Kung Fu Panda 4: recensione del sequel DreamWorks

Arriva al cinema l’atteso Kung Fu Panda 4. Po dovrà riuscire a sconfiggere una nuova minaccia senza l’aiuto dei Cinque Cicloni. Anche se i nuovi personaggi sono divertenti, non riescono a riempire il vuoto lasciato dalla vecchia banda, la cui assenza sembra più forzata che dettata da scelte logiche di scrittura.

Ci sono voluti otto anni ma il momento tanto atteso è finalmente arrivato: il 21 marzo 2024 uscirà nei cinema italiani Kung Fu Panda 4. Il nuovo film DreamWorks Animation – co-diretto da Mike Mitchell e Stephanie Ma Stine, su una sceneggiatura di Jonathan Aibel, Glenn Berger e Darren Lemke – sceglie di mettere nuovamente a dura prova il suo iconico protagonista: Po, anche se riluttante all’idea, dovrà cedere la carica di Guerriero Dragone ad un nuovo successore, al fine di diventare il prossimo leader spirituale della Valle della Pace.   
La premessa è intrigante ma se vi state chiedendo se il nuovo capitolo del franchise è valso l’attesa dobbiamo rispondervi: non completamente. Scene d’azione e momenti comici abbondano – anche troppo – ma la sceneggiatura e la caratterizzazione dei nuovi personaggi non ci hanno conquistati.

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Kung Fu Panda 4: di cosa parla il quarto film della saga

Kung Fu Panda 4 recensione - Cinematographe.it

Nella Valle della Pace Po (Fabio Volo) si gode finalmente la sua fama di Guerriero Dragone, ma l’esaltazione ha vita breve. Il suo mentore Shifu (Carlo Valli), comunica al panda che dovrà prendere il suo posto come leader spirituale della Vale della Pace e, pertanto, è chiamato a scegliere un suo successore come Guerriero Dragone. Po non si sente ancora pronto all’idea di rinunciare alla sua vita adrenalinica ed avventurosa, per questo motivo, in un primo momento, non si impegna molto a trovare un sostituto. La timida ricerca viene interrotta dall’arrivo in paese della giovane volpe Zhen (Alessia Amendola), arrestata da Po dopo un tentato furto. La volpe, per evitare la galera, offre al panda preziose informazioni su una nuova misteriosa minaccia: la Camaleonte (Laura Romano), infida guerriera mutaforma che sta tramando per conquistare la Valle della Pace con i suoi straordinari poteri. Po e Zhen partono per un viaggio verso il palazzo dell’antagonista, a Juniper City, pedinati, a loro insaputa, da Li Shan e Mr. Ping, intenti a proteggere il loro figliolo in un comico inseguimento.

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I nuovi personaggi non riempiono il vuoto lasciato dai Cinque Cicloni

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Il messaggio di questo nuovo capitolo è chiaro: il cambiamento non è qualcosa che deve spaventarci ma un’occasione per aprirci a nuove sfide, e diventare la versione migliore di noi stessi. La pellicola diretta da Mike Mitchell e Stephanie Ma Stine non si spinge molto più in profondità di così, scegliendo come target dell’opera un pubblico fanciullesco da intrattenere con momenti comici e scene d’azione. C’è molto poco sentimento in Kung Fu Panda 4, e viene da chiedersi se ci fosse davvero l’urgenza di produrre un nuovo capitolo quando non si aveva nulla di nuovo da raccontare. Ma andiamo con ordine.

