FFF 2022 – Khamsa The Well Of Oblivion: recensione del film di Khaled Chiheb

Il piccolo Adi si risveglia in un pozzo, e uno spirito lo accompagna al Pozzo dell'Oblio: cosa sono i ricordi?

Khamsa The Well Of Oblivion è un film del 2022 con la regia di Khaled Chiheb, presentato al Future Film Festival di Bologna nel 2022.
Khamsa è il primo film d’animazione proveniente dall’Algeria: quasi un esperimento, in quanto proveniente da una cinematografia ancora pressoché sterile specialmente nel campo dell’animazione.

Non che questo debba essere forzatamente un pregio, oltre che un primato; ma il fatto che il regista non abbia avuto riferimenti fa apprezzare ancora di più la bellezza del film, la sua pregnanza, il suo essere unico nella sua sincerità non programmata.

Adi, un bambino, si risveglia in un pozzo oscuro. Non sa cos fare e allora segue Khamsa, una creatura volante che lo accompagna fino al pozzo dell’Oblio: un tempio sotterraneo enorme e misterioso dove trovano Tidar, la padrona, a custodirne l’ingresso.
È lei che fa capire al piccolo Adi che soffre di amnesia perché tutti i suoi ricordi sono imprigionati oltre la Porta dell’Oblio. Il bambino decide di oltrepassare la soglia: una volta dentro, scoprirà che i ricordi in quel luogo arcano possono assumere le forme più disparate, mentre con il passare del tempo si alterano e si rovinano, fino a che non spariscono.

Un film fatto di riflessione e malinconia

Nella sua unicità e nel suo spaesato differire da qualsiasi altra cosa vista prima, parlando di riferimenti iconografici e filmici, Khamsa diventa un’esperienza: e non può che essere un bene per l’audiovisivo l’arrivo di nuove voci e nuove forme espressive di riferimento, perché è storia di oggi che il cinema africano sta invadendo i diversi campi (vedi ad esempio il serial Netflix Audaci).

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Contaminando le narrazioni con le influenze del continente, che una volta superata l’iniziale fascinazione dello spettatore per l’esoticità delle ambientazioni diventano un notevole arricchimento visuale.
Khamsa si allontana però dalla celebre Kirikù di Michel Ocelot (probabilmente una delle poche se non l’unica opera ad aver avuto notorietà) e grazie alla spiccata sensibilità letteraria e pittorica del regista Khaled Chiheb aka Vynom il lungometraggio assume forme straordinariamente contemplative che rendono fluida la lentezza del passo narrativo.

Riflessione e malinconia sono i termini intorno a cui il film si svolge per sviluppare la sua trama, e l’azione è circoscritta a pochissime sequenze, e l’animazione intera ha un’andatura meditativa che si rispecchia nel disegno e nei colori poco accesi. In particolare, l’estetica dello stile di disegno riecheggia la cultura berbera e la cultura africana in generale, con una ben precisa linea che rappresenta le maschere, i costumi, le architetture, i simboli.

Khamsa è un piccolo gioiello, oscuro e screziato

Khamsa The Well Of Oblivion recensione cinematographe.it

È proprio Khamsa ad appartenere al folklore mediterraneo, essendo un simbolo usato come amuleto, talismano e gioiello dagli abitanti delle regioni del nord: è un simbolo apotropaico associato alla dea Tanit, la dea punica, e sono anche le religioni puniche cartaginesi che associavano il simbolo alle credenze per scacciare gli dei maligni.
Tutto questo bagaglio culturale si interseca alla perfezione con la trama e con le sue svolte, così come il 2D e il 3d si alternano nella narrazione a seconda di ciò che succede in scena.

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Khamsa è un piccolo gioiello, oscuro e screziato, forse a tratti fin troppo chiuso nelle sue influenze alte da rendere poco accessibile le sue tante eco ad uno spettatore occasionale: ma è nello stesso tempo, e forse proprio per questo, un film prezioso per il modo in cui cerca (e trova) nuove strade da percorrere diverse da quelle solite offerte da un mercato sempre più inflazionato e sempre più occidentalizzato quando non hollywood-centrico.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4