La casa inquietante: recensione del film di Daniel Prochaska disponibile su Netflix

Tra fantasmagoria teen e stilemi narrativi del genere, nel film dell’austriaco Daniel Prochaska e tratto dal romanzo di Martina Wildner manca il brivido e il coraggio. La casa inquietante è su Netflix dal 14 maggio.

Quella del ghost movie è una delle declinazioni del genere horror che meglio si confà ai primi tentativi registici di autori giovani o emergenti appassionati del brivido. Ma talvolta scardinarsi da stilemi narrativi e convenzioni realizzative già assestate è un salto nel vuoto che solo i più temerari scelgono di compiere, e spesso si assiste a lungometraggi orrorifici così strettamente aderenti ai codici del passato da privare lo spettatore di ogni coinvolgimento trascinante.

Del comunissimo vizio di non allontanarsi dal preconfezionato e dal supponibile stavolta ne soffre il giovane film maker austriaco Daniel Prochaska che, per il suo primo lungometraggio La casa inquietante, fa incrociare i dettami del coming-of-age con quelli del film sui fantasmi, riambientandole tuttavia in un locus amoenus fiabesco e tutto da scoprire, ovvero il confine austro-sloveno della Carinzia e delle grotte di Obir.

La casa inquietante: storia di fratelli e di fantasmi

la casa inquietante cinematographe.it

Situato a 1078 metri d’altezza, il comune di Bad Eisenkappel nel film di Prochaska si prefigura come location di passaggio e di terrore, rendendosi visibile all’arrivo in macchina di Hendrik (Leon Orlandianyi) e del fratello minore Eddi (Benno Rosskopf), costretti al trasferimento dalla madre Sabine (Julia Koschitz) dopo la scomparsa del padre. I tre si ritrovano in una casa diroccata e polverosa, circondata dal sale per assorbire la costante umidità delle lumache che, per il clima per nulla arido, diventa habitat naturale per insetti e molluschi. A rendere scivoloso e opaco l’ecosistema della cittadina austriaca e slovena però non è solo la mancanza di calore, ma i spettri del passato che aleggiano indisturbati e notturni della catapecchia una volta abitazione di un’altra famiglia: i Polzmann e la fine tragica dei figli Roland e Ralf per mano della madre Amalia. Una Medea avvelenatrice e poi suicida, la cui leggenda ancora impressiona e destabilizza la piccola comunità sul lago, e che ora, tramite il corpo di Eddie, a distanza di anni inizia a impossessarsi del destino dei fratelli e dei loro nuovi amici.

Tra stilemi del genere e presenze ancestrali nel film La casa inquietante manca il brivido

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Muovendosi tra racconto d’infanzia e fantasmi del passato, La casa inquietante si permea senza alcun scintillio nel già visto secolare dell’horror ambientato in una casa antica e in una località immersa nella natura più remota, lontano dai comfort metropolitani e incastonata nei retaggi del passato. C’è davvero tutto il prevedibile nella narrazione dell’austriaco: la soffitta inaccessibile, i strani comportamenti notturni di chi comunica inspiegabilmente in una lingua incomprensibile disegnando simboli occulti sui muri; e ancora gli spettri trasparenti in apparizione dagli specchi in riflesso e la seduta spiritica per invocare, (forse con troppa ingenuità), un passato che bussa alla porta per declamare la sua verità.

Tra passaggi ironici affidati al neo amico Fritz, interpretato dal giovanissimo Lars Bitterlich e fantasmagoria teen dal contorno romantico, nel film Netflix manca il brivido, quello vero, pur rivolgendosi ad un target evidentemente under 18. D’altronde l’horror è un genere che non perdona e la deriva poco audace della scrittura di Marcel Kawentel e Timo Lombeck, riadattata al romanzo del 2011 di Martina Wildner, risulta impervia e scivolosa come il precario e sfuggente biosistema che dà vita alle stalattiti nello straordinario paesaggio naturale delle caverne slovene.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.3