Komada – A Whisky Family: recensione del film d’animazione

Un anime introspettivo e sentimentale sul mondo delle distillerie di whisky.

Lo studio di animazione P.A. Works ha presentato al Future Film Festival 2023 il film animato Komada – A Whisky Family di Masayuki Yoshihara. L’anime è il quinto di una serie di opere che lo studio ha dedicato al tema del lavoro. Gli altri sono Hana-Saku Iroha incentrato su una locanda di acqua calda, Shirobako sul mondo dell’animazione, Sakura Quest sul turismo e The aquatope on white sand sul mondo degli acquari.

Komada - A Whisky Family Cinematographe.it

Komada – A Whisky Family racconta le vicende di una distilleria, nota per un particolare tipo di whisky chiamato Koma. La distilleria è a conduzione familiare e dopo la morte del proprietario è stata la figlia Rui a portare avanti la tradizione. La ragazza, per far ciò, ha dovuto lasciare gli studi d’arte e il sogno di diventare mangaka, ma lo ha fatto di buon grado per impedire il fallimento dell’azienda, a seguito di una crisi iniziata dopo il terremoto del 2011. Durante gli ultimi giorni di vita, il padre di Rui aveva smesso di produrre il Koma, in favore del più diffuso e meno pregiato whisky sochu, per adattarsi al mercato post-terremoto. La ragazza riesce invece a tornare alla produzione di una miscela più pregiata di whisky, il Komada, che porta la distilleria a divenire oggetto degli articoli di un giovane redattore di un giornale, Kotaro. Quest’ultimo, assegnato alla distilleria dal suo caporedattore, inizialmente è disinteressato all’oggetto dei suoi articoli, ma dopo aver conosciuto Rui e i suoi lavoratori si appassiona sia alla produzione del whisky, che alle vicende famigliari della ragazza.

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Yoshihara dirige questo anime con piglio realista e misurato. Adotta una messa in scena debitrice di certo moderno cinema nipponico, che dopo il terremoto e il disastro di Fukushima, ha preso una via minimalista, introspettiva e quotidiana, lasciando, in parte, gli eccessi cyberpunk e postmodernisti del cinema anni novanta e primi-duemila. I protagonisti vengono delineati con una grande sensibilità. Il tratto del disegno è leggero e arrotondato, le ombre sono morbide e mai opprimenti, mentre i colori usati sono tenui, caldi e diluiti, quasi da acquerello. Viene insomma dipinto, grazie anche a un uso ponderato della CGI, un ambiente confortevole – valore spesso attribuito al whisky, tra l’altro. Un ambiente capace, nonostante le vicissitudini della vita, a volte dure, di offrire un’idea di mondo che si sta ricomponendo – dopo la tragedia del terremoto – attorno ai concetti di lavoro, famiglia e di piccola comunità, come quella della distilleria, dove la distinzione fra padroni e lavoratori sembra non sussistere.

L’immagine della donna, come catalizzatore di cambiamento

La delicata relazione che si crea fra Kotaro e Rui è anch’essa incentrata sui piccoli gesti e le affinità elettive. I due si rispecchiano nel loro essere finiti a fare lavori diversi da quelli che sognavano. Mentre la ragazza accetta di buon grado il proprio destino, in nome della tradizione famigliare e del benessere della propria collettività (i lavoratori della distilleria), il giovane giornalista è invece bloccato in un limbo di apatia, che verrà scosso dalla passione e dal buon cuore della giovane. Appare significativo allora che la protagonista femminile assuma questo valore di catalizzatore del cambiamento. La figura della donna nel cinema giapponese ha attraversato varie fasi, ma ciclicamente, nei momenti di crisi, si fa carico di rappresentare, in qualche modo, la forza necessaria a un cambiamento individuale e sociale. Mentre nella società nipponica i problemi legati al maschilismo e all’assetto patriarcale del sistema socioeconomico sono tuttora in fase di rielaborazione e faticano a esser superati, nell’immaginario pop la donna giapponese si è fatta portatrice di una serie di istanze, spesso di derivazione occidentale, legate al concetto di liberazione sessuale e parità di genere, indicando una rottura con i valori tradizionali giapponesi.

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In Komada – A Whisky Family questo simbolismo viene rielaborato alla luce delle contemporanee retoriche (ipocritamente) femministe, integrate nelle categorie culturali del pensiero neoliberista e si fa portatore di una sorta di restaurazione valoriale. La forza e l’abnegazione di Rui sono infatti orientate a ristabilire un’identità famigliare e negano alla donna ogni velleità di autodeterminarsi come artista, anzi reinseriscono tali velleità dentro un solco tracciato dal mestiere di famiglia. Rui, insomma diventa simbolo, qui, di una delle più tossiche e reazionarie delle narrative sociali giapponesi, quella che vede nella soggettività una funzione dell’azienda di cui l’individuo fa parte. Il mito del salaryman che sa stare al suo posto e accetta quello che il fato e il contesto sociale gli offrono, viene riscritto nell’anime di Yoshihara in chiave falsamente progressista. Da un lato depotenziando l’immagine femminile della donna indipendente dell’immaginario anime, in quanto qui questa non mette più in scena una rottura con i valori tradizionali, ma anzi ne implementa una versione edulcorata e buonista. Dall’altro portando avanti il moderno mito del neoliberismo – e si ricordi che, al momento, il governo conservatore (patriarcale) giapponese è intento a promuovere un rinnovamento delle politiche neocapitaliste di Shinzo Abe – per cui l’azienda è come una famiglia e la distinzione tra chi produce e chi guadagna dal plusvalore di tale produzione è abolita. Così Rui può essere immagine rassicurante dei valori cui deve sottostare il salaryman moderno, vuoi che quest’ultimo sia rappresentato dai dipendenti della distilleria o semplicemente da Kotaro, che accetta di buon grado un lavoro che non gli interessa, in nome del classico concetto nipponico di dovere sociale, giri.

Komada – A Whisky Family. Valutazione e conclusione

In definitiva Komada – A Whisky Family si presenta come un piccolo anime, pregevole per animazione e messa in scena, in grado di giocare bene sul rinnovato interesse del pubblico per storie minimali e dal forte appeal emotivo. Purtroppo però è anche un lavoro troppo poco critico nei confronti dei valori dominanti nella società giapponese e soprattutto di alcune retoriche tipiche del neocapitalismo. Il che, può non essere un difetto per molti, ma sicuramente ne abbassa il livello di interesse per chi si aspetta da un anime per un pubblico maturo, qualche riflessione in più sulla società contemporanea.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.8