La vetta degli dei: recensione del film d’animazione

Un film animato che è pura poesia, incentrato sulla forza della natura e sulla voglia dell'uomo di scoprire.

L’Everest, una delle vette entrate nel mito la cui prima scalata viene attribuita a Edmund Hillary e Tenzing Norgay nel 1953. Prima di loro, negli anni ’20, due alpinisti avevano già tentato l’impresa: Andrew Irvine e George Mallory, la cui morte è avvolta nel mistero lasciando il mondo intero nel dubbio che siano stati loro i primi a raggiungere la vetta. È da questo fatto che prende le mosse il lungometraggio animato che porta sullo schermo il reporter fotografico giapponese Fukamachi Makoto che trova la macchina fotografica di Mallory che riappare improvvisamente 70 anni dopo a Kathmandu, solo Makoto può scoprire se l’impresa era già stata compiuta prima. Inizia così una caccia all’uomo per ritrovare colui che può aprire un bagaglio di ricordi impagabile. Racconta tutto questo La vetta degli dei, il lungometraggio di Patrick Imbert, cineasta e animatore francese, disponibile su Netflix dal 30 novembre 2021, trasposizione dell’omonimo fumetto del giapponese Jiro Taniguchi, uno dei maestri della narrazione disegnata, in grado di stupire con un adattamento pieno di poesia mostrando benissimo spirito e malinconia che caratterizzano l’opera originale e anche l’esistenza degli scalatori.

La vetta degli dei: una storia tra passato e presente

1994. Un giovane reporter giapponese incontra un misterioso scalatore che sembra essere Habu Jôji, alpinista scomparso dalle cronache sportive ormai da anni, fra le mani di quest’ultimo c’è una macchina fotografica. Potrebbe essere appartenuta a George Mallory, se così fosse allora potrebbe provare che lui assieme a Irvine riuscirono a raggiungere la cima della montagna. Erano arrivati davvero in vetta? Il reporter è ossessionato da questo, lo è talmente tanto da decidere di partire per l’Everest insieme all’alpinista Habu Jôji. Fukamachi è spinto dal desiderio di scoprire, di approfondire la figura di Jôji – durante una sfortunata spedizione sulle Alpi francesi il prodigioso scalatore, vero protagonista della vicenda, rivede il fantasma di un giovane compagno morto parecchi anni prima, vuole raggiungere la vetta in solitaria, senza ossigeno, facendo registrare un nuovo record – e spinto da quella curiositas che anima tutte le persone come lui, intraprende un cammino che gli aprirà la mente su molte cose. La vetta degli dei è una storia che coinvolge e colpisce, si tratta di un film d’animazione che è una sorta di documentario e un dramma umano.

La storia si muove fra passato e presente, da una parte le indagini di Fukamachi, dall’altra il presente. Da una parte c’è il percorso umano e sportivo di Joji, dall’altra il reporter che tenta di incastrare ogni tassello del puzzle che potrebbe cambiare per sempre la storia dell’alpinismo; ed è l’oggi a unire i due piani e a trasportarli sull’Everest. La ricerca della macchina fotografica e la vita di Habu si portano dietro il giallo ma anche la narrazione del desiderio, del bisogno quasi fisico di cercare e trovare (una verità, un nuovo record). A poco a poco, lo spettatore viene trascinato nel bianco freddo della vetta, stordito dalla stupefacenza dei paesaggi, dalla fragilità umana di fronte alla potenza della montagna, della Natura. L’uomo lì è strabiliato, confuso e immensamente commosso dalla potenza di ciò che vede ma avverte anche il pericolo della montagna.

La forza della natura e il desiderio umano di scoprire

“Non deve esserci una ragione. Per alcuni la montagna non è una meta ma un percorso. E la vetta non è che una tappa lungo il cammino. Una volta in cima non resta che andare avanti”

In La vetta degli dei c’è molto: intensità, dolore, paura, la magnificenza della natura e lo spaesamento umano. L’uomo contempla e viene al tempo stesso trascinato da tutto ciò, il viaggio prosegue con lentezza perché è importante che si percepisca quanta fatica e lirismo ci sia in ogni passo, in ogni montagna scalata e attraverso ciò viene narrata anche la persona. In ogni paesaggio, rappresentato con amore e con forza, rigore e minimalismo sorprendenti, c’è una bellezza che stordisce e fa innamorare di ogni picco, di ogni pendio. In ogni scalata, nel sangue versato, nel rischio di cadere e ferirsi c’è molta tensione che tiene legato lo spettatore alla narrazione. Quando il pericolo cresce, aumenta la fatica del corpo sempre sotto sforzo e anche la necessità viscerale di trovare ciò che si cerca, qualunque cosa essa sia, di essere tutt’uno con quella montagna viva e al tempo stesso ostile allo straniero (l’uomo). Essa si staglia potente, inviolabile e sacra e si fa sempre più visione immersiva: gli occhi regalano una “fotografia” innevata, spavetosa e divina, le orecchie permettono di percepire il vento; il rumore dei rampini che significano quanto sia difficile per l’uomo far parte di quel mondo, le parole di chi questo lo ha vissuto in prima persona.

La vetta degli dei è una poesia lenta e inesorabile, è uno spaventoso pianto, ed è anche un racconto umano e commovente che fa emergere l’ossessione del sapere, di avere nuovi viaggi, nuove mete che non bloccano il viaggio stesso ma diventano solo una tappa per proseguire, che porta alla luce l’idea che ogni cosa sia possibile. Non si percepisce mai, neanche per un istante la noia perché la relazione tra parete rocciosa e uomo, personaggi di questa epica, è talmente intensa e piena da essere sufficiente a creare qualcosa di estremamente magico.

La vetta degli dei: un film che è poesia pura

La vetta degli Dei è un’opera che accompagna e accarezza, che mette in pace con tutto, anche con sé stessi e chiede di superare gli ostacoli e al tempo stesso di porre limiti che poi si supereranno. È capace di narrare con immagini e suono sia la parte intima dell’uomo sia quella investigativa, il significato profondo e meraviglioso della vita e la propulsione di andare avanti, sempre e comunque, cercando nuove vette, nuovi record, nuove verità. Questo è un film emozionante, solido, poesia pura con grande forza visiva.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.1

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