Roma FF17 – La California: recensione del film con Le Donatella

Una serie di personaggi bizzarri popola la provincia romagnola tra eventi surreali e cambiamenti sociali

Silvia Provvedi, Giulia Provvedi – in arte Le Donatella – debuttano al cinema con La California, pellicola diretta da Cinzia Bomoll presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2022 nella sezione Freestyle.

La surreale provincia romagnola… forse?

La California, recensione, Cinematographe.it

Il prologo de La California introduce subito il pubblico all’ambientazione stramba e al particolare tono del racconto. L’evento scatenante ci viene introdotto subito, ma il film sceglie di distaccarsene, concentrandosi su una serie di immagini slegate, più da video musicale che racconto drammatico. L’indicazione data al pubblico, anche attraverso la voce narrante con stile fiabesco, è quella di uno spaccato generale di una realtà, una storia quasi corale. Nonostante l’introduzione suggerisca la presenza di una trama centrale, il fare del film è indubbiamente vignettistico, con l’occhio della regista che si sposta come una trottola e racconta storie su mini-storie, personaggi introdotti in continuazione, cronaca sociale che non sa se essere sottofondo o elemento centrale e momenti che fanno mettere in dubbio la natura del progetto. La verità è che, purtroppo, se decine e decine di minuti passano senza che la storia inizi realmente a prendere forma, quella premessa iniziale vacilla e lo spettatore finisce per trovarsi confuso.

Un progetto messo insieme discutibilmente

La California, recensione, Cinematographe.it

Gli elementi tecnici del film sembrano assemblati quasi a caso. Si cambia stile visivo come se niente fosse; la fotografia è alienante, difficile dire se lo è volontariamente. A volte, la presenza così forte di una lente anamorfica, particolarmente evidente nei campi lunghi all’esterno, riesce a conferire un piacevole dettaglio surreale alle inquadrature. Purtroppo, quest’impegno compositivo perde energia negli interni e nei campi più ravvicinati. È incredibile come un prodotto riesca a passare da immagini con potenziale a scene che sembrano uscite da una pubblicità a basso budget o, ancora peggio, da un progetto semi-amatoriale. Non c’è quasi mai un reale raccordo tra le sequenze – che sembrano tutte scollegate sia visivamente che narrativamente – e le inquadrature; troppo spesso si ricorre a montaggi musicali per far progredire il racconto, mettendo in evidenza una scarsa padronanza del materiale e di dove il tutto dovrebbe andare.

Il cast rappresenta l’elemento peggiore de La California; regala delle performance molto vicine al livello di studenti di recitazione alle prime armi. Silvia Provvedi, Giulia Provvedi e Lodo Guenzi non hanno né chimica né voglia di incarnare quei personaggi; il tutto risulta poco credibile. Il loro casting – così come tutto il film – avrebbe potuto funzionare con un approccio realmente surreale – un film alla Michel Gondry, per capirci – invece finisce per essere solo qualcosa che distrugge la sospensione dell’incredulità dello spettatore. Tutto sembra essere concepito per far recitare questa serie di cantanti/celebrità; giusto sfruttarli come veicolo di diffusione, il problema è che non c’è una base di racconto e dunque la curiosità instillata inizia e finisce con la loro mera presenza all’appello.

La California, un film che non rispetta se stesso

La California, recensione, Cinematographe.it

Provando a leggere la trama del film, sembrerebbe di trovarsi di fronte a uno sviluppo non intuibile: parole, forse sensazioni, forse domande, ma nessuna storia. Il modo in cui la sceneggiatura fallisce nel trasformarsi in racconto audiovisivo è il simbolo di come La California resti un film a metà, qualcosa che purtroppo non prende mai realmente forma, anche quando ci prova. L’intera composizione del film è confusa, frutto di una regia che sembra limitarsi a essere lì, senza avere capacità comunicative. Non si avverte tensione drammatica e il pubblico si trova in difficoltà, mai guidato emotivamente: è difficile avere a cuore la sorte dei personaggi senza sapere dove focalizzare l’attenzione e perché. Ci sono delle indicazioni di genere, ma non c’è praticamente nulla che il film fa per riportare qualcosa di familiare alla mente. È esile la componente drammatica, invisibile quella noir, totalmente non pervenuta quella satirica. La trama di un film dovrebbe indicare il suo possibile sviluppo, non essere un insieme di frasi che non significano niente – il risultato potrebbe essere un film permeato dalla stessa assenza di contenuto.

Il materiale promozionale del film parla di un prodotto eccentrico. In questo caso, l’eccentricità sembra essere semplicemente una scusa usata per motivare un prodotto senza logica. Qualcosa, da questa produzione, poteva sicuramente venire fuori; è intuibile dai pochi sprazzi di lucidità che dimostra in alcune scene. Proprio come le due gemelle “protagoniste”, si potrebbe immaginare che il film abbia due anime: una ben concepita e una inspiegabilmente sbagliata. Sullo schermo, però, arriva solo la seconda.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 1.5
Recitazione - 1
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.4