Jurassic World: Il Regno Distrutto: recensione

La nostra recensione di Jurassic World: Il Regno Distrutto, il nuovo film della saga creata da Steven Spielberg nel 1993, sequel di Jurassic World del 2015

Jurassic World – Il Regno Distrutto parte da quando sono ormai passati tre anni dagli eventi che distrussero il nuovo mega-parco presso Isla Nublar, naufragato nel caos e nella distruzione, con la morte di moltissimi visitatori e la perdita totale del controllo dell’isola. Ora però i dinosauri, che per tutto questo tempo sono rimasti liberi e non più soggetti ai capricci del pubblico, sono minacciati da qualcosa di antico e indomabile: il vulcano dell’isola, che a breve distruggerà tutto ciò che popola quella piccola fetta di mondo preistorico. Con la politica che si mostra indecisa su cosa fare, l’unica speranza per evitare che Jurassic World diventi cenere e polvere è affidarsi alla caparbietà di Claire Dearing (Bryce Dallas Howard) la ex manager del parco, ora a capo di un’associazione che lotta per salvare i dinosauri. Grazie al corposo finanziamento dell’ex socio di John Hammond, Benjamin Lockwood (James Cromwell), deciso a salvare quegli animali, si appronta una spedizione che mira a salvare quanti più animali dall’isola. Claire decide di “richiamare in servizio” anche Owen Grady (Chris Pratt), che spera di poter ritrovare la sua Blue, il velociraptor che ha cresciuto per tanti anni. Ma non tutto l’aiuto è poi così disinteressato a questo mondo, e nulla è ciò che sembra…

In Jurassic World: Il Regno Distrutto la missione è salvare gli abitanti di Isla Nublar

Basato su una sceneggiatura di Colin Trevorrow e Derek Connolly (gli stessi di Jurassic World del 2015), diretto da Juan Antonio Bayona (The Orphanage e Sette Minuti Dopo la Mezzanotte), questo nuovo episodio del parco più famoso del cinema, si presenta in tutto e per tutto come un rinnovamento del franchise, che però tiene i piedi ben piantati nei primi due episodi, staccandosi completamente dalle atmosfere dell’ultimo film, male accolto dai fan e da parte della critica. Soprattutto Bayona cerca e trova un filone espressivo squisitamente spielberghiano, rivalutando e riscoprendo l’importanza della componente “terror”, mal utilizzata (o meglio non utilizzata) nel film del 2015. Il risultato è un film gradevole, vibrante di un’energia e di una creatività genuine, per quanto il tono e le intenzioni non cessino di essere talvolta confusi e troppo sfumati, incerti si potrebbe dire su quale direzione far percorrere a questa nuova avventura dinosauresca.

Jurassic World

Spielberghiane sono la componente avventurosa pura, quella del teen movie, con i bambini ed i ragazzi come unico veicolo di onestà e purezza, quella dello spavento e del terrore innescato dalle forze della natura, dal “drago” già visto in Lo Squalo o Duel o nei precedenti film della saga. Dotato di effetti speciali sontuosi e di un ritmo assolutamente perfetto, Jurassic World – Il Regno Perduto, rimedia ai difetti del primo, troppo auto compiacente e scontato, mettendosi in gioco con un filone narrativo che riporta in auge i temi che fecero del primo Jurassic Park un gioiello del suo genere: quello del concetto di responsabilità scientifica, di capacità dell’uomo di governare sé stesso piuttosto che le forze sconosciute della natura, del rapporto tra l’uomo e questo pianeta che sovente dà per scontato, nonché la tematica della separazione in termini di finalità tra progresso tecnologico e scienza.

Da Lo Squalo a King Kong: Jurassic World: Il Regno Distrutto racconta un genere cinematografico

Jurassic World

Le scene d’azione sono allo stesso tempo un omaggio ai primi due film, e contemporaneamente ad altri universi narrativi facenti parte di quel complesso filone esotico-fantasy a cui la saga si è sempre ispirata: dai romanzi di Arthur Conan Doyle a quelli di Rider Haggard, dal King Kong del 1933 di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack, a quello di De Laurentis del 1976, dai film della Hammer a quelli di Don Chaffey. Il risultato è un kolossal che fin da subito abbraccia atmosfere più cupe, ma senza rinunciare ad una considerevole dose di humour, per fortuna dosato in modo accettabile e distante da quello insopportabile e sovente fuori luogo della Marvel. Unico neo delle maestranze (abbastanza sorprendente) è la Colonna Sonora di Micheal Giacchino, stranamente anonima se non addirittura noiosa, troppo impegnata a discostarsi dal lavoro di John Williams che a creare qualcosa di veramente meritevole del franchise.

