La spia – A most wanted man: recensione

La Spia – A most wanted man è un thriller sulla guerra ai giorni nostri, tratto dal romanzo di John Le Carrè “Yssa il buono”. Il regista Anton Corbijn, fotografo e filmaker di rockstar come U2, Nirvana e Depèche Mode, al suo quarto lungometraggio ha scelto l’indimenticabile Philip Seymour Hoffman come interprete principale e comprimari di tutto rilievo in Willem Dafoe, Robin Wright e Rachel McAdams.

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Una scena del film

E’ una spy story che sembra molto ispirata a “La Talpa” di Tomas Alfredson, permeata com’è di solitudine romantica.Ambientata ad Amburgo, la storia gira intorno al clandestino ceceno Issa Karpov che, aiutato da una avvocatessa impegnata per i diritti civili (Rachel McAdams), tenta di ottenere l’eredità che suo padre, criminale di guerra russo, aveva affidato al banchiere Brue, padre di Tommi (Willem Dafoe), mentre i servizi segreti di tre Paesi gli danno la caccia. L’agente antiterroristico tedesco Gunther Bachmann (Philip Seymour Hoffman) si impegna in questa caccia all’uomo come sua ultima possibilità; criticato e ostacolato dall’Intelligence tedesca per i modi soft con cui tratta il caso, egli vede in Issa l’opportunità di raggiungere il suo principale obiettivo: il dottor Faisal Abdullah. Gunther, infatti, attraverso il giovane ceceno vuole arrivare all’illustre musulmano fondatore di organizzazioni benefiche in Germania e finanziatore occulto del terrorismo islamico. Amburgo ha avuto un ruolo di rilievo come crocevia terroristico prima dell’attacco dell’11 settembre, data che ha cambiato il mondo, e ora, con La Spia, presta uno scenario fotogenico al cinema di spionaggio post guerra fredda. Il tema principale del film è proprio l’approccio di diversi Paesi al terrorismo, al rischio di attentati e al desiderio di trovarci in un mondo sicuro, raccontato attraverso un linguaggio classico da spy story. Accanto a questo tema scopriamo il dramma di vivere de La Spia, nella magistrale e purtroppo ultima interpretazione di Philip Seymour Hoffman.

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Una scena del film

Gunther è un uomo difficile, cinico e disilluso, si muove con disperata eleganza nella sua Mercedes, slaccia la cravatta e mantiene il dolore sommerso nell’alcol e nelle sigarette che accende di continuo. E’ un personaggio concettuale dell’Europa di oggi che combatte la guerra al terrore ma ci riporta alle atmosfere noir tipiche della Hollywood anni 40, e in questa chiave disincantata si rapporta con l’agente segreto americana (Robin Wright) che collabora al caso. Questa idea di personaggio è sostenuta da una inestimabile bravura recitativa. Philip Seymour Hoffman si muove nel mondo attuale delle spie, con gli occhi lucidi ed arrossati tenta di prevalere sulla concorrenza tra le agenzie mettendosi con una propria soluzione investigativa sulle tracce del denaro e del sangue. Il suo tentativo di salvare Issa dai salvatori del mondo è forse il tentativo di distinguere l’identità dal pregiudizio o di domandarci in modo tragico e struggente se ci si possa mai fidare di qualcuno al mondo senza usargli violenza. Impossibile perdersi l’ultima performance di un grande attore che ci lascia come eredità ancora una prova irrequieta e sublime del suo talento.

Giudizio Cinematographe

Regia - 4.2
Sceneggiatura - 4.2
Fotografia - 4.2
Recitazione - 4.7
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

4.1

Voto Finale