La Casa delle Estati Lontane: recensione

Cosa sono i ricordi? Niente… qualcuno tende a definirli come qualcosa che non può essere né toccato né visto ma la sua grandezza non può essere distrutta. Talvolta il ricordo può essere talmente intenso da mescolarsi con la realtà e questo è quello che accade in La Casa delle Estati Lontane, film diretto da Shirel Amitai e distribuito da Parthénos. Ambientato in Israele nel 1995 nella piccola città di Atlit, Cali ritrova le sue due sorelle, Darel e Asia, per vendere la casa ereditata dai genitori. Tra momenti di complicità e incontenibili risate, riaffiorano i dubbi e gli antichi dissapori, ma appaiono anche strani convitati che seminano un’allegra confusione. Il 4 novembre il processo di pace viene annientato, ma le tre sorelle rifiutano di abbandonare la speranza. Alla fine, Cali, la sorella più volenterosa a vendere la casa, decide di tenerla insieme a Darel e Asia.

La casa delle estati lontane

La casa vista da fuori

Il film presenta numerosi spunti interessanti che, secondo quanto dichiarato dal regista, rappresenterebbero il nucleo portante dell’intera vicenda. Infatti, per usare alcune dichiarazione di Amitai, La Casa delle Estati Lontane non è altro che un “punto di partenza in cui l’idea della pace può avere inizio solo quando si occupa il posto giusto. Avere dei fratelli o delle sorelle è una ricchezza e può essere un’esperienza divertente e leggera, ma può anche capitare di sentirsi feriti. A volte è una guerra tra fratelli o sorelle, quando si è costretti a condividere, ma i primi conflitti iniziano con la frase ‘È mio’. Un’eredità solleva una serie di quesiti sul concetto di spazio perché probabilmente è l’ultima cosa che si divide. Il regista aggiunge poi che “Quando si arriva a contemplare anche l’idea del ‘è nostro’ e del ‘è tuo’, la pace diventa possibile. Ho scelto un momento nella storia di Israele in cui il paese era a due centimetri dalla pace. Tre sorelle che si prendono per i capelli mentre il paese parla di pace. E poi, tre sorelle che si ritrovano mentre il paese perde la speranza”. In effetti questi elementi si riescono a percepire benissimo nella pellicola di Shirel Amitai ma, nonostante vi siano diversi punti a favore, vi sono anche delle note di demerito. Uno fra questi riguarda la storia de La Casa delle Estati Lontane che fatica spaventosamente a decollare, rendendo il film poco scorrevole e stimolante. Anche il periodo storico in cui viene incastonata la vicenda (il famoso assassinio di Yitzhak Rabin avvenuto la sera del 4 novembre, 1995, alle 21:30, al termine di una manifestazione in supporto agli accordi di Oslo, svoltasi a Tel Aviv) potrebbe creare un forte senso di confusione nello spettatore, dal momento che per quasi tutto lo svolgersi della questione si parla solo ed esclusivamente dei ricordi e della vendita della casa.

La casa delle estati lontane

Cali incontra il “fantasma” del padre

La Casa delle Estati Lontane: un film in cui ricordi ed emozioni prendono vita

Tale confusione viene incrementata ancora di più dalla presenza di quelli che sembrano essere i genitori di Cali, Darel e Asia. Sono fantasmi? Sono ricordi? Perchè i personaggi presenti nel film interagiscono con individui che, secondo la storia, sono morti da parecchio tempo? Non vi è alcuna spiegazione o minimo accenno al riguardo. Per concludere, possiamo quindi dire che La Casa delle Estati Lontane, è un film interessante sotto l’aspetto tematico ma povero dal punto di vista contenutistico. Grande la fotografia con le ambientazioni e gli spunti sul tema del ricordo e della condivisione ma la sua grandezza possiamo dire che si limita solo a questo. Il film, con Géraldine Nakache, Yael Abecassis, Judith Chemla Arsinee Khanjian e Pippo Delbono, sarà nelle sale dal 16 Giugno, distribuito da Parthénos.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.3