Babak Jalali racconta le durezze delle riserve, la crudeltà tra bianchi e indiani, le tenerezze tra marito e moglie, tra fratelli, e mostra l’epopea di un’America fatta di contraddizioni con cui spesse volte fatica ad entrare in contatto, e così resta spesso bloccata, immobile come l’occhio del regista, immersa nei problemi, nelle differenze, nei timori e nei rancori proprio del suo popolo e del periodo storico che sta vivendo.

Land è un film scandito da silenzi e lentezze, gli stessi dei suoi personaggi, che ha bisogno di un po’ di tempo per farsi capire dallo spettatore, ma poi, quando quest’ultimo abbandona le difese, entra in empatia con questo mondo e con i suoi veri e sinceri abitanti delle riserve e ne vive dolori, sofferenze e tenere fragilità.

Land è al cinema dal 21 febbraio 2019 con Asmara Films.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.3