Ricordiamo che nel primo film il leader spirituale era la saggia tartaruga Oogway. L’idea alla base di Kung Fu Panda 4, ovvero di imporre a Po questo incarico, sembra forzata e prematura, non per l’età o per l’attitudine del protagonista, ma perché lo sviluppo del personaggio non sembra arrivato ancora a quel punto. Forse era necessario trovare un espediente narrativo più convincente e meno affrettato. I cambiamenti arrivano, invece, tutti insieme: un nuovo ruolo per Po, un’ambientazione diversa – il paesaggio bucolico rurale cede il posto alla metropoli Juniper City -, e l’assenza dei Cinque Cicloni, personaggi amatissimi dai fan del franchise. Il co-regista Mike Mitchell ha spiegato, in diverse interviste, che la scelta di tagliare fuori i compagni di avventura del protagonista è nata dalla necessità di espandere la storia fuori dai confini della Valle della Pace, aprendo, così, le porte a nuove personalità.

La sceneggiatura è ancora una volta firmata da Jonathan Aibel e Glenn Berger, che cercano di compensare la mancanza di punti di riferimento con l’introduzione di un sottoinsieme di personaggi provenienti dall’ambiente urbano. Ci sono le forze dell’ordine, animali che vivono ai margini della società che hanno scelto la via dell’illegalità, e ci sono poi i politici, ormai burattini nelle mani della Camaleonte, la cui scelte di governo ricadono prevalentemente sulla povera gente (viene più volte menzionato il tema dell’alzamento delle tasse).    
Tra questi nuovi personaggi spicca, ovviamente, la volpe Zhen: scaltra borseggiatrice e abile combattente. La nuova protagonista ha vissuto per strada, non ha una famiglia, e per questo motivo è abituata ad ingannare il prossimo per sopravvivere. La storyline della giovane volpe è, semplicemente, senza contenuto: la sua caratterizzazione è appena accennata, apparendo più come una versione femminile di Nick di Zootropolis (2016) e Dodger di Oliver Twist; la scrittura è approssimativa, e anche i plot twist legati a questo personaggio sono prevedibili.

Insomma, le idee scarseggiano in Kung Fu Panda 4. Peccato, perché l’ambiente metropolitano offriva spunti di riflessione interessanti e coraggiosi: la povertà, le condizioni di vita di chi vive ai margini della società, le scelte egoistiche di chi è al potere. Tutti questi temi sono solo accarezzati, prediligendo la via della comicità e della nostalgia, con il ritorno di vecchi personaggi.

Kung Fu Panda 4: valutazione e conclusione

Le note dolenti non sono ancora terminate. La saga di Kung Fu Panda è rimasta impressa nell’immaginario collettivo anche per merito della colonna sonora. Purtroppo, le musiche di questo quarto capitolo non rapiscono. Sembra incredibile ma Hans Zimmer non lascia il segno. Persino la cover tanto pubblicizzata di One More Time di Britney Spears convince poco, sembrando più un contentino per Jack Black (voce di Po in lingua originale).    
L’azione e le acrobazie – valorizzate da scelte di animazione molto interessanti – non mancano ma sembrano slegate dal contesto e poco in sintonia con le sequenze più divertenti o drammatiche. Un grande assente del film è proprio il Kung Fu e tutta la spiritualità connessa al mondo delle arti marziali. L’obiettivo di Po in questo capitolo è quello di trovare la pace interiore e diventare il nuovo leader spirituale. Ma sono davvero pochi i momenti di riflessione o le sequenze in cui il protagonista – e noi spettatori – riprendiamo fiato, contemplando il paesaggio, ad esempio. Il ritmo frenetico della città non permette di fare questo passaggio, perdendo, di fatto, l’anima di Kung Fu Panda.

È forse giunto il momento che la DreamWorks Animation si concentri su nuovi progetti? Non lo sappiamo. Po sembra avere ancora molto da dire. La possibilità che il protagonista combatta mali più grandi – la Camaleonte è una villain tutt’altro che credibile – al fianco di Zhen e dei Cinque Cicloni rende le prospettive del franchise eccitanti. D’altra parte, Kung Fu Panda, per sopravvivere, ha bisogno di una voce fresca, che spinga il panda più amato al mondo verso nuove avventure, sia fisiche che spirituali.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.9