Tuttavia Jurassic World – Il Regno Distrutto non mantiene tutto ciò che potrebbe, a partire da una sceneggiatura sì originale e ben strutturata nelle componenti base, ma che è purtroppo talvolta indecisa su quale direzione prendere, dal momento che unisce forse troppi elementi, troppe direzioni, senza prenderne in modo chiaro e cristallino nessuna. Pesa soprattutto lo stridere tra la componente più dark e matura da una parte e lo sposare toni più rassicuranti e disneyani dall’altra, con un proliferare di frasi da Baci Perugina e di cliché in agguato. Per quello che riguarda il casting poi, occorre anche qui evidenziare aspetti positivi ed altri un po’ meno entusiasmanti.

Il cast di Jurassic World: Il Regno Distrutto: da Chris Pratt a Jeff Goldblum

Il personaggio di Claire Dearing sembra uscito da certi Bond movies anni ’60, tanto scarsa è la sua emancipazione e tanto carente è la sua personalità. Viceversa la Zia Rodriguez di Daniella Pineda ha abbastanza grinta e determinazione per tutte e due, mentre dispiace vedere una Geraldine Chaplin usata così poco e male. Bene anche Isabella Sermon con la sua Maisie Lockwood, sempre molto credibile ed ispirata, mentre non può che far piacere rivedere i cari vecchi Jeff Goldblum (Ian Malcolm) e B.D. Wong (Henry Wu). Molto arriva anche dall’Eli Millis di Rafe Spall, personaggio sfaccettato e molto più complicato ed articolato di quanto sembri, che purtroppo però in un film del genere non riesce giocoforza a sviluppare tutto il suo potenziale. Il Franklin Webb di Justine Smith si candida invece a personaggio cinematografico più irritante del 2018 (riusciremo a fare a meno dei nerd informatici secchioni, effeminati e piagnucoloni un giorno? Speriamo), mentre Chris Pratt merita un discorso a parte.

Da Star Lord nell’Universo Marvel, Pratt è sicuramente efficace, ma in questo film è assolutamente fuori posto, anzi di più, mostra ancora una volta quanto Pratt sia sopravvalutato e a dir poco monoespressivo, ripetitivo e noioso nell’alternare le sue solite due facce: quella costernata e quella col mezzo sorrisetto alla Clark Gable (che gli viene male per giunta). In questo Jurassic World di perduto non c’è solo il regno dei dinosauri, ma pure la nostra pazienza, visto che uno Star Lord già basta e avanza tra i Guardiani della Galassia e persino a dosi ridotte nell’ultimo Avangers Infinity War. Qui si muove completamente fuori posto, fuori tema, rendendosi antipatico e poco credibile.

Per fortuna però ci sono sempre loro: i nostri amati dinosauri, motore trainante di tutto, tornati ad essere meno “mutanti”, meno X-Men e più animaleschi, per quanto sovente gli effetti curati da David Vickery non rinuncino a togliere ogni velleità di realismo nei movimenti e nell’aspetto, seguendo il cattivo esempio della saga di quei Transformers ormai caduti in disgrazia. Ad ogni modo al netto di questi difetti, il film è genuino, fantasioso vogliamo ripeterlo, e sicuramente di gran lunga superiore al predecessore, se non altro per la passione con cui cerca di riabbracciare le atmosfere del film del 1993 e di quello del 1997, cercando di creare un felice connubio tra spettacolarità, fantasia e quel pizzico di profondità che da sempre aveva affascinato i fan.

Bellissime le sequenze dell’eruzione vulcanica, così come quella iniziale negli abissi o lo scontro finale contro l’ennesima mostruosità creata dall’arroganza umana. Ora resta da capire quale sarà lo sviluppo del franchise, ma se la direzione rimarrà questa, possiamo sicuramente guardare al futuro con ottimismo e fiducia.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3.5

3